Opinioni
I Capitani coraggiosi dell’università italiana
di Vincenzo Vespri
Pubblicato il 2018-08-02
Come fa a reggere il sistema senza sprofondare nella melma? Come per il resto del paese, a turare le falle è l’abnegazione di alcuni spesso dotati di un immenso capitale umano. Molti professori amano il loro mestiere
Un mio compagno di studi della Normale è professore di Fisica alla New York University. A suo parere il sistema universitario italiano rappresenta un unicum globale. Si astrae dai trend tecnico-scientifici degli altri Paesi, fissa intensamente il proprio ombelico stretto nella morsa della propria incrollabile autoreferenzialità. Ed è una sensazione che diventa quasi palpabile in un clima da ” Ultimi giorni di Pompei”
Come fa a reggere il sistema senza sprofondare nella melma? Come per il resto del paese, a turare le falle è l’abnegazione di alcuni spesso dotati di un immenso capitale umano. Molti professori amano il loro mestiere. Al punto da perseguire una strategia suicida per i loro interessi personali. Ossia invece di pubblicare a raffica astrusi lavori di nicchia destinati ad un empireo deserto o popolato di sparuti iniziati, si dedicano a ricerche serie e profonde.
Affinano una didattica innovativa, magari realizzando lavagne digitali di grande efficacia, organizzano scuole per formare i giovani promettenti. Per il baronato si tratta di eresie da punire selvaggiamente non concedendo a questi temerari l’abilitazione alla fascia superiore, perché nella logica distorta di una nomenklatura malata hanno già conseguito il loro premio terreno che consiste nell’aver svolto con passione il loro dovere!
Ma anche gli studenti soprattutto negli ultimi anni riservano sorprese sconvolgenti. La nuova generazione di studenti è meravigliosa. Il loro livello è notevole. Quei rami rinsecchiti da 50 di sessantottismo deteriore stanno producendo inaspettatamente dei germogli. I figli della crisi hanno capito che li aspetta un mondo duro e crudele e reagiscono stringendo i denti. I miei ultimi laureandi combinavano tutti lo studio con il lavoro. La maggior parte non si tira mai indietro, sempre disponibile a lavorare. Non si lamentano (troppo) dela situazione che vivono. Sanno che il posto fisso dei loro padri sarà un miraggio e sono disponibili a muoversi pur di approdare ad un lavoro interessante. Fino a che avremo studenti così, finche ci saranno Professori innamorati del proprio lavoro e a cui non fa schifo rimboccarsi le maniche per ottenere qualcosa di utile, l’Università italiana riuscirà ad evitare il naufragio nonostante l’avaria al timone e i danni allo scafo.