Fact checking

Ma davvero Renzi è diventato amico di Putin?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-12-11

Il 31 dicembre scatta il secondo rinnovo automatico delle sanzioni nei confronti di Mosca, per Renzi è il momento di rimetterle in discussione ma non tutti nell’UE sono sulla stessa posizione

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Tutto quello che sta succedendo nella Siria del post attentati di Parigi ci sta facendo dimenticare un dettaglio non trascurabile. Mentre le varie tifoserie (politiche e non) plaudono il decisionismo e l’interventismo russo e la discesa in campo di Putin al fianco di Assad contro l’ISIS (ma anche contro tutti gli altri ribelli che si oppongono al regime di Damasco) ci si è accorti che nessuno si è più interessato di quello che sta succedendo in Ucraina. Un anno fa eravamo tutti preoccupati dal conflitto “alle porte di casa nostra”, anche lì si parla di foreign fighters che andavano a combattere con una delle due parti. E anche in Ucraina c’era lo zampino dei russi. Poi a febbraio 2015 è arrivato l’accordo di Minsk che sanciva le condizioni per la fine delle ostilità.

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Joe Biden al Parlamento ucraino

Vi ricordate la guerra in Ucraina? C’è ancora

Durante tutto questo tempo sono rimaste però in vigore alcune severe sanzioni economiche contro la Russia. Durante la fase più critica del conflitto ucraino infatti USA prima e a seguire l’Unione Europea avevano deciso di “punire” economicamente la Russia di Putin per il suo immischiarsi nella guerra civile ucraina. I russi infatti hanno fornito un sostegno importante ai separatisti russofoni e questo non è piaciuto ai governi occidentali, da sempre sostenitori di un avvicinamento dell’Ucraina all’Europa e alla Nato (questo secondo punto per i russi è un vero affronto). Le cose in Ucraina però non sono cambiate molto, qualche giorno fa Putin era tornato a minacciare il governo di Kiev di sospendere la fornitura di gas russo al paese, due giorni fa il vice-presidente USA Joe Biden era a Kiev dove ha promesso alla Rada (il parlamento ucraino) che gli Stati Uniti continueranno a sostenere gli sforzi dell’Ucraina e soprattutto ha detto che gli USA non sono disposti ad accettare un’eventuale annessione russa della Crimea, la regione che nel 2014 si è autoproclamata indipendente da Kiev e che, in seguito ad un referendum tenutosi a marzo 2014, è posta sotto il controllo militare di Mosca.

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Matteo Salvini da sempre sostiene la necessità di togliere le sanzioni contro la Russia

Renzi e il rinnovo delle sanzioni contro Putin

Nel frattempo anche l’UE è impegnata in alcuni colloqui con Kiev e Mosca per tentare di risolvere il nodo degli accordi commerciali con l’Ucraina. L’ultima riunione tra le parti, tenutasi a Bruxelles l’1 dicembre (giorno in cui nel 1991 gli ucraini votarono l’indipendenza dalla Russia) non ha però portato alcun significativo miglioramento alla situazione che è ancora in stallo. La questione principale è il bando russo sulle importazioni di prodotti ucraini, che ha fatto crollare i guadagni ucraini del 58% nel 2015 rispetto all’anno precedente. Le cose potrebbero peggiorare ulteriormente all’inizio del 2016 quando dovrebbe entrare in vigore l’accordo commerciale bilaterale tra Unione Europea e Ucraina; i russi infatti hanno minacciato di inasprire ulteriormente la loro posizione nei confronti di Kieve se le loro condizioni non venissero accettate. In tutto questa vicenda vanno infine collocate le sanzioni che ancora pesano sulla Russia e che a giugno erano costate un miliardo di euro in mancati guadagni per le aziende italiane perché la Russia ha deciso di vietare l’importazione di prodotti agroalimentari provenienti dall’UE. Il rinnovo delle sanzioni è previsto per il 31 dicembre, e in questi giorni Matteo Renzi ha fatto sapere che l’Italia potrebbe rivedere la sua posizione e ha invitato i partner europei a riconsiderare le sanzioni politiche e diplomatiche nei confronti di Mosca. Sanzioni che, come spiega il Sole 24 Ore:

limitano l’accesso ai mercati dei capitali europei da parte dei cinque maggiori enti finanziari russi di proprietà dello Stato e delle loro filiali, nonché di tre grandi società russe attive nel settore energetico e di tre operanti in quello della difesa; impongono un divieto di esportazione e di importazione di armi; stabiliscono un divieto di esportazione per i beni a duplice uso per impiego militare o per utilizzatori finali militari in Russia; limitano l’accesso russo a determinati servizi e tecnologie sensibili che possono essere utilizzati per la produzione e la prospezione del petrolio

E che si sono fatte sentire sul PIL russo, causandone una contrazione del 4% nel secondo e terzo trimestre del 2015. Qualcosa del genere l’aveva detto anche Renato Brunetta quando aveva evidenziato la contraddizione di scendere a fianco di Putin in Siria (seppure a parole) e di fargli la guerra economicamente sulla questione Ucraina. La situazione è ancora più complicata per quei paesi (Regno Unito, Francia e Germania) che stanno già operando militarmente sul territorio siriano sul fronte della guerra al Califfato di Al Baghdadi. Matteo Renzi non potrà però “andare da solo” e dovrà necessariamente convincere i partner europei, in primis Hollande e Merkel, i fautori dell’accordo di Minsk. C’è poi un secondo aspetto da tenere in considerazione, un’eventuale revisione (o annullamento) delle sanzioni potrebbe invece irritare gli USA, che sulla questione sono più che mai irremovibili (e lo sono anche paesi europei come Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania). La diplomazia internazionale dovrà mettersi al lavoro alla svelta perché mancano poco più di due settimane alla data del rinnovo automatico delle sanzioni europee nei confronti della Russia. Del resto va anche detto che un’eventuale “addolcimento” delle misure economiche contro Mosca potrebbe portare un miglioramento dei rapporti tra Washington e Mosca, che dopo la vicenda dell’abbattimento del Su-24 russo da parte della Turchia e le minacce russe contro Erdogan si sono particolarmente inaspriti. La situazione internazionale non è affatto semplice perché nessuno sembra voler cedere su nessuno dei tre fronti aperti (quello ucraino, quello siriano e da ultimo quello turco).

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