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Il sindaco leghista che sfida Lamorgese (e com’è finita l’ultima volta che ci hanno provato)
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2019-10-10
Il primo cittadino di Carceri in provincia di Padova Tiberio Businaro invia una diffida al prefetto e alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese a “non assegnare cittadini extracomunitari (profughi e/o immigrati)” al suo comune. Ma vi ricordate cosa successe nel 2017, quando qualche sindaco tentò lo stesso numero? All’epoca Lamorgese era prefetto di Milano…
Il sindaco di Carceri in provincia di Padova Tiberio Businaro ha scritto su Facebook di aver inviato una diffida al prefetto e alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese a “non assegnare cittadini extracomunitari (profughi e/o immigrati)” al suo comune.
Il sindaco leghista che sfida Lamorgese (e com’è finita l’ultima volta che ci hanno provato)
Nella diffida il sindaco, “pur consapevole del dramma umano che potenzialmente e certamente in alcuni casi può essere riconosciuto”, ma aggiunge che “le persone che ogni giorno arrivano in territorio italiano attraverso il sistema notoriamente conosciuto con il nome di “sbarchi”, debbono essere considerati immigrati clandestini, di cui nulla sappiamo (a partire dalle generalità sino e soprattutto alla illibatezza o meno della loro “fedina penale”) e potenzialmente portatori di nocumento alla salute pubblica“. Poi cita i bei tempi in cui c’era Salvini e infine arriva al punto:
SI DIFFIDA
L’Ill.mo Ministro dell’Interno ed ogni Organo ad Esso frapposto, interposto o sottoposto, a non assegnare al Comune di CARCERI (PD) persone di origine ignota generalmente definiti “profughi” ed in specie privi di originali documenti di riconoscimento e/o di qualsiasi riferimento storico relativo alla loro storia giudiziale (nella fattispecie l’assenza o meno di precedenti giudiziali), ritenendolo, in caso contrario, direttamente responsabile per la causazione di danni a cose e/o a persone derivanti dal comportamento dei c.d. “profughi” nonché di ogni necessaria spesa volta a prevedere ed eventualmente contenere il pericolo di contagio di malattie e/o l’adozione di misure utili alla pubblica sicurezza.
Ora, ovviamente non sappiamo come finirà questa storia ma già così sembra fornire un sottile senso di dejà-vù.
Quando i sindaci leghisti sfidarono Lamorgese in Lombardia
A inizio settembre 2017 infatti i sindaci leghisti di Cologno Monzese, Senago, Inzago, Opera e Trezzo sull’Adda avevano siglato un’ordinanza che imponeva ai privati che intendono accogliere le richieste della Prefettura per l’accoglienza dei richiedenti asilo di comunicarlo tempestivamente agli uffici comunali, pena il pagamento di un’ammenda fino a cinquemila euro. I sindaci della Lega, fortemente contrari ai programmi di accoglienza diffusa, si sono giustificati spiegando che l’obiettivo è quello di sapere chi entra nel territorio comunale in modo da garantire la sicurezza. Perché si sa che i richiedenti asilo sono tutti potenziali criminali. L’allora prefetto di Milano Lamorgese il 18 settembre cancellò di fatto le ordinanze dei cosiddetti “sindaci ribelli” che presentavano secondo Lamorgese «diversi profili di dubbia legittimità, anche costituzionale». Il prefetto aveva ricordato ai primi cittadini che l’immigrazione è una materia di competenza statale sulla quale i sindaci non possono intervenire con specifiche ordinanze. Senza contare – proseguiva Lamorgese – che allo stato attuale dei fatti non si ravvisano i presupposti di urgenza e di pericolo per l’ordine pubblico tali da giustificare l’ordinanza.
Poi ai leghisti di non eccellente memoria bisognerebbe anche ricordare che in un’analoga situazione l’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni agiva allo stesso modo. In questo intervento in Parlamento del 30 marzo 2011 Maroni spiega il funzionamento della distribuzione dei profughi provenienti dai Paesi del nord Africa. All’epoca Maroni aveva proposto alle Regioni un piano per la distribuzione equa dei rifugiati con un criterio molto semplice: ossia in base al numero degli abitanti.
Signor Presidente, la drammatica crisi che ha sconvolto i Paesi del nord Africa sinora ha spinto sulle coste italiane, in poco più di due mesi, oltre 22 mila cittadini extracomunitari contro i soli 25 dello stesso periodo dello scorso anno. È unfenomeno di straordinarie proporzioni, un’emergenza umanitaria, sia per la quantità degli arrivi, cheper l’intensità con cui si sono susseguiti. Basti considerare che, lo scorso anno, i dati che ho citato,riferiti ai primi tre mesi, dicono, appunto, di un numero esiguo rispetto al fenomeno che si sta oggiverificando. Un fenomeno che il Governo ha compreso dall’insorgere della crisi del Maghreb tantoda dichiarare immediatamente lo stato di emergenza umanitaria sul territorio nazionale. Questadecisione ci ha consentito, con la nomina del prefetto Caruso a commissario del Governo, dipianificare da subito una serie di interventi per garantire, non solo l’accoglienza degli immigrati, inmaggior parte clandestini, ma anche la sicurezza dei cittadini italiani.
L’unità di crisi del Viminale,che segue l’emergenza umanitaria ventiquattrore su ventiquattro, ha messo a punto nei giorni scorsiquel piano di completa evacuazione degli immigrati da Lampedusa che, oggi, il Presidente delConsiglio ha illustrato proprio a Lampedusa. Dall’inizio della crisi sono già stati trasferiti da Lampedusa, nei centri del Ministero dell’interno, oltre 13 mila immigrati. A tutti è stata assicurata assistenza umanitaria e sanitaria, oltre che la possibilità di richiedere la protezione internazionale. Per quanto riguarda il coinvolgimento delle regioni, tra poco incontrerò i rappresentanti delle regioni, delle province e dei comuni. Ho proposto loro un piano per la distribuzione equa, in tutte le regioni, con la sola esclusione dell’Abruzzo per i soliti motivi, dei rifugiati, con un criterio molto semplice, ossia in base al numero degli abitanti, alla popolazione. Sentirò oggi le regioni e mi auguro che vi sia quella solidarietà di tutte le regioni che è stata invocata, da ultimo, dal Presidente della Repubblica.