La nazionalizzazione di Alitalia (WTF?)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-07-10

Ai suoi tempi Giulio Andreotti amava dire che esistono due tipi di matti: quelli che si credono Napoleone e quelli che vogliono risanare le Ferrovie dello Stato. Oggi la battuta torna buona per Alitalia

article-post

Alitalia pubblica al 51% e di nuovo nazionalizzata. Almeno il 51%, secondo il piano di Di Maio che non ha trovato nuovi soci disposti a entrare con la quota di capitale richiesta, andrà in mano alle Ferrovie dello Stato e al ministero dell’Economia in quella che sarebbe l’ennesima operazione di socializzazione delle perdite di una compagnia che perde soldi da trent’anni.

La nazionalizzazione di Alitalia (WTF?)

Ai suoi tempi Giulio Andreotti amava dire che esistono due tipi di matti: quelli che si credono Napoleone e quelli che vogliono risanare le Ferrovie dello Stato. Mentre le FS sono riuscite a trovare un equilibrio, la stessa cosa si può ormai dire per chi tenta, ogni cinque anni, l’operazione Alitalia. L’ennesimo penultimatum stavolta ha la scadenza del 15 luglio ma è ormai certo che nessun Cavaliere Bianco si presenterà a via della Magliana. E gli aspiranti soci che si sono presentati evidentemente non convincono né la politica né gli alleati nel business:

A Di Maio preme ribadire che non ci sarà nessun rinvio rispetto alla scadenza di lunedì prossimo, ma al momento il ministro dello Sviluppo Economico non dispone di un elenco di proposte valide e sufficienti a rilevare il resto del capitale sodale della nuova Alitalia. Alla certezza dell’impegno di Delta Airlines, che sottoscriverà una quota del 10%, fa da contraltare l’indeterminatezza sugli altri soci destinatari del restante 40% di azioni.

alitalia conti
I conti di Alitalia (La Stampa, 10 luglio 2019)

Una quota mancante che vale in termini di ricapitalizzazione almeno 300 milioni di euro. A farsi avanti alla luce del sole sono stati il presidente della SS Lazio Claudio Lotito, il gruppo Toto, titolare di concessioni autostradali con significative pendenze con l’Anas (controllata da Ferrovie), e German Efromovich, azionista della compagnia colombiana Avianca, che in Sud America ha da poco dichiarato bancarotta in Brasile, oltre che avviato una pesante ristrutturazione in Argentina. Candidati che per una ragione o l’altra non convincono né l’advisor Mediobanca, né la politica stessa.

Per questo, spiega il Corriere della Sera, l’ipotesi della ri-nazionalizzazione è l’unica che rimane sul tavolo e a parlarne specificatamente è proprio il ministero dello Sviluppo.

Una quota per Atlantia in Alitalia

All’interno di questo poderoso piano che porterà il vettore nazionale a schiantarsi nuovamente un ruolo, secondo Repubblica, ce l’avrebbe anche Atlantia dei Benetton. Insieme, udite udite, a Carlo Toto:

Nelle ultime ore, infatti, sta emergendo un piano per chiudere davvero il dossier sulla compagnia di bandiera. Un’ipotesi che possa accontentare sia i partner industriali nella “Newco” che assumerà il controllo di Alitalia, sia gli interlocutori del governo che hanno seguito la vicenda. Un’opzione su cui il ministro dello Sviluppo economico Di Maio ha iniziato a svolgere più di un sondaggio. E che prevederebbe, appunto, il coinvolgimento di Atlantia ma non come principale partner privato. In sostanza con una quota di azioni paritaria rispetto all’altro gruppo privato italiano: quello della famiglia Toto.

quanto ci costa ogni giorno alitalia
Quanto ci costa ogni giono Alitalia (La Repubblica, 18 maggio 2019)

Spiega però Alessandro Barbera sulla Stampa che questo piano dovrà fare i conti con la realtà, che finora è una: da qualche settimana Alitalia perde più di un milione di euro al giorno.

Senza una rapida ricapitalizzazione, a fine settembre – escludendo le somme vincolate per garanzie e royalties – la ex compagnia di bandiera avrà una disponibilità di cassa di 150 milioni. Quanto basta per costringere l’ente per l’aviazione civile a disporre la messa a terra degli aerei per ragioni di sicurezza.

Non si tratta di previsioni menagrame, ma dei numeri in mano ai commissari che da due anni si avvicendano alla guida della società e ai quali La Stampa ha avuto accesso. La compagnia ieri si è affrettata a ricordare che a giugno sono aumentati traffico e passeggeri, ma qualunque sforzo non regge di fronte a un’azienda che dopo il fallimento dell’alleanza araba resta troppo piccola per competere con i grandi vettori e troppo grande per competere con le low cost.

Ma il piano comunque dovrà provare a saltare gli ostacoli: il ministero del Tesoro può investire al massimo 145 milioni di euro: lo dice esplicitamente una norma del decreto crescita. Il resto dovrà venire dai privati, e non solo perché mancano i fondi: difficile immaginare che l’Antitrust europeo dica sì a una completa nazionalizzazione. E quindi se davvero alla fine il 15 luglio si opterà per il 51% allo Stato si aprirà un altro fronte con Bruxelles. Buon divertimento.

Leggi anche: Le ecoballe di Travaglio sull’emergenza rifiuti a Roma

Potrebbe interessarti anche