C’era una volta un cinese a Berlino

di Claudio Landi

Pubblicato il 2018-11-26

Liu He, capo-negoziatore per la Cina nei colloqui commerciali, arriva a Berlino. La missione tedesca del super-responsabile cinese è alquanto significativa. Avviene prima non solo e non tanto del summit internazionale del G20 argentino, quanto prima del programmato incontro bilaterale fra il presidente cinese e quello americano. Incontro al quale sarebbe stato escluso il consigliere …

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Liu He, capo-negoziatore per la Cina nei colloqui commerciali, arriva a Berlino. La missione tedesca del super-responsabile cinese è alquanto significativa. Avviene prima non solo e non tanto del summit internazionale del G20 argentino, quanto prima del programmato incontro bilaterale fra il presidente cinese e quello americano. Incontro al quale sarebbe stato escluso il consigliere commerciale, ideologo del neo-protezionismo trumpiano, Peter Navarro. Avviene proprio mentre l’amministrazione Trump si sta muovendo per fare la ‘guerra’ anche ad Huawei, colosso cinese della telefonia mobile e dell’alta tecnologia. Insomma avviene in un momento particolarissimo nelle relazioni fra Cina e Stati Uniti. Fra Cina e Occidente. In effetti, fra Cina e Germania vi è un efficace meccanismo di consultazione in occasione di incontri e negoziati economici internazionali importanti.  Quindi questa missione non deve minimamente meravigliare: la Cina cerca ulteriori sostegni ed appoggi in Europa, in particolare in Germania, nel conflitto economico, e strategico, che la sta duramente opponendo agli Stati Uniti. Cina e Germania sono due poderose economie manifatturiere che macinano profitti e surplus. Surplus commerciali in primo luogo. Questi surplus commerciali sono stati, fin qui, poderosi strumenti di difesa di Cina e Germania, rispetto agli interessi globali a loro contrari. Ciò non è particolarmente apprezzato dall’attuale amministrazione Usa, non particolarmente amante del libero commercio globale. Insomma vi sono consistenti interessi comuni fra Repubblica Popolare e Repubblica Federale. Ciò porta, nonostante alcune divergenze importanti, Cina e Germania a consultarsi: la Germania infatti, da un lato, converge con la Cina nella difesa delle loro economia manifatturiere, ma dall’altro lato, diverge da Pechino per le questioni dei diritti di proprietà intellettuali, la reciprocità degli investimenti, l’accesso al mercato cinese.

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Ormai da qualche tempo, precisamente da quando la Cina ha messo le mani su importantissime aziende tecnologiche tedesche, Berlino guarda con attenzione e prudenza alle mosse cinesi. La Cina rimane un partner essenziale per il capitalismo tedesco, ma appunto, la questioni dei trasferimenti di tecnologia o dell’accesso aperto al mercato cinese, toccano sempre di più la politica tedesca.
Ma c’è un punto, molto delicato, che deve essere osservato con attenzione. Ovvero il ruolo e l’importanza, economica e geopolitica, oggi della Repubblica Federale, dell’Eurozona e dell’Unione europea. La Cina da tempo ha sviluppato ampie relazioni con l’UE, ma ha anche accresciuto notevolmente contatti e legami con singoli paesi dell’unione. Ad esempio, in questi ultimi anni, si è notevolmente accresciuta la cooperazione China-CEEC, fra la Cina e di ‘Central-Eastern European Countries’, i paesi dell’Europa centro-orientale, ‘Gruppo di Visegrad’ in testa. La Cina cerca, con successo spesso, I di condizionare anche pesantemente singoli paesi dell’Unione, , acquisendo posizioni ed influenza nell’arena europea. Ciò ha creato controversie, ed alcuni sospetti, fra alcune cancellerie europee e Pechino. E ha fatto sorgere sospetti e mettere in dubbio la sincerità cinese verso l’unità europea. La Cina, ci si è chiesti apertamente, sta ‘testando’ l’effettiva consistenza della costruzione europea? Pechino, come sempre cercano di fare i cinesi, si tiene aperta più strade, compresa quella della posizione verso una Europa disintegrata. Ma la Cina continua ad essere fortemente interessata ad una Europa unita, piuttosto che ad una Europa spaccata. Pechino preferisce una Europa unit, dunque, ma con una leadership politica e geopolitica molto forte. Da qui la grossa attenzione di Pechino per Berlino. Nella capitale cinese già si interrogano su quale sarà il futuro politico della Germania nel dopo-Merkel! Ci sono almeno due importantissima ragioni alla base di questo orientamento della Cina (e dell’intera Asia, Giappone compreso!). La prima riguarda proprio le questioni commerciali. L’Europa unita costituisce una enorme area economica, la seconda dell’ex Occidente: posizioni differenziate, anche solo parzialmente, da parte dell’UE rispetto a quelle americane di oggi, sono comunque un fattore geopolitico rilevantissimo per Pechino (e per Tokyo). Oggigiorno, l’Europa unita difende il libero commercio: ha recentemente siglato almeno due importanti trattati, il CETA con il Canada, e il JEFTA proprio con una grande economia asiatica, il Giappone.

