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Così la Regione Sardegna spende 18 milioni in mascherine mentre a Sassari le pagano la metà
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2020-04-24
L’ente ha comprato per 15 milioni di euro più IVA due milioni di mascherine chirurgiche a 93 centesimi l’una, oltre a un milione di FFP2 a quasi sei euro e un milione di FFP3 a quasi otto. Questo perché, secondo l’ente, non c’era altra alternativa all’approvvigionamento presso l’azienda Demar Hospital di Reggio Calabria
Si tratta di una delle storie più appassionanti dell’emergenza Coronavirus in Sardegna: la regione guidata dal sardoleghista Christian Solinas ha comprato per 15 milioni di euro più IVA due milioni di mascherine chirurgiche a 93 centesimi l’una, oltre a un milione di FFP2 a quasi sei euro e un milione di FFP3 a quasi otto. Questo perché, secondo l’ente, non c’era altra alternativa all’approvvigionamento presso l’azienda Demar Hospital di Reggio Calabria.
Così la Regione Sardegna spende 18 milioni in mascherine
Ma nelle stesse ore in cui la Regione Sardegna acquistava, anche l’Azienda Ospedaliera di Sassari ne comprava altre dalla Selvel Hong Kong Limited: 100mila a 35 centesimi, 10mila FFP2 a 2 euro e 5mila FFP3 a tre oure. Il giorno dopo un nuovo ordine – ma alla Shangai New Union Limited – per mezzo milione di Ffp2 a 2 euro. Con le stesse tariffe l’isola avrebbe risparmiato circa 9 milioni di euro. Il caso, raccontato la prima volta dal Fatto Quotidiano, è arrivato all’attenzione della Commissione Sanità del Consiglio regionale e sul quale sono nate numerose polemiche dato che, a quanto emerso finora, la stessa Regione avrebbe potuto risparmiare 9,3 milioni di euro utilizzando lo stesso fornitore scelto dall’AOU. “In questo caso si parla di un aumento di costo per le casse pubbliche di oltre 9 milioni di euro. Su certe cifre non è tollerabile la minima opacità e il minimo sospetto di danno per la finanza pubblica”, ha scritto il consigliere regionale Francesco Agus su Facebook, “Sarebbe inaccettabile se un’emergenza così grave diventasse il pretesto per derogare ai principi fondamentali di trasparenza e di economicità”.
L’assessore alla Sanità Mario Nieddu ha spiegato che “in alcuni casi” si è dovuto “acquistare a prezzi più alti” perché si era “in stato di necessità: si comprava ciò che si trovava sul mercato”. Ma Il Fatto ha raccontato anche altro:
Il 23 marzo, giorno in cui la Regione riceve il preventivo dalla società calabrese, negli uffici della Protezione civile è arrivata pure un’altra proposta. “Per le Ffp2 abbiamo proposto 2,9 euro a pezzo (contro i 5,4 della Demar, NdR) – racconta un imprenditore di settore che richiede l’anonimato – Se ce ne avessero chiesto un milione, non avremmo avuto problemi e chiaramente il prezzo sarebbe stato ancora più basso. L’offerta è stata declinata: ci hanno fatto sapere che avevano trovato un canale diretto con la Cina”. Passando, evidentemente, per Reggio Calabria. Tant’è che all’aeroporto di Cagliari arrivano le KN95, certificate da Pechino.
In Europa non sono riconosciute come Dpi (Dispositivi di protezione individuale), ma lo sono diventate per legge il 17 marzo, quando il premier Conte ha firmato il decreto legge che dà il via libera alle deroghe sulla certificazione dei dispositivi. Attenzione però: “Di per sé non sono un prodotto scadente, anzi. Malgrado non abbiano la certificazione europea – dice un altro esperto di settore, sempre dietro anonimato – sono molto efficienti. Ma di certo, pagarle 5,4 euro è fuori da ogni logica di mercato, malgrado le speculazioni in atto. Anche oggi, in piena emergenza e con i costi di trasporto lievitati, in Italia arrivano al dettaglio a 1,6 euro”.
E insomma, per ora è soltanto un bel pasticcio. Aggravato dai ritardi nella consegna: secondo gli accordi con la Demar, un primo carico sarebbe dovuto arrivare entro il 31 marzo, ma le prime mascherine sono state distribuite solo il 10 aprile, vale a dire undici giorni dopo l’ipotetica data di consegna.