Fact checking
Brexit: cosa cambia
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2017-03-29
Quali sono i tempi, quali accordi resteranno in vigore con l’UE, cosa succede ai cittadini europei e italiani, su cosa si negozierà: tutto quello che avreste voluto sapere sulla Brexit ora che Theresa May ha premuto il bottone
Alla fine Theresa May ce l’ha fatta, aveva promesso di avviare la procedura d’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea entro marzo 2017 e ha firmato la lettera di notifica dell’attivazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona che dà l’avvio ai negoziati per la Brexit. Una lettera dove la premier britannica elenca i punti sui quali il Regno Unito ha intenzione di lavorare con i negoziatori europei per trovare un accordo sul divorzio del paese dalla UE. Cosa succederà ora?
Quali sono i tempi per la Brexit
L’ambasciatore britannico a Bruxelles Tim Barrow consegnerà oggi la lettera del governo inglese al Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk che ha il compito di preparare una bozza contenente le linee guida dei negoziati da inviare ai presidenti dei 27 paesi dell’Unione. I negoziati veri e propri però non inizieranno prima di maggio o giugno 2017, prima Tusk deve convocare una riunione straordinaria del Consiglio Europeo il 29 aprile nella quale i leader dei ventisette dovranno formalizzare la decisione di assegnare alla Commissione Europea il mandato di condurre i negoziati con la UE. Bisogna però tenere presente che quest’anno Francia (ad aprile) e Germania (a fine settembre) andranno al voto per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica ed un Cancelliere che potrebbe sostituire Angela Merkel. Nell’autunno del 2017 il Parlamento Britannico dovrà varare una legge chiamata Great Repeal Bill con la quale emenderanno la legislazione britannica da tutte le leggi europee che il Parlamento britannico ha in questi anni recepito. I negoziati dovrebbero concludersi entro l’ottobre del 2018 in modo tale da consentire ai due parlamenti, quello britannico e quello europeo, di votare sugli accordi raggiunti tra le due parti e arrivare alla formalizzazione dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea nel marzo 2019. Questo perché il termine per poter ultimare la procedura di uscita dalla UE è fissato in due anni, anche se in teoria le due parti possono votare per concedere un’estensione dei termini in caso le trattative non siano ancora arrivate a buon fine (cosa che al momento pare poco probabile visto che la May ha più volte fatto sapere di essere disposta ad una hard Brexit).
Gli accordi vigenti resteranno in vigore in questi due anni?
Anche se qualche tempo fa sono circolate voci – poi smentite da Downing Street – che la May intendesse revocare fin da subito gli accordi che legano il Regno Unito all’Unione nei due anni di trattative la libera circolazione dei cittadini e delle merci, così come altri fondamentali aspetti della permanenza dei britannici nella UE rimarranno sostanzialmente invariati ed in vigore. Il Governo britannico ha assicurato che continuerà a rispettare gli obblighi presi con la UE (e l’Unione farà quindi altrettanto) fino a che non verrà formalizzata l’uscita del paese dall’Unione. Lo precisa anche un comunicato dell’ambasciata italiana a Londra: «Le autorità del Regno Unito hanno precisato che il Governo, anche dopo l’attivazione dell’articolo 50 continuerà ad assicurare il pieno rispetto di diritti e obblighi europei fino al giorno in cui il Regno Unito uscirà dall’Ue, inclusi quindi i diritti di cui godono attualmente gli stati membri dell’Ue fra i quali la libera circolazione delle persone». Di fatto il Regno Unito resterà un membro a tutti gli effetti della UE fino ad almeno il 2019 ovvero fino a quando i parlamenti non avranno ratificato gli accordi di uscita dalla UE. I cittadini europei che lavorano e vivono in Inghilterra quindi per questi due anni potranno continuare a godere dei diritti che gli sono stati garantiti fino ad oggi. Il primo cambiamento riguarda invece il semestre di Presidenza del Consiglio Europeo che in base alla rotazione spetterebbe al Regno Unito nella seconda metà del 2017. I britannici hanno già fatto sapere di volerci rinunciare per concentrarsi sui negoziati sulla Brexit. Gli europarlamentari britannici invece rimarranno in carica e potranno continuare a partecipare ai lavori. Ovviamente i britannici non potranno partecipare alle sedute del Consiglio nelle quali si discuteranno i termini dei negoziati.
Quali sono i punti principali dei negoziati?