 

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Ma poi l’Europa unita, anche su dossier delicatissimi, come quelli che abbiamo prima enunciato e che sono alla base delle divergenze fra Cina e Germania, ha comunque posizioni differenziate da quelle di Washington. L’UE solo per fare un esempio, dà molto più valore alle istituzioni del WTO rispetto all’attuale amministrazione americana. E ciò di per sè costituisce un ‘valore’ per tutte le economie asiatiche, dal Giappone alla Cina. Solo una Europa unita, sotto la Commissione di Bruxelles come recitano i trattati dell’Unione, per quanto riguarda le questioni commerciali, può cercare di tenere testa, anche solo parzialmente, a Washington, quando nella capitale americana impera Donald Trump. E poi ci sono le faccende monetarie. C’è l’euro. Il dollaro americano continua ad essere, di gran lunga, la valuta del sistema economico globale. Ciò crea contraddizioni, ma d’altra parte anche l’ultima gravissima crisi finanziaria del 2008, ha rafforzato, per ora, la gerarchia del potere monetario, grazie al ruolo di prestatore ultimo della FED, rispetto all’intero sistema finanziario occidentale.  La Cina ha un enorme ruolo nell’interscambio commerciale mondiale, ma la sua valuta non è liberamente convertibile; nè la Cina ha, per ora, istituzioni finanziarie adeguatamente regolate, trasparenti e implementate. Lo sviluppo di istituzioni di diritto e di mercato è uno degli aspetti fondamentali dello sviluppo capitalistico.

 

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La Cina deve fare un lavoro enorme da questo punto di vista: e la creazione di istituzioni adatte in ambito giuridico e regolativo è una questione di medio e lungo periodo. Basta pensare a quanto sia complesso in genere creare un personale competente ed indipendente in tali settori per rendersene conto. Ciò è ancora più complesso in un paese come la Cina, governato da un Partito-stato e caratterizzato storicamente da una civiltà regolata da regole ‘morali’ e convenzionali rispetto a quelle giuridiche. Dunque, nonostante la sua fortissima posizione commerciale ed economica globale, Pechino deve necessariamente legarsi ad altre valute e lo dovrà fare ancora per un certo periodo di tempo. Il dollaro in primo luogo. Ma il ‘Conflitto Caldo’ Usa-Cina di questi mesi fa vedere il dollaro in maniera critica a Pechino. L’euro costituisce una buona alternativa, per ora limitata, per la Cina, rispetto alle contese con gli Stati Uniti; e costituisce una valuta-cuscinetto importantissima per le relazioni economiche e geopolitiche globali, una valuta che peraltro già è sul podio del leader del capitalismo globale, come medaglia d’argento. Sul piano commerciale, il potere dell’Unione è indiscusso; sul piano monetario, lo è quello della BCE. Ma in entrambi i fronti, la posizioni della Germania è fondamentale. Sull’euro in particolare la difesa da parte tedesca di una posizione ‘solida’ dell’euro, è una risorsa chiave per la solidità del sistema finanziario. L’importanza quindi di Berlino, e di Bruxelles, per Pechino, e per Tokyo non può non essere annotata. E qui arriva l’ultima questione: sarebbe da totali stupidi, per noi europei, non tenere conto del ruolo di pace e di dialogo politico che l’’Unione dell’Euro’ ha oggi, ed ancora di più potrebbe, potenzialmente, avere domani e dopodomani.

 

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