Attualità
Zaki, l’incubo continua. Rinnovata la custodia cautelare, resta ancora in carcere
neXtQuotidiano 23/08/2021
Zaki è in condizioni fisiche buone, fanno sapere. Ora teme di poter essere condannato a 25 anni di carcere

Non si arresta l’agonia di Patrick Zaki, sempre più affaticato dalla detenzione in Egitto a cui è costretto da ormai due anni. Per lo studente dell’Università di Bologna la situazione sembra immutabile, ogni volta che scadono i termini della sua custodia cautelare sembra di vivere un giorno della marmotta. Vengono prorogati i termini e quando sembra esserci stata qualche piccola svolta, ecco l’annuncia dell’ennesima custodia cautelare. Un braccio di ferro tra Italia ed Egitto che in questo momento danneggia solo Zaki, considerato che i rapporti commerciali tra i due paesi vivono una stagione virtuosa.
“Chiedo al governo italiano di protestare con l’Egitto. E ai parlamentari che hanno votato per la cittadinanza italiana a Zaki di chiedere al governo che appoggiano di cambiare la fallimentare strategia sin qui portata avanti nei confronti dell’Egitto”.https://t.co/NSiy99qq9a
— Riccardo Noury (@RiccardoNoury) August 22, 2021
Zaki, l’incubo continua. Rinnovata la custodia cautelare, rimarrà in carcere non si sa ancora per quanti giorni. Le condizioni di Zaki
Le condizioni fisiche del detenuto sono approssimativamente buone, ha fatto sapere l’avvocato. Quello che preoccupa è il suo stato mentale, sempre più delicato. Nei prossimi giorni si avranno notizie sui termini della proroga, fino ad oggi sempre avvenuta di 45 giorni.
#Zaki rimane ancora in carcere. Non è più possibile. Auspico ancora un serio intervento della comunità internazionale, prima di dover piangere un altro ragazzo. pic.twitter.com/ItSSJbQPXy
— Andrea Rossi (@andrearossi76) August 23, 2021
Quello che più preoccupa è che si possa arrivare a processo. Se si andrà davanti ad un giudice, secondo Amnesty International, il ricercatore-attivista per i diritti umani e civili rischia fino a 25 anni di carcere. Le accuse a suo carico sono basate su dieci post di un account Facebook che i suoi legali considerano curato da un’altra persona ma che hanno configurato fra l’altro la “diffusione di notizie false”, “l’incitamento alla protesta” e “l’istigazione alla violenza e ai crimini terroristici”.