Opinioni
Witness: vedendo un vecchio film americano
di Vincenzo Vespri
Pubblicato il 2020-06-09
L’altra sera mi son rivisto in TV un bel vecchio film americano, “Witness” con Harrison Ford. Me lo ricordo bene perché lo vidi la prima volta quando ero visiting Professor alla NorthWestern University ad Evanston. Era il Thanksgiving e una famiglia americana mi “adottò” per non farmi sentire solo il giorno dedicato alla famiglia. Dopo […]
L’altra sera mi son rivisto in TV un bel vecchio film americano, “Witness” con Harrison Ford. Me lo ricordo bene perché lo vidi la prima volta quando ero visiting Professor alla NorthWestern University ad Evanston. Era il Thanksgiving e una famiglia americana mi “adottò” per non farmi sentire solo il giorno dedicato alla famiglia. Dopo aver gustato l’enorme e tradizionale tacchino, il marito proiettò proprio quel film, uscito allora da poco. Il film tratta della storia di un detective che si ritrova casualmente a vivere un certo periodo della sua vita in una comunità Amish. Questa comunità religiosa è ultrapacifista, nata in Svizzera nel Cinquecento e stabilitasi negli Stati Uniti d’America nel Settecento e ha la caratteristica di rifiutare il progresso (i membri si vestono in modo antiquato). Durante questo periodo di sosta forzata, il detective si innamora (ricambiato) di una affascinante fanciulla Amish e incomincia ad apprezzare lo stile di vita di questa comunità religiosa. Alla fine del film, però, al momento di scegliere, il detective decide di ritornare alla vita “normale” e rinunciare alla vita “bucolica” degli Amish.
Dopo il film, mi ricordo che si iniziò a parlare della scelta del detective. Io ero molto giovane e molto ma molto romantico e pensavo che “Amor vincit omnia” ossia che il detective avrebbe dovuto rimanere nella comunità Amish. Inoltre, dopo un lungo periodo in US, ero molto influenzato dal “sogno americano”. Pensavo che si vive una sola volta e si deve avere il coraggio di vivere. Non si deve essere spaventati dalle scelte che ci offre la vita. La libertà è il dono più prezioso e non la si può godere se non si ha coraggio. Elbert Hubbard diceva “La libertà non può essere concessa, deve essere conquistata.” Io penso che sia una grande verità. Per essere liberi dobbiamo vincere noi stessi, vincere le nostre paure, vincere le consuetudini, vincere la paura di dispiacere agli altri, vincere il terrore di incrinare la nostra immagine stereotipata che proiettiamo all’esterno. Avere insomma il coraggio di inseguire la nostra felicità.
Mi ricordo che mi dissero che ero diventato molto americano. Mi dissero che la grandezza degli US era basata proprio nel saper accettare le diversità. “E pluribus unum” non si riferiva non solo alla confederazione di stati, ma anche al fatto che da tanti popoli, da tante culture si era forgiata un’unica grande nazione. Questo melting pot era stato reso possibile da una Costituzione chiara e da una grande organizzazione. Tutti i nuovi arrivati, purché si riconoscessero nei principi costituzionali americani, dovevano essere accolti. Come diceva Jefferson “ Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per sé stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi vi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità”. Ma per accogliere tanti popoli diversi occorre una grande organizzazione e progettualità. I miei ospiti pensavano che l’Impero Romano non dovesse avere principi molto dissimili dall’impero americano. Doveva essere stato capace di amalgamare popoli fra loro molto diversi e quindi doveva essere stato “accogliente” (qualunque cosa significasse la parola accoglienza 2000 anni fa) verso chi avesse accettato i valori fondamentali romani, doveva avere avuto leggi chiare e doveva essere stato estremanente organizzato e progettuale.
Rivedendo il film, mi sono venuti a mente questi discorsi. E non potevo che pensare con tristezza all’America attuale, molto più divisa e feroce di quella di solo un po’ più di 30 anni fa. Ma pensavo soprattutto all’Italia. Il nostro Paese è incapace di una politica di accoglienza seria da una parte politica e dall’altra: non si può accettare il razzismo ma, d’altra parte, si deve pretendere, da parte degli stranieri che vogliono risiedere in Italia, l’accettazione dei valori Costituzionali su cui si fonda l’Italia repubblicana. Inoltre il Paese è totalmente sommerso da un turbinio ipertrofico di leggi e leggine, non solo non chiare, ma spesse volte inapplicabili e in contrasto fra loro. Infine l’Italia attuale manca totalmente di progettualità sia da parte del Governo che da parte dell’Opposizione. Ieri sera è uscito il rapporto della task force degli esperti di Colao. A mio parere estremamente deludente. Un catalogo di 121 pagine, senza priorità. Certo qualcosa di interessante per ciascun argomento si trova anche, ma non ci sono misure concrete con stime di costo e con una tempistica certa e non sono elencate azioni chiare. Molto deludente su Università e Ricerca, ancora viste con la vecchia concezione di competizione interna e specializzazione, ossia vecchie idee a costo zero. La strategia è, purtroppo, quella di non investire. Sui dottorati ancora mentalità dirigistica centralistica anche per gli applied phd: si ha paura di liberalizzare e valutare i risultati. Si continua ad usare il mostro burosaurico dell’Anvur prima di “regalare” 10 borse di dottorato. Nessuna visione di internazionalizzazione nè di riorganizzazione per raggruppamenti di università che possano competere a livello mondiale. Insomma, la task force colaiana non ha la mia idea di cosa sia l’università del futuro ossia una infrastruttura materiale e immateriale sul cui operato necessariamente si fonderà la ricchezza di un paese. D’altra parte, abbiamo un opposizione perfino più deludente. E’ altrettanto poco progettuale e invece di fare controproposte si limita a ripetere il “vecchio ritornello, che nessuno canta più” che i soldi promessi dall’Europa non arriveranno. Insomma non sopporto più né il Governo né l’opposizione e sto iniziando ad avere una forte nostalgia di “C’era una volta in America”… chiaro segnale che sto diventando un vecchio brontolone?