Non lo sappiamo con certezza. La May ha detto che vuole raggiungere un accordo che consenta al Regno Unito di poter commerciare con i paesi europei senza l’imposizione di dazi doganali. Senza questo accordo i rapporti commerciali dovranno essere regolati secondo gli accordi del WTO. Dal momento che i regolamenti europei proibiscono agli stati membri di negoziare singolarmente gli accordi commerciali per forza di cose i britannici dovranno trovare un accordo con l’Unione. Il problema è che fino ad ora gli esempi di accordi commerciali con paesi extra UE modellati sul libero scambio (Svizzera e Norvegia) prevedono che vengano accettate anche la libera circolazione dei cittadini e dei lavoratori. Un aspetto questo che è inaccettabile per molti sostenitori della Brexit. Inoltre la May dovrà anche trovare il modo di garantire la sopravvivenza della City che – se perdesse il passaporto finanziario che le consente di operare sulle piazze del Vecchio Continente – vedrebbe ridotto il volume degli affari e sarebbe costretta a traslocare altrove, magari a Dublino che si è già detta disponibile. Inoltre c’è da considerare anche l’assegno di divorzio che Londra dovrebbe pagare alla UE (c’è chi dice sia introno ai 60 miliardi di euro) e che i britannici si rifiutano categoricamente di pagare in mancanza di un accordo sugli scambi commerciali e sull’accesso al mercato unico. Infine ci sono tutti gli aspetti relativi alla giurisdizione in UK della Corte di Giustizia Europea alla quale la May vuole porre fine e che quindi aprirebbe un ulteriore fronte di trattative. Last but not least come dicono oltre Manica i negoziatori dovranno trovare una soluzione al confine tra Eire e l’Irlanda del Nord, l’unico confine territoriale del Regno Unito con un paese UE. Gli irlandesi vorrebbero che rimanesse aperto al libero mercato e per farlo servirebbe un accordo speciale ad hoc.
Cosa succederà dopo la Brexit?
Questo dipende dal tipo di accordo che i negoziatori europei e britannici saranno in grado di raggiungere. L’opzione più pericolosa per il Regno Unito è un’uscita senza accordi, la cosiddetta Hard Brexit con la quale il paese rescinderebbe del tutto ogni legame con la UE rinunciando così alle possibilità (e alle pretese) di accedere al mercato unico nonché ad una serie di accordi (ad esempio quelli sulle aree di pesca nel Mare del Nord e sul passaporto finanziario della City) in cambio dei quali i leader dei paesi membri hanno fatto sapere che chiederanno la libera circolazione dei cittadini europei sul suolo britannico. Questo ultimo punto però, che costituisce una delle quattro libertà fondamentali della UE è uno di quelli maggiormente contestati dall’ala dura dei brexiters che ritengono che i cittadini comunitari rubino il lavoro (e le risorse per il welfare) dei britannici. Dall’altra parte però il Regno Unito dovrà trovare un accordo per garantire i diritti di quei cittadini britannici – perlopiù anziani e pensionati – che hanno stabilito la loro residenza sul Continente. Fermo restando che nei due anni di negoziati tutto rimarrà come è ora i problemi potrebbero nascere qualora non si riuscisse a trovare un accordo. Siamo ovviamente nel campo delle ipotesi perché non è noto il contenuto della lettere della May che verrà consegnata oggi a Tusk e nella quale probabilmente la premier britannica ha indicato i punti salienti della trattativa. Certo è che se i britannici non cederanno sulla libera circolazione delle persone non potranno ottenere la possibilità di stipulare un trattato di libero scambio e quindi l’unica alternativa per coloro che si scopriranno ad essere stranieri da un giorno all’altro è quella di richiedere il certificato di residenza permanente, una procedura che però, denunciano in molti, non è agevole ed è irta di ostacoli burocratici. A complicare le cose per i viaggiatori ci sarebbero anche gli accordi che regolano la possibilità di volare in Regno Unito con le compagnie Low Cost, difficile che potranno consentire tariffe vantaggiose come quelle attuali se si andrà alla versione dura della Brexit
La Brexit è irreversibile?
Questa come è noto è la prima volta che un paese membro decide di uscire dall’Unione quindi in larga parte quello che sta per succedere avverrà in un territorio inesplorato. Per John Kerr, un ex diplomatico
britannico che partecipò alla stesura della bozza dell’Articolo 50, è teoricamente possibile fare marcia indietro anche dopo l’attivazione della procedura d’uscita anche perché non c’è nulla che formalmente lo vieti. Dal punto di vista degli inglesi questo però comporterebbe un tradimento di quella che è la volontà popolare espressa dal referendum del 23 giugno 2016. Difficile che il governo May possa farlo anche qualora le condizioni imposte dai negoziatori europei non fossero convenienti per il paese resterebbe sempre aperta la porta dell’hard Brexit: nessun accordo è meglio di un cattivo accordo, ripetono spesso di questi tempi dalle parti di Downing Street. Una volta fuori però il paese potrebbe, in un futuro più o meno lontano, fare richiesta di tornare nella UE. Come qualsiasi stato che intende diventare membro dovrà però completare la procedura prevista dai trattati di adesione.