Se il governo si prepara ad aumentare l'Iva

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2014-10-03

…e dalla nota al Def scompare la spending review: i tagli del 2015 si fermano a 5 miliardi, dieci in meno rispetto alle previsioni di partenza. E la clausola di salvaguardia garantisce i conti dall’eventuale assenza di coperture

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Il diavolo si nasconde nei dettagli. In questo caso nella nota 6 di pagina 17 della nota di aggiornamento al Documento Economico Finanziario che il governo ha rilasciato martedì scorso, in cui sono presenti tutte le problematiche dei conti alla luce degli scarsi risultati di crescita del 2014. Lì si trova la cosiddetta clausola di salvaguardia sulle aliquote Iva e su altre imposte indirette, attraverso il cui aumento il governo si aspetta di trovare 12,4 miliardi nel 2016 in caso non abbia fornito coperture sufficienti per i provvedimenti economici varati quest’anno. E la cifra è pericolosamente vicina a quanto avrebbe dovuto portare la spending review, che nel frattempo è scomparsa dal documento.
 
LA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA DELL’IVA
La clausola di salvaguardia si può leggere a pagina 17 del Def:


E serve evidentemente a coprire l’assenza della spending review, sulla quale il governo contava anche per la copertura degli 80 euro in busta paga. Il bilancio programmatico prevede soltanto una piccola riduzione della spesa pubblica, pari a 5 miliardi di euro, ovvero lo 0,3 del Pil, mentre all’inizio si parlava di un ammontare totale pari a 16 miliardi nel 2015. Nel 2016 non è invece previsto alcun taglio, ma c’è la clausola di salvaguardia con l’aumento dell’Iva.

Spiega Mario Sensini sul Corriere:

Però,per il 2016, è spuntata fuori una clausola di salvaguardia che prevede un aumento dell’Iva e delle imposte indirette per 12,4 miliardi destinata a garantire il raggiungimento del pareggio, che nel 2017 sale a 17,8 e nel 2018 a 21,4 miliardi di euro. Non è detto che finisca così, ma allo stato c’è un aumento delle tasse al posto di quello che avrebbe dovuto essere un taglio di spesa. Sicuramente ha inciso la necessità di offrire garanzie solidissime a Bruxelles, già preoccupata per la decisione di rallentare il risanamento: uno scatto automatico dell’Iva o delle accise deciso già ora con la legge di bilancio tranquillizza molto più di un taglio di spesa scritto solo sulla carta. Può esserci anche un’altra ragione: un aumento delle tasse di quella dimensione,come dice il governo, ridurrebbe il Pil di 0,7 punti l’anno, ma un pari taglio della spesa farebbe danni quasi doppi, alla crescita.E oggi non sarebbe un buon segnale per un governo che, per avere più tempo per risanare, deve convincere Ue, partner e mercati che questa sua politica economica porterà il Paese a crescere molto di più in futuro.

Libero in un’infografica spiega l’effetto della clausola di salvaguardia sull’Iva:

clausola di salvaguardia iva
L’infografica di Libero sulla clausola di salvaguardia per l’Iva

E Franco Bechis immagina quali potrebbero essere i beni su cui l’imposta sul valore aggiunto aumenterebbe:

Che cosa colpirà quella possibile stangatada 51,6 miliardi di euro? Le aliquote Iva marginali, e cioè quelle al 4% e quelle al 10%, che sono le uniche in grado di fornire incassi notevoli.Rischiano così di rincarare sensibilmente quasi tutti i generi alimentari: latte e latticini, farina, riso, pasta,pane, olio, occhiali da vista, case assegnate dalle cooperative, mense scolastiche(tutti questi sono al 4% oggi), e poi ancora yogurt, birra, uova,miele, tè, spezie,bevande al bar, elettricità, biglietti di cinema, teatro,concerti, servizi di trasporto pubblico (hanno tutti l’Iva al 10%).

LA RESA DEI CONTI
Intanto il conto totale della manovra sale. I ministeri stanno infatti presentando le loro richieste e su alcune, come il rinnovo dell’ecobonus, il governo si è già impegnato, obbligandosi quindi alla ricerca di nuove coperture. Come indicato anche nella Relazione al Parlamento sulla Nota al Def, le misure partono dalla conferma degli 80 euro: le risorse necessarie sono ufficialmente pari a 7 miliardi, tenendo conto dei 3 miliardi di spending review strutturale assicurata dal dl Irpef. Il conto potrebbe però salire fino a 10 se nel corso del 2014 quei miliardi non si fossero concretizzati in toto o se fosse necessario utilizzarli ad altri fini di contabilità pubblica. Per superare il patto di stabilità interno il governo punta poi a mettere a disposizione un miliardo. Stesso stanziamento da destinare alla buona scuola. Ridurre il cuneo fiscale anche attraverso l’Irap costerà invece 2 miliardi, mentre per i nuovi ammortizzatori sociali del Jobs act ci vorranno 1,5 miliardi. Le spese indifferibili ammontano a 4-5 miliardi di euro, mentre le coperture lasciate in eredità dal governo Letta sono di 3 miliardi. Alla lista si aggiungono pero’ anche i 900 milioni che il ministero dell’Interno vuole destinare alle forze di polizia, il miliardo circa necessario secondo le Infrastrutture a rinnovare i bonus per l’edilizia e 1 miliardo di euro o poco meno che il ministero del Lavoro vorrebbe destinare al fondo per le politiche sociali, a quello per i non autosufficienti e al nuovo piano nazionale povertà. Considerando anche il margine a copertura delle inevitabili modifiche parlamentari, le risorse da trovare sono sempre di più. Quelle a deficit arriveranno ad un massimo quantificato dalla relazione in 11,5 miliardi di euro, le altre dovranno essere identificate dalla spending review, che secondo il sottosegretario Enrico Zanetti ammonterà a 10-12 miliardi, o al limite, se restasse un buco da coprire, dalla revisione delle tax expenditure. Il tutto sempre che l’Europa accordi all’Italia il riconoscimento delle cosiddette “circostanze eccezionali” ed accetti dunque il rinvio al 2017 del pareggio di bilancio. Applicando il rigore in senso stretto infatti, nel 2015 sarebbe necessaria, solo per l’aggiustamento dei conti, una manovra dello 0,9% del pil, ovvero di 14,4 miliardi. E l’effetto sarebbe disastroso: il Pil scenderebbe di altri 0,3 punti. Però, a differenza della Francia, il tetto del 3% sarà rispettato. Una grande vittoria di Pirro.

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