Quanto guadagna chi gestisce le Autostrade

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-12-23

L’indagine della Corte dei Conti su tutte le concessioni consegnata al governo poche ore prima di varare la norma nel decreto Milleproroghe. Il crollo degli investimenti dal 2012 al 2017 (-9,87%) fa incredibilmente da contraltare alla crescita degli utili, secondo una filosofia che soltanto in Italia poteva passare impunita

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La relazione della Corte dei Conti consegnata a Palazzo Chigi poche ore prima che nel decreto Milleproroghe  – 200 pagine con una mole impressionate di numeri – ha analizzato la rete autostradale di quasi 70mila chilometri, su cui transita il 90% del traffico su gomma e il 25% della mobilità nazionale.  Le 22 società private ne gestiscono poco meno di 6 mila chilometri. Autostrade per l’Italia (gruppo Benetton) da sola oltre 3 mila (i più ricchi, valgono l’80% dei pedaggi); segue il gruppo Gavio con 1500. Quindici magistrati, coordinati dal presidente Angelo Buscema, hanno analizzato le carte di presidenza del Consiglio (che aveva manifestato interesse ai più alti livelli dello staff del premier Conte), tre ministeri, Anas, tre Autorità indipendenti e associazione dei concessionari, che vengono illustrate oggi da La Stampa.

chi gestisce le autostrade
Chi gestisce le autostrade (La Stampa, 23 dicembre 2019)

Il quadro fornito dai magistrati contabili è desolante:

Per vent’anni le concessioni sono state tenute nascoste come il segreto di Fatima da ministero e concessionari. «Ciò ha prodotto – scrive la Corte – una zona grigia caratterizzata da incertezza giuridica ed economica, con sacrificio dell’interesse generale a favore di quello privato». Con il ponte Morandi (43 morti) sono crollate anche le obiezioni «sostanzialmente inconsistenti» al diniego di trasparenza. Le concessioni «sono state affidate o prorogate senza gara, violando principi europei e nazionali». Basti dire che delle sette attualmente scadute (la prima nel 2011), nessuna è stata ancora riassegnata con gara. Si va di proroga in proroga, alla faccia degli obblighi di legge: il ministero non ha fretta, i vecchi concessionari dormono sonni tranquilli. E pazienza se gli investimenti si bloccano e si caricano sulle tariffe «costi ingiustificati».

Lo schema Autostrade, esteso nel tempo a tutti i concessionari, ha determinato le anomalie oggi evidenziate dalla Corte dei Conti: «Eccessivo costo di subentro a carico dello Stato; proroga di fatto in seguito al ritardo nel riaffidamento della concessione; revisione contrattuale attraverso l’unificazione di tratte diverse, eludendo le gare; regime di favore sugli affidamenti di appalti a società collegate. Il mantenimento dello status quo ha accentuato le inefficienze» a danno degli utenti e cristallizzato clausole contrattuali «particolarmente vantaggiose per le parti private. Inoltre costante è risultata, nel tempo, la diminuzione degli investimenti».

quanto guadagnano le autostrade
Quanto guadagnano le Autostrade (La Stampa, 23 dicembre 2019)

Il crollo degli investimenti dal 2012 al 2017 (-9,87%) fa incredibilmente da contraltare alla crescita degli utili, secondo una filosofia che soltanto in Italia poteva passare impunita. Perché solo da noi nessuno verifica:

In particolare, prosegue la relazione, «numerose carenze di gestione sono state segnalate sulle tariffe, non regolate sulla base dei costi sostenuti; sul capitale, non remunerato con criteri trasparenti e di mercato, sull’accertamento periodico dell’allineamento delle tariffe ai costi; sui controlli degli investimenti attraverso la verifica delle manutenzioni». Aspetti analizzati nei dettagli, dati e contratti alla mano. «La remunerazione del capitale impiegato risulta notevole». Mai meno del 7%, per Autostrade oltre il 10%. I ricavi da pedaggi (5, 9 miliardi l’anno) crescono a ritmo di 1 miliardo in 5 anni. Idem gli utili netti: quasi 1, 6 miliardi l’anno, 600 milioni in più in cinque anni.

Al contrario diminuiscono gli investimenti (più che dimezzati in cinque anni) e il rispetto dei piani economico-finanziari. I concessionari danno la colpa «alle incertezze normative e agli abnormi tempi di approvazione dei progetti». Fatto sta che negli ultimi dieci anni sono stati spesi 15 miliardi anziché i 21, 7 previsti. Le manutenzioni ordinarie rappresentano solo il 2,2% dei piani economico-finanziari, