Cosa manca all’università in Italia per essere “da Champions”

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2018-09-10

Il World Economic Forum ha appena pubblicato il rapporto sulla competitività 2017-2018 che include 137 nazioni. L’Italia come al solito ne fa una magra figura, arrivando al quarantatreesimo posto, nonostante una buona scuola primaria, una buona sanità e una moderata capacità d’innovazione. Nel capitolo innovazione siamo infatti trentaquattresimi. Ma l’incapacità di trasformare l’innovazione in prodotti industriali …

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Il World Economic Forum ha appena pubblicato il rapporto sulla competitività 2017-2018 che include 137 nazioni. L’Italia come al solito ne fa una magra figura, arrivando al quarantatreesimo posto, nonostante una buona scuola primaria, una buona sanità e una moderata capacità d’innovazione. Nel capitolo innovazione siamo infatti trentaquattresimi. Ma l’incapacità di trasformare l’innovazione in prodotti industriali di elevata tecnologia costituisce la zavorra che ci affonda (novantacinquesimi). L’innovazione italiana è un capolavoro chiuso in cantina ad ammuffire. Facendo una similitudine calcistica è come se avessimo giocatori di calcio a livello della Polonia, o del Belgio ma la Nazionale perdesse regolarmente contro di  loro riuscendo a pareggiare solo con la Moldavia o la Macedonia. Una delle cause va ricercata nella soffocante rigidità nel reclutamento universitario, parto di una visione ormai ottocentesca e retrograda della didattica universitaria. Secondo questa visione il sapere è statico, intrinsicamente immutabile. Per reclutare un professore nell’Università, si richiede il superamento di tre soglie riguardanti il numero di lavori prodotti negli ultimi 10 anni, il numero di citazioni dei lavori pubblicati negli ultimi 15 anni e un un particolare indice, l’indice di Hirsch che si basa sia sul numero delle pubblicazioni che sul numero di citazioni ricevute. Secondo la definizione, uno scienziato ha un indice n se almeno n lavori tra quelli che ha pubblicato sono stati citati almeno n volte ciascuno.

decreto flussi governo conte regolarizzazione immigrati - 4

Questi indicatori non hanno alcuna base scientifica e favoriscono i ricercatori seriali, che sviscerano ossessivamente tematiche consolidate, non particolarmente innovative. E’ come se le squadre di calcio potessero assumere solo calciatori che hanno segnato un certo numero di reti e  un certo numero di doppiette, oltre ad aver servito un prefissato numero di assist. Sarebbe assurdo perché nessuna squadra potrebbe assumere portieri e i terzini difficilmente troverebbero posto. Le squadre sarebbero sbilanciate e uscirebbero al primo turno della Champions League. Analogo risultato si ottiene applicando in modo notarile le soglie attuali al mondo della ricerca universitaria. Ad esempio, il famoso fisico Higgs, quello del bosone, la particella di Dio perché fondamentale per avere un universo abitabile da specie intelligenti, è stato insignito del premio Nobel per i suoi lavori, ma non sarebbe mai potuto assurgere alla cattedra in Italia perché la sua ricerca, estremamente innovativa, non gli avrebbe permesso di superare questi indicatori inventati dall’Anvur (Agenzia nazionale valutazione università e ricerca). Tale approccio è distruttivo per materie altamente innovative, multidisciplinari ed emergenti, esattamente quelle che ci permetterebbero di sfruttare il flusso di innovazioni che ancora sgorga dalle menti italiche. Penisamo ad un ipotetico corso di laurea dedicato  all’Ingegneria della Sicurezza o all’Ingegneria della Difesa. Secondo le attuali leggi nell’Università italiana non avrebbero potuto essere chiamati come docenti Steve Jobs o Napoleone. Cesare invece sì, ovviamente non perché ha conquistato la Gallia ma perché ha scritto il De Bello Gallico.

dino giarrusso lorenzo fioramonti

Sempre per l’Anvur Cesare Abba (che ha scritto dal Quarto al Volturno) sarebbe stato  nettamente da preferirsi a Garibaldi, che invece non ha scritto nulla. E se fosse stato preferito, orrore solo a pensarsi, Garibaldi ad Abba, ovviamente Abba avrebbe potuto rivolgersi al costituendo osservatorio sui concorsi nell’università e negli enti di ricerca diretto dall’ex iena Dino Giarrusso, scelto perché uomo dello spettacolo oltre che onesto e laureato. Ricorrendo di nuovo al paragone calcistico, mettereste mai Nadia Toffa (un’altra iena) a capo degli arbitri italiani solo perché donna dello spettacolo, amica della Blasi (moglie di Totti) oltre che onesta? E perché i demenziali  parametri Anvur devono valere per tutti i Professori ma non per il controllore a cui si chiede solo di essere laureato e di essere onesto? A proposito, per trasparenza, anche il Viceministro all’Università  dovrebbe far sapere se ha i requisiti o meno. In conclusione, regole, più o meno cervellotiche, per il reclutamento universitario, gonfia la burocrazia senza migliorare nè l’onestà nè la trasparenza e tantomeno il servizio. Per rompere  l’impasse, va impiantato un sistema di libero mercato dove le Università, per attirare studenti bravi, siano costrette a chiamare quelli che loro ritengono essere i professori migliori. Quindi niente più procedure concorsuali demenziali, osservatori sui concorsi universitari, indicatori di performance ex-ante soprattutto per le  materie altamente innovative, inter/multidisciplinari,  non ancora consolidate, con forte potenziale applicativo ed industriale. Così si potrebbero reclutare autentici esperti del settore e non solo scribacchini di papers. Ma tale approccio dovrebbe estendersi a tutti i settori. Se l’Università di Roma voleva chiamare l’attuale premier, doveva essere libera di farlo senza sottoporlo a una grottesca prova di conoscenza dell’Inglese. A proposito, vi è un aspetto positivo che nessun giornale ha sottolineato: l’attuale premier ha circa sessant’anni, quindi va in pensione fra una decina di anni. Se ha fatto domanda per trasferirsi a Roma, prevede che il suo impegno in politica sia solo temporaneo. Come dovrebbe essere per tutte le cariche pubbliche.

Leggi sull’argomento: Perché il caso Conte-Sapienza è molto più grave di una gaffe universitaria

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