La vera storia dei tamponi della Copan di Brescia venduti agli USA

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-03-20

Il “giallo” dell’azienda bresciana che vende tamponi per il coronavirus agli USA invece che fornirli alla Regione Lombardia è una fregnaccia. Perché la Copan Diagnostic è in grado di produrre un numero sufficiente di tamponi per soddisfare il fabbisogno italiano, il problema è che i laboratori di analisi non riescono a tenere il ritmo della diffusione del contagio

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Ieri diversi giornali e molti utenti di Facebook e Twitter hanno scoperto lo “scandalo” dell’azienda bresciana che ha venduto 500 mila tamponi per Covid-19 agli Stati Uniti. I tamponisi legge sul sito DefenseOne che per primo ha dato la notizia – sarebbero stati spediti a Memphis, in Tennessee a bordo di un C-17 dell’Air Force lunedì. L’azienda in questione è la Copan Diagnostic di Brescia, si tratta di un’azienda italiana fondata nel 1979 che nel corso degli anni è diventata una multinazionale con filiali in Cina e in Giappone.

Cosa ha venduto davvero la Copan agli USA e perché

In un articolo pubblicato su Repubblica Gianluca Di Feo parla di «una colossale riserva di test diagnostici, disponibile a poche decine di chilometri dall’epicentro del Covid-19: strumenti che le nostre regioni cercano in tutti i modi per arginare la diffusione del morbo ma che non riescono a trovare» e di «una ditta lombarda aveva a disposizione una quantità di tamponi sufficiente per i bisogni di tutto il Nord ed invece è stata venduta oltre Oceano». Si accosta la vicenda al giallo tedesco della CureVac, l’azienda farmaceutica che avrebbe ricevuto un’offerta dalla Casa Bianca per vendere in esclusiva agli Stati Uniti un eventuale vaccino contro Covid-19.

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Fonte: Defense One

Si suggerisce insomma che la vendita dei tamponi possa essere andata in qualche modo contro l’interesse nazionale visto che la sede della Copan è a pochi chilometri dall’epicentro del focolaio di Bergamo e che da giorni si parla della necessità di fare “tamponi a tappeto” per fermare la diffusione del coronavirus SARS-CoV2.

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L’articolo – che in un passaggio cita la famosa  frase di Winston Churchill «c’è una sola cosa peggiore che combattere assieme agli alleati, combattere senza alleati» per suggerire che si tratta di «un monito che vale anche nella guerra contro il virus» – non a caso ha suscitato reazioni come quella del tweet di Chef Rubio che se la prende con il «Governo di merda [italiano]. Amici dei nazisti [bandiera di Israele], a pecora coi terroristi [USA]».

Davvero non potevamo fare a meno di quei tamponi spediti negli Stati Uniti?

Dario Bressanini invece ha subito sollevato il dubbio circa l’affermazione che quel mezzo milione di tamponi sarebbe bastato per le esigenze di tutto il Nord. Ma davvero se la Copan non avesse venduto quei tamponi agli USA (e a chi poi, al Governo o a privati?) avremmo potuto risolvere il nostro problema domestico con Covid-19? Innanzitutto bisogna precisare cosa è stato venduto. Si tratta semplicemente dei “cotton fioc” di cotone usati per raccogliere i campioni e le relative provette di plastica. Non sono stati invece venduti gli apparecchi per la PCR o i reagenti.

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L’azienda stessa ha precisato di aver fornito in Italia «un milione e centomila kit di prelievo dall’inizio della crisi» e che si è dovuto utilizzare un volo militare perché era l’unico disponibile. In Italia poi non mancano i test (nel senso i kit per il tampone) ma la capacità di analizzarli: «se nel Paese i test effettuati risultano di meno è perché le forniture sono in quantità superiore alle capacità di svolgere gli esami nei laboratori italiani», ha spiegato al Corriere della Sera Lorenzo Fumagalli della Copan. Come è facile immaginare infatti i laboratori del nostro Paese sono al momento sotto stress per l’enorme mole di lavoro dovuta al diffondersi dell’epidemia.

