Vinitaly: un esempio da seguire

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2019-04-09

Sono stato alla fiera del Vinitaly. Oltre ad aver gustato ottimi vini, ho approfittato dell’occasione per salutare due amici coinvolti nella filiera del vino. Il primo è un mio studente d’informatica. Viene da una lunga tradizione di vignaioli (ben 10 generazioni..): i suoi avi scoprirono che un particolare vitigno di sangiovese era resistente all’invecchiamento (poteva …

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Sono stato alla fiera del Vinitaly. Oltre ad aver gustato ottimi vini, ho approfittato dell’occasione per salutare due amici coinvolti nella filiera del vino. Il primo è un mio studente d’informatica. Viene da una lunga tradizione di vignaioli (ben 10 generazioni..): i suoi avi scoprirono che un particolare vitigno di sangiovese era resistente all’invecchiamento (poteva durare anche 100 anni senza marsalarsi). Inoltre quel vitigno si rivelò capace di resistere alla filossera, e questo segnò l’inizio della leggenda del Brunello di Montalcino che dura ancora adesso. L’altro è un viticultore sardo: cognato di un collega di matematica di Cagliari con cui ho scritto bei lavori. Mi ha raccontato la storia della viticoltura sarda e gallurese in particolare, la storia della selezione del vitigno del Cannonau e del successo del Vermentino. Mi ha ricordato anche un episodio conviviale: una cena a base di porceddu, che un ritardo aereo compromise parzialmente. Il mio volo per Olbia arrivò con due ore di ritardo e il porceddu finì troppo cotto (ma per il mio palato “continentale” era stratosferico). Da notare che gli amici sardi rinunciarono ad iniziare a gustarlo quando era cotto a puntino per aspettare me che ero loro ospite (l’ospitalità sarda è giustamente leggendaria).

 

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Oggi inizia ufficialmente l’edizione del Vinitaly 2019 🍷 Ph: @valentinaraso #vinitaly #verona

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Queste piacevoli conversazioni mi hanno ricordato come il vino faccia parte della nostra cultura. Per il nostro modo di essere il vino è praticamente un rito: un simbolo quasi necessario per cementare l’amicizia, per rinforzare rapporti e per ricordare eventi che furono. Il vino è stato infatti un “ingrediente” fondamentale della società Greco-Romana su cui si basa il nostro modo di essere. Non a caso il vino (assieme al pane) è il simbolo della cerimonia più sacra della religione cristiana che volenti o nolenti è una componente fondante della cultura italiana. Non è possibile pretendere, come reclamano i fan del multiculturalismo, che gli Italiani rinuncino al vino (e ai suoi significati simbolici) solo per non “offendere” altre culture e religioni estranee al nostro territorio. L’Italia non deve essere ovviamente chiusa al multiculturalismo ma contemporaneamente non può neanche rinunciare alla propria storia e cultura. Io continuerò a festeggiare un evento fausto levando al cielo un buon proseccoe non un bicchiere di coca-cola (by the way, perché la coca-cola può essere una bevanda politically correct e il vino no? ) e continuerò ad augurare agli amici a Dicembre un caloroso Buon Natale (e non Buone Feste Stagionali..) come hanno da sempre fatto i miei avi, alla faccia del politically correct e del buonismo perbenista ed ipocrita ormai imperante.

 

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Pronti per domani? #vinitaly #vinitaly2019 #vinitalyandthecity #verona

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L’altra cosa che mi ha fatto venire in mente il Vinitaly è stata la mia fanciullezza. Mio nonno aveva un piccolo appezzamento di terra. Faceva la vendemmia e produceva un vino artigianale. Mi ricordo quando piccolo, assieme agli altri nipotini, ci mettevano scalzi a pigiare l’uva nel tino. Che divertimento… Anche mio suocero produceva vino artigianale. Un buon vino, genuino, fatto di una e non di chimica, come diceva lui. Mi ricordo ancora la scena di quando mi voleva offrire il suo vino, di cui andava giustamente orgoglioso, e di come io cercavo di difendermi dalla sua generosità dicendo che ne volevo solo un dito e mio suocero, immancabilmente, riempiendo il bicchiere fino all’orlo, rispondeva con la solita frase “Un dito sì, ma in verticale”.
Mi ricordo anche che 20-30 anni fa il vino in bottiglia non era così buono. C’era stato lo scandalo del vino al metanolo, ma non era stato un episodio isolato. Se uno andava in un ristorante e ordinava vino, spesse volte ne usciva con un gran mal di testa (eccessiva quantità di solfiti? Altri prodotti chimici utilizzati per produrre vino?). Sempre qualche decennio fa, se uno voleva essere sicuro di non essere avvelenato, doveva ordinare vino francese. Adesso è cambiato tutto: il vino italiano in bottiglia è di ottima qualità più che competitivo rispetto a quello francese (a parità di qualità, il nostro costa decisamente meno) e coniuga la tradizione del Paese con le tecnologie più moderne. Ecco Vinitaly rappresenta anche questo: l’Italia migliore, quella che non rinnega le proprie tradizioni secolari, quella che non accetta scorciatoie furbesche (tipo adulterare il vino) e quella che sa competere e vincere sui mercati internazionali. In conclusione un modello da imitare in tutti i sensi.

 

foto di copertina via instagram/vinitaly

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