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Cosa c'è dietro i quattro renziani candidati per il PD Roma
di Mario Neri
Pubblicato il 2017-06-13
Ieri si è definita la curiosa vicenda delle candidature “nascoste” per la segreteria del partito romano. Oggi i giornali ci raccontano il motivo di tanta suspense…
Ieri abbiamo raccontato di come il Partito Democratico di Roma sia serenamente arrivato alle quattro candidature per la segreteria dopo il lungo – e pieno di successi – commissariamento di Sua Maestà Matteo Orfini. Per candidarsi infatti bisognava presentare entro le 20 del 13 giugno la bellezza di 400 firme raccolte in zone diverse della città. Due candidati, Andrea Santoro e Livio Ricciardelli, hanno annunciato per tempo la loro candidatura e hanno raccolto pubblicamente le firme.
Cosa c’è dietro i quattro renziani candidati per il PD Roma
Altri due candidati, ovvero Valeria Baglio e Andrea Casu sono invece “spuntati” ieri visto che fino alla chiusura del tempo per la raccolta delle firme nessuno dei due aveva ufficializzato la propria candidatura. Ma, a quanto pare, sono riusciti lo stesso a raccogliere le 400 firme necessarie per validarla. Qualcuno ha voluto mettere pubblicamente in discussione la trasparenza della procedura, sostenendo che alcuni moduli di firme “in bianco” – ovvero senza candidato – erano girati nei giorni precedenti. Ma, essendo la denuncia priva di dettagli, è inutile indagare per appurarne la veridicità.
Molto più interessante è invece andare a vedere cosa si racconta dei quattro candidati alla segreteria del partito che dovrà risorgere dalle sue ceneri dopo Mafia Capitale. Correggendo quanto affermato qui, facciamo notare, come racconta oggi Giovanna Vitale su Repubblica, che tutti e quattro gli sfidanti sono oggi in qualche modo renziani:
Il risultato è surreale. Sebbene con sfumature diverse, sono infatti renziani tutti e quattro gli aspiranti segretari. Lo sono Casu e Baglio, ovviamente: di rito “turbo”, il primo; della seconda o terza ora, l’altra. Ma pure gli sfidanti Andrea Santoro e Livio Ricciardelli: uno, ex presidente del IX municipio espressione del Laboratorio Santa Chiara, potrebbe convogliare il voto della minoranza; l’altro, consigliere in I, è sceso in campo senza alcuna corrente organizzata alle spalle. E siccome nel Pd i veleni sono ormai la regola, i “giovani turchi” presenteranno una propria lista a sostegno di Casu. Per evitare la tentazione o il sospetto che, dopo lo schiaffo di Renzi, sotto sotto, possano lavorare per l’avversaria.
C’è una brutta corrente (cit.)
Detto questo, se identica è la provenienza dei quattro candidati, sarebbe ingiusto non sottolineare che diverso è stato il modo in cui sono arrivati a candidarsi. Ricciardelli è stato il più trasparente e sul suo profilo Facebook ha raccontato le peripezie per la raccolta delle firme, le comparsate nei circoli, i luoghi dove si poteva firmare per una candidatura che per il consigliere del I Municipio è nata evidentemente “dalla strada” (in senso buono, non quello dell’università). Anche Santoro, ex presidente del Municipio dell’Eur, ha seguito in piccolo lo stesso percorso – è partito più tardi – e poi ha battuto la strada come Ricciardelli. Più tortuoso, diciamo, il percorso che ha portato alle candidature di Baglio e Casu, sempre secondo il racconto di Repubblica:
È DOVUTO intervenire Matteo Renzi in persona, trascinato nel pantano del congresso romano dai big del suo partito, per evitare alla maggioranza dem una figuraccia spaziale: arrivare al traguardo, la presentazione delle candidature per la segreteria cittadina, senza un nome unitario, spappolata in mille correnti, incapace se non di amarsi almeno di non detestarsi.
A poche ore dalla scadenza, di fronte al disastro imminente, il leader ha deciso di sobbarcarsi la responsabilità della scelta, anche a costo di scontentare qualcuno: nello specifico il presidente del Pd Matteo Orfini. Chiamato in causa da Dario Franceschini, capo di Areadem, che minacciava di mandare in frantumi il fronte uscito vittorioso dalle primarie se fosse stata indicata Valeria Baglio, Renzi si è risolto a buttare a mare la consigliera comunale.
E, come in un gigantesco gioco dell’oca, ha fatto tornare tutto al punto di partenza, che poi è risultato quello finale: il candidato dei renziani doc sarà Andrea Casu, trentenne vicino a Luciano Nobili.
Come l’ha presa il partito?
Insomma, secondo quanto raccontano le cronache – giornalista terrorista!1! – alla fine Casu è stato un ripiego per accontentare la corrente franceschiniana e Baglio, per orgoglio, si è candidata lo stesso. Come che sia, è un fatto che l’emersione all’ultimo momento delle candidature di per sé dovrebbe far arrossire quelli che avevano promesso serietà, trasparenza, cortesia (e l’ampio parcheggio all’ingresso, cit.). Anche perché se i retroscena dicono il vero l’emersione in extremis non è nemmeno da imputare ai (poveri) candidati, ma al gioco dei veti incrociati tra le correnti che in teoria sarebbero alleate o collaborative per il bene del partito (e nella pratica i franchi tiratori sulla legge elettorale ci hanno già dato la dimensione di quanto lo siano).
A parte questo, è bello vedere che anche un rappresentante storico del PD romano abbia deciso di porre sei domande molto interessanti al prossimo segretario, che prevedono impegni precisi su molte criticità del partito e sulla tendenza di usare la carica come un trampolino per le elezioni politiche. Nell’attesa dei risultati – chi scrive in ogni caso apprezza gli outsider, un po’ come il Renzi del 2012 o il Civati del 2013- tutta la vicenda non può che ricordarci un gran bel film.