La Trattativa con la UE sulla Manovra del Popolo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-10-22

Tria, Savona e leghisti valutano concessioni sul controllo della spesa. Uno sguardo allo spread prima di rispondere

article-post

Sincronizzate gli orologi sulle 11,55. Oggi a quell’ora il governo risponderà alla prima lettera della Commissione Europea sulla Manovra del Popolo confermando gli obiettivi di deficit nel triennio 2019-2021 e ignorando il rischio bocciatura. Una scelta di fermezza dietro la quale però si instillano dubbi – quelli del “ragionevole” Giorgetti – e trattative nascoste dell’ala del governo che non crede allo scontro con l’UE, che ha attualmente Giovanni Tria e – a sorpresa – Paolo Savona tra i suoi protagonisti.

La Trattativa sulla Manovra del Popolo

Tommaso Ciriaco su Repubblica spiega che nel testo di risposta si difende la legge di bilancio e si annuncia il rientro nei parametri continentali, dando di nuovo prova di europeismo con una generica collocazione dell’Italia nella Zona Euro. Anche la scelta dell’orario non è casuale: qualcuno nel governo oggi teme un’altra giornata di corsa matta e disperatissima dello spread – anche se alcuni analisti ritengono invece che oggi sia più un giorno da rimbalzi – e nel caso la lettera potrà essere limata in base alle reazioni degli investitori. Ma dietro tanta fermezza c’è un piano B:

Chi lavora a una distensione con l’Europa prevede di modificare la manovra in Parlamento, inserendo il monitoraggio costante — con cadenza trimestrale — dei conti dello Stato. In questo modo, la spesa verrebbe modulata in base alla crescita, permettendo di lasciare invariato il deficit al 2,4%. Per intenderci, se il Pil dovesse restare sotto le stime di Palazzo Chigi — come prevedono molti osservatori — andrebbero ridotte anche le risorse stanziate per Fornero, flat tax, ma soprattutto reddito di cittadinanza.

aumento dello spread
Gli effetti dell’aumento dello spread (La Repubblica, 20 ottobre 2018)

È una linea che sotto sotto è gradita a buona parte della Lega. Non basterebbe a evitare la procedura d’infrazione della Commissione, ma lancerebbe un primo segnale di contenimento del deficit ai mercati. Che è poi la preoccupazione che muove in queste ore il sottosegretario alla Presidenza Giancarlo Giorgetti e il ministro Paolo Savona. Che non lascia indifferente il premier Giuseppe Conte. E che ovviamente sta a cuore al Quirinale. Giovanni Tria, poi, è ancora più netto: il ministro preferirebbe una riduzione del deficit dal 2,4% al 2,1%, come auspicato due giorni fa in Consiglio dei ministri.

In questo modo, però, si farebbe una politica economica pro-ciclica durante una recessione. Un suicidio economico.

Da leggere: Condono 2019: come sarà la nuova Pace Fiscale

I controlli sui conti ogni tre mesi

Un’altra proposta che fa parte della linea trattativista sulla Manovra del Popolo è quella di inserire un controllo trimestrale dei conti direttamente in manovra. Un monitoraggio continuo con l’obiettivo di tenere sotto controllo il deficit, allo scopo di non rischiare di “sforare”ad anno in corso. Se cioè, spiega La Stampa, dai controlli trimestrali sull’andamento dell’economia si evincesse un rallentamento della crescita tale da mettere a repentaglio l’obiettivo 2019 di un rapporto deficit/Pil del 2,4%, scatterebbe immediatamente una tagliola che come conseguenza potrebbe anche bloccare l’applicazione di alcune delle misure più costose della manovra.

conti manovra deficit
I conti della manovra (Il Sole 24 Ore, 17 ottobre 2018)

Nel merito poi, il ministro Tria dirà nella lettera che il disavanzo tendenziale per il 2019 era già cresciuto rispetto alle previsioni dell’esecutivo Gentiloni a causa della minor crescita economica e dall’aggravio della spesa per interessi derivato dall’aumento dei rendimenti (ovvero, l’effetto delle dichiarazioni avventate dei membri del governo all’epoca dell’esordio e qualche tempo prima). Aggiungendo i 12,5 miliardi necessari per annullare gli incrementi delle aliquote Iva si arriverebbe in prossimità del 2 per cento, quindi lo spazio in più che l’Italia si è presa equivale solo ad uno 0,4-0,5 per cento di Pil. Dal punto di vista della commissione, spiega però il Messaggero, le cose stanno un po’ diversamente: la contestazione sulla Manovra del Popolo riguarda non il livello assoluto dal deficit ma la distanza tra l’impegno preso dal nostro Paese (migliorare il bilancio strutturale dello 0,6 per cento tra 2018 e 2019) e il numero contenuto nel Dpb, che indica al contrario un peggioramento dello 0,8. Il disavanzo strutturale viene calcolato al netto dell’andamento del ciclo economico e delle voci una tantum. Per Bruxelles non è poi rilevante il costo della cancellazione degli aumenti Iva, perché sarebbe toccato al governo italiano sostituirli con altre misure.

Leggi sull’argomento: Quanti soldi ti tolgono dalla pensione con quota 100

Potrebbe interessarti anche