La prova delle buffonate di Di Maio contro l’INPS

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-08-03

Vi ricordate la sceneggiata della “manina” con cui il ministro del Lavoro accusò Boeri e il ragioniere dello Stato? Bene, la nuova relazione tecnica del Decreto Dignità dice che…

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Vi ricordate l’immonda sceneggiata di Di Maio (e Salvini) ai danni di Tito Boeri perché l’INPS si era permessa di segnalare che i contratti a tempo determinato di cui si aumentavano i costi sarebbero scesi di numero, come logica vuole, segnalando un calo annuo previsto di ottomila contratti? La gazzarra ridicola che aveva scatenato Di Maio contro la matematica e la logica elementare arrivò alle minacce nei confronti di Daniele Franco, Ragioniere dello Stato accusato di “maninismo”, e contro il presidente dell’INPS che un paio di giorni dopo dimostrò che Di Maio doveva sapere delle stime dell’istituto perché gli erano state inviate una settimana prima che diventassero pubbliche.

La prova delle buffonate di Di Maio contro l’INPS

Ma due giorni fa in Parlamento si è avuta la certezza che quella di Di Maio fosse una sceneggiata in totale e completa malafede attuata per propaganda e fare fessi il più possibile quelli che nell’opinione pubblica gli credono. Il motivo è il mini-incentivo ai contratti a tempo indeterminato aggiunto con un emendamento alla Camera al Decreto Dignità prima della sua approvazione. Repubblica ha raccontato ieri che l’impatto del mini-incentivo è stato valutato dall’INPS (sì, quella che fa i dispetti a Di Maio) nella nuova relazione tecnica firmata dal Ragioniere dello Stato Daniele Franco (sì, quello che frega il povero Giggetto) e pubblicata il 31 luglio. Ebbene, la relazione dice che gli incentivi garantiranno 62400 contratti a tempo indeterminato in più tra 2019 e 2020.

tito boeri inps vitalizi parlamentari m5s - 1

Insomma, non ci crederete: l’INPS stima che se si incentivano i contratti a tempo indeterminato, questi aumentano. Così come stimava che se si fossero disincentivati i contratti a tempo determinato (come stava in effetti accadendo con il Decreto Dignità), questi sarebbero diminuiti. Che clamoroso colpo di scena, vero? Chi l’avrebbe mai creduto? Ora Di Maio, per coerenza, dovrebbe mettersi a caccia della manina che stima 62mila diconsi 62mila siòre et siòri contratti in più in due anni per capire chi c’è dietro e cui prodest. Perché è evidente che secondo la logica di Di Maio c’è qualcosa che non torna. Invece, silenzio. Nessuno si lamenta per la Relazione Tecnica dell’INPS perché stavolta i numeri non sono negativi e a rigor di logica non potevano esserlo visto che parliamo della valutazione di un incentivo.

Nessuno strilla oggi per la Relazione Tecnica?

E nessuno soprattutto riesce a prendere atto con dignità (cit.) del fatto che non c’era un complotto all’epoca e non c’è un complotto nemmeno oggi. Se il governo decide una stretta per i contratti a tempo determinato, la conseguenza più probabile è che questi diminuiscano di numero. Se il governo decide di incentivare i contratti a tempo indeterminato, la conseguenza più probabile è che questi aumentino di numero. Chiaro, semplice, pulito. Ma non a quelli che vanno a caccia di presunti complotti per giustificare la loro dabbenaggine.

tabella decreto dignità
La tabella del Decreto Dignità rielaborata da Repubblica (16 luglio 2018)

A proposito, ma quindi è sicuro che ci sarà un aumento dell’occupazione dopo gli incentivi all’indeterminato? Marco Leonardi, ex consigliere economico di Palazzo Chigi e professore di economia a Milano, dice che no, non è certo:

1) Sicuramente molta più gente di prima uscirà da un contratto a termine è dovrà passare attraverso un periodo di disoccupazione e
2) forse non tutta la disoccupazione alla fine verrà riassorbita dai nuovi contratti a tempo indeterminato (o da voucher e altri contratti più precari) perché il decreto dignità ha invertito il trend di riduzione del costo del lavoro degli ultimi anni aumentando dello 0.5% il costo dei rinnovi dei contratti a termine e aumentando i costi dei licenziamenti (che pur se costi eventuali e futuri sono veri e propri costi del lavoro). E non c’è dubbio alcuno, né in teoria né in pratica, che quando aumenti il costo del lavoro la disoccupazione sale.

Leggi sull’argomento: Perché in Italia torna la paura dello spread

 

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