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Non è nemmeno vero che se quei tamponi non fossero stati spediti negli USA ne sarebbero rimasti di più per “noi” perché la Copan ne produce dieci milioni a settimana. Tamponi che vengono venduti in Italia e nel resto del mondo. Per quanto riguarda la fornitura al Centro regionale di approvvigionamento della Lombardia l’azienda ha stipulato un accordo per la vendita di 200 mila tamponi a settimana per un totale complessivo di un milione e mezzo. E così mentre il senatore M5S Elio Lannutti chiedeva di approfondire la storia del mezzo milione di tamponi venduti agli USA toccava al suo Capo Politico Vito Crimi (quello del complotto dei piedini sporchi a Brescia) spiegare che non c’è alcuno scandalo e alcuna violazione “dell’interesse nazionale”.

EDIT: La Copan Diagnostic ha pubblicato un comunicato stampa nel quale risponde all’articolo di Repubblica. Di seguito il testo:

Leggiamo con stupore e vivo rammarico l’articolo appena pubblicato da Repubblica a firma del vicedirettore, Gianluca di Feo, intitolato: ”Coronavirus, mezzo milione di tamponi da un’azienda di Brescia agli Stati Uniti”. Riteniamo sia doveroso puntualizzare quanto segue, a tutela del buon nome di Copan, dei nostri dipendenti e concittadini.

Copan Italia è un’azienda bresciana, ed è il principale produttore al mondo di sistemi di prelievo e conservazione per la microbiologia. Da anni serviamo il mondo intero con i nostri dispositivi e, in questa fase di pandemia globale, stiamo lavorando incessantemente per fornire i famosi “tamponi”, in Italia e ovunque servano. Va chiarito che il tampone è solo il dispositivo di prelievo del campione; altre aziende nel mondo si occupano di produrre e commercializzare i test diagnostici a cui i tamponi sono sottoposti in laboratorio. Nelle ultime settimane abbiamo consegnato agli ospedali italiani oltre 1 milione di tamponi; dall’inizio dell’epidemia, ad oggi, 19 marzo 2020, in Italia sono stati effettuati circa 200.000 test. È evidente che in Italia i tamponi non scarseggiano, tanto che non sono soggetti ad alcuna restrizione all’export, diversamente da altri articoli per uso medicale. Copan da decenni esporta negli Stati Uniti mediante distributori, che servono sia il settore pubblico sia il privato. A causa della scarsità di aerei-merci e dell’acuirsi della crisi Coronavirus, il governo USA ha recentemente organizzato un ponte aereo con un cargo militare per trasportare urgentemente i nostri tamponi. Altre spedizioni sono state programmate nella stessa modalità, anche perché la quantità inviata non è certo “impressionante” rispetto alla popolazione e soprattutto al numero di test che possono essere effettuati settimanalmente nei laboratori Nordamericani. Non c’è stata nessuna operazione in sordina, la merce è stata regolarmente sdoganata e ceduta a prezzo di mercato, Copan non ha venduto ad alcun governo. E, soprattutto, nessun tampone è stato tolto ai bresciani, ai lombardi, agli Italiani o agli Europei. L’articolo di Repubblica contiene una serie di inesattezze ed allusioni e sta arrecando un grave danno all’immagine di Copan: basta dare un’occhiata alle reazioni di sdegno suscitate dallo stesso sui social media a poche ore dalla pubblicazione. Ci risulta, inoltre, che il contenuto sia già stato ripreso da altri organi di stampa e mezzi di comunicazione, ad aggravarne ulteriormente l’impatto.Per avere risposta ai tanti interrogativi sollevati sarebbe bastato consultarci. Il contraddittorio avrebbe anche consentito di comprendere quanto il ritratto a tinte fosche che emerge dalla lettura dell’articolo sia distante dall’etica che contraddistingue il nostro gruppo di persone che, con sacrifici enormi, sta dando il suo contributo alla corretta diagnosi del Covid-19, ovunque nel mondo. Copan si riserva di agire nelle sedi giudiziarie competenti per tutelare la propria immagine.

 

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