Fact checking
L'inutile protesta per fermare l'abbattimento di un "villino storico" nel Quartiere Coppedè
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2017-10-17
Italia Nostra, Vittorio Sgarbi, Stefano Fassina, consiglieri del PD e di Fratelli d’Italia tutti uniti contro lo “scempio” che si starebbe consumando in un quartiere di Roma. Ma nessuno per tre anni ha mai pensato di intervenire per bloccare la concessione delle autorizzazioni, nemmeno con un ricorso al TAR. Come mai si svegliano tutti ora?
A Roma è allarme per la demolizione di un villino Anni Trenta nello storico quartiere Coppedè. La palazzina al numero 3 di via Ticino è stata abbattuta nonostante le proteste – tardive – dei residenti del quartiere e di Italia Nostra. Uno scempio, lo definiscono le associazioni come “Roma è la mia città”, alcuni consiglieri municipali e gli abitanti del Coppedè, indignati per la distruzione di un edificio storico che verrà sostituito certamente da qualcosa di “brutto”. All’intervento di demolizione seguirà infatti la costruzione di un nuovo fabbricato “moderno”.
Quelli che difendono un palazzo “storico” già rimaneggiato
In realtà l’edificio in questione non è più quello fatto costruire all’inizio degli Anni Trenta dal conte Girolamo Nardelli. Nel 1950 il “villino” è stato ristrutturato e ha subito pesanti modificazioni sia dal punto di vista estetico che volumetrico: sono stati aggiunti due piani aumentando così la cubatura totale (e rendendolo un palazzone) mentre solo una parte della facciata originale è stata mantenuta. Anche per questo motivo l’edificio non è sottoposto ad uno specifico vincolo di tutela dei beni architettonici da parte della Sovrintendenza.
Contro quella che la consigliera municipale Nathalie Naim ha definito una speculazione edilizia sono scesi in campo anche Carlo e Marina Ripa di Meana che ha parlato dell’edificio come di “un’opera d’arte” e della demolizione come di “una vergogna”. Il consigliere comunale Stefano Fassina ha chiesto alla Sindaca Raggi e all’assessore all’Urbanistica di bloccare i lavori e ha annunciato un’interrogazione urgente al ministro Franceschini.
Anche Vittorio Sgarbi ha parlato di Italia Sfregiata e di un “edificio perfetto” e ha denunciato una “grande truffa commessa forse dalle suore che hanno fatto pensare che si trattasse di un fabbricato degli Anni Cinquanta”. Per il critico d’arte siamo in evidente flagranza di reato perché viene abbattuto un edificio che ha più di settant’anni e che quindi è vincolato per legge. La legge in realtà tutela automaticamente solo gli edifici pubblici mentre quelli di proprietà privata possono essere vincolati dopo che è stata fatta specifica richiesta alla Sovrintendenza, che in questo caso non sembra esserci stata.
Chi ha dato le autorizzazioni e perché è stato possibile iniziare l’abbattimento
L’assessorato all’Urbanistica del Comune di Roma fa sapere che il permesso a costruire è stato rilasciato nel marzo 2017 e che l’iter è iniziato nel dicembre 2014 con il parere favorevole del ministero dei Beni Culturali «con cui si attesta che la palazzina in questione non riveste interesse artistico e storico richiesto dalla norma di tutela; il parere della Soprintendenza archeologica datato marzo 2015 recante il nulla osta alla realizzazione di scavi per realizzazione di piani interrati; il parere favorevole della Regione Lazio in data novembre 2015. A gennaio del 2016 la Conferenza dei Servizi si è quindi conclusa con esito favorevole».
Conferenza dei servizi durante la quale la legge prevede che una commissione edilizia valuti la qualità architettonica e l’inserimento del nuovo edificio nel contesto urbanistico. C’è stato quindi tutto il tempo necessario per le associazioni dei cittadini e per il Consiglio del II Municipio (che nella seduta del 19 ottobre discuterà anche dell’abbattimento) per fare opposizione e bloccare l’intervento.
Non risulta però che Italia Nostra abbia presentato un al TAR per bloccare l’abbattimento ma solo degli esposti in Procura, segno questo che o l’associazione non si è accorta di quello che stava succedendo da tre anni a questa parte o che le possibilità di contestare la legittimità dell’operazione non sussistono.
Operazione che del resto si svolge entro i limiti sanciti dal Piano Regolatore approvato nel 2008 (ma adottato ed esposto alle controdeduzioni dei cittadini nel 2003) che prevede che nella zona possano coesistere edifici di inizio Novecento con fabbricati di costruzione più recente. La categoria dell’immobile – che non ha rilevanza storica – prevede inoltre la possibilità di effettuare una ristrutturazione totale tramite appunto l’abbattimento e la ricostruzione. Al Messaggero però uno dei residenti – che ha dichiarato di aver scoperto dell’intenzione di abbattere lo stabile a fine luglio – non sembra aver molta fiducia negli esposti presentati in Procura da Italia Nostra e Sgarbi: «Adesso che hanno cominciato a demolire non vedo l’ora che finiscano questi lavori che stanno portando disagi al quartiere. Ci sono dei ricorsi per bloccare i lavori da parte di Italia Nostra e di Vittorio Sgarbi ma poi cosa succede? Ci troviamo lo scheletro del palazzo per anni in mezzo al quartiere? A questo punto prima finiscono i lavori e meglio è».