Roberta Lombardi e l'inutile contratto M5S con penale da 150mila euro

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-10-25

Ieri ha annunciato che anche lei ha sottoscritto quel contratto con la Casaleggio che la obbligherà a dimettersi in caso di condanna e a pagare una multa per “danni d’immagine” al M5S. Secondo l’avvocato amico della Raggi era “una minchiata”

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Il MoVimento 5 Stelle “blinda” Roberta Lombardi e si assicura la fedeltà della candidata alla Presidenza della Regione Lazio. Anche Roberta Lombardi infatti ha sottoscritto il famoso “contratto” con il quale si impegnano a dimettersi in caso di condanna. A dirlo è stata la stessa Lombardi ieri sera ad Otto e Mezzo: «tutti noi candidati regionali abbiamo sottoscritto un contratto con Casaleggio e Grillo che ci impegna alle dimissioni in caso di condanna di primo grado».  È lo stesso genere di contratto fatto firmare a Virginia Raggi e agli eletti del M5S al Comune di Roma.

Anche Roberta Lombardi sotto tutela?

Non tutti i pentastellati però hanno sottoscritto un simile accordo: il contratto però non può essere applicato ai parlamentari (in virtù dell’articolo 67 della Costituzione) e agli europarlamentari. Il contratto firmato dalla Raggi prevede una penale da 150 mila euro in caso di “danno all’immagine del MoVimento”. Danno che in caso di condanna di un eletto del M5S sarebbe sicuramente molto rilevante. Si dice che a voler “vincolare” la Sindaca di Roma con quell’accordo sia stata proprio la Lombardi che lavorò assieme a Casaleggio alla stesura del contratto. Non a caso la deputata pentastellata ha fatto parte del mini-direttorio romano che aveva il compito di fare da balia alla sindaca ma che è imploso dopo la storia delle mail “non lette” di Luigi Di Maio. E la Lombardi non mancò di ricordare alla sindaca che in caso di condanna avrebbe dovuto dimettersi.

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L’estratto del contratto firmato dalla Raggi dove viene menzionato il pagamento della penale da 150mila euro

Il contratto firmato dalla Raggi fu anche impugnato in Tribunale nel tentativo di dichiarare l’ineleggibilità della Sindaca. Il Tribunale di Roma respinse il ricorso (presentato da un iscritto del PD, Venerando Monello) perché il ricorrente non era portatore d’interesse in quanto non faceva parte del partito di Grillo. Al contrario di quanto ha tentato di dire il M5S nulla è stato detto sulla legittimità di quel contratto, il giudice infatti non è entrato nel merito. Lo avrebbe potuto fare se a chiedere la nullità del contratto fosse stato un iscritto al M5S o la stessa Raggi. All’epoca L’Onorevole Ivan Rota dell’Italia dei Valori (che aveva già tentato la strada del contratto per gli eletti) ci aveva spiegato che un contratto del genere è sostanzialmente inutile perché non reggerebbe ad un eventuale ricorso.

Il contratto “minchiata” del M5S

Non tutti i candidati del MoVimento però hanno sottoscritto quel contratto. Chiara Appendino ad esempio si rifiutò di utilizzare il contratto “anti-traditori” messo a punto da Gianroberto Casaleggio sottolineando l’autonomia del Piemonte proponendo un codice etico che non prevedeva il pagamento di multe e sanzioni. Roberta Lombardi ieri a Otto e Mezzo non ha saputo dare una spiegazione sul perché non abbiano sottoscritto quel contratto e rivendicando la scelta dei candidati consiglieri alla Regione Lazio. La Lombardi ha ribadito di essere “fiera di appartenere a una forza politica che vuole mantenere un così saldo rapporto tra l’eletto e l’elettore”. Peccato che il contratto privato in realtà non vincoli l’eletto all’elettore ma l’eletto a Grillo e a Casaleggio, ovvero al Garante del M5S e al figlio di uno dei due fondatori del partito.

Ma cos’è più importante, il codice etico del M5S o la volontà degli elettori che hanno deciso di dare il voto ad un preciso candidato? Il codice etico infatti non prevede le dimissioni solo in caso di condanna ma prevede anche che a controllare e “normalizzare” le attività degli eletti sia lo Staff del M5S (composto da non eletti e dipendenti della Casaleggio). A Roma i risultati di questo modo di intendere la politica si sono visti con una Sindaca spesso eterodiretta da Milano o dagli uffici di partito di Camera e Senato. Ed è probabile che anche la sindaca non creda all’efficacia del contratto che ha sottoscritto. Non solo perché da bravo avvocato sa che potrebbe essere invalidato senza troppe difficoltà. Ma anche perché secondo Pieremilio Sammarco, l’avvocato e amico di Virginia Raggi, quel codice etico è una minchiata”. In alcuni SMS scambiati tra Sammarco e la Sindaca l’avvocato dice che utilizzerà il giudizio sul ricorso presentato da Monello per farlo dichiarare nullo, poi spiega alla Raggi che il MoVimento non può “mollarla” visto che la sua posizione è troppo in vista dal punto di vista politico:

«Non preoccuparti del codice etico – scrive Sammarco – è una minchiata che non sarà mai applicata in sede giudiziaria. A settembre, quando discuteremo il ricorso che ti hanno fatto, potremo lavorare per far dichiarare dal giudice nullo il codice e sarai liberata anche da questa cosa». E ancora: «Non potranno fare nulla perché non prenderanno il rischio di sfiduciarti per non creare casi eclatanti prima delle politiche». E soprattutto: «Nella scala gerarchica sei sul gradino più alto e all’interno del Movimento nessuno può permettersi di darti direttive che non condividi».

Insomma, come abbiamo già scritto in passato, il contratto è inutile. O meglio una sua utilità ce l’ha: far credere agli elettori che il M5S ha in mano una sorta di killswitch per controllare da remoto i propri eletti. Ma quel bottone non è il contratto, è lo Staff. E quello non è eletto da nessuno.

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