Tampon Tax al 10%: un importante passo avanti, ma serve più coraggio

di Iacopo Melio

Pubblicato il 2021-10-20

Dobbiamo guardare ciò che è stato deciso senza festeggiare troppo, ma provando, con occhio critico, a rilanciare ulteriormente la sfida al Parlamento nello sprint finale

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Sebbene qualcuno ritenga la lotta alla “Tampon Tax” una battaglia superflua, continua la giusta richiesta di considerare i prodotti igienico-sanitari collegati al ciclo mestruale come beni di primaria necessità (e quindi tassati con aliquota agevolata al 4%) anziché come beni ordinari o di lusso (tassati al 22%). Ebbene sì: in Italia avere il ciclo mestruale, senza averlo scelto, è una cosa da ricchi tanto quanto l’alcool, il brillocchero al vostro dito anulare, qualche scaglia di tartufo sulla vostra pasta o la supercar parcheggiata in garage.
Oggi però una novità ha riacceso la questione. O meglio, si è cercato di affrontarla con un primo importante passo in avanti anche se, per certi versi, potrebbe rischiare di restare l’ennesimo contentino: il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato la riduzione della “Tampon Tax”, appunto la tassa sugli assorbenti, al 10%. Per la precisione ha votato la legge di bilancio che, però, per entrare in vigore dovrà essere approvata dal Parlamento affinché diventi Legge a tutti gli effetti.
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Questo significa che i prodotti per l’igiene di chi ha un ciclo mestruale potranno essere considerati come prodotti “di cura della persona e dispositivi medici”, al pari cioè delle lamette da barba degli uomini (peccato che quest’ultimi possano ripiegare su scelte alternative come, ad esempio, il rasoio non usa e getta da barbiere o quello elettrico, cosa che invece chi ha il ciclo non può fare dal momento che la coppetta mestruale o gli assorbenti lavabili non sono adatti a tutte le persone, soprattutto se soffrono di patologie come vaginismo, vulvodinia o endometriosi).
Una prima importante mossa, dicevo, è stata possibile attraverso il documento di programmazione economica: al lavoro di Enza Bruno Bossio, prima firmataria di una PDL al riguardo, è seguito l’impegno prezioso di Cecilia D’Elia (portavoce della Conferenza Nazionale delle Donne Democratiche), Chiara Gribaudo, Antonio Misiani, Lia Quartapelle e tante altre attiviste e attivisti sul tema, che da anni portano letteralmente in giro la richiesta di assorbenti e tamponi agevolati, se non addirittura gratuiti.
Al giusto entusiasmo, però, dobbiamo anche aggiungere il ricordo del rischio che, ancora una volta, anziché passare per quelli che hanno davvero compreso il reale motivo di certe rivendicazioni (per questioni socio-economiche ma anche culturali e di genere), si sia provato a dare un piccolo contributo senza, di fatto, risolvere veramente il problema alla radice. Perché non stiamo parlando soltanto di far risparmiare qualche soldo a fine mese, ma del riconoscimento di un diritto che, in questo frangente, potrebbe venire trattato come una gentile concessione e non come un dato di fatto qualora il Parlamento non provasse, magari, ad alzare ancora di più l’asticella della manovra. O meglio, ad abbassarla, allineandosi d’altronde al resto d’Europa: come nel Regno Unito, dove l’IVA sugli assorbenti è pari al 5%, mentre in Francia è comunque al 5,5%, e infine quella più “cara”, che appartiene alla Germania e che arriva comunque al solo 7%.
Insomma, la “povertà mestruale” è conclamata e riguarda le fasce economicamente più a rischio, oggi più che mai. A maggior ragione, nonostante l’apprezzabile miglioramento della situazione (ammesso che avvenga davvero confermata l’abbassamento dell’aliquota al 10%), dobbiamo guardare ciò che è stato deciso senza festeggiare troppo, ma provando, con occhio critico, a rilanciare ulteriormente la sfida al Parlamento nello sprint finale: vogliamo dare un segnale forte, affinché non fra qualche anno ma oggi, finalmente, ci si possa allineare al resto della civiltà? Un ottimo assist è stato servito, che di certo accogliamo con piacere, ma il momento è adesso per fare davvero centro. Proviamoci.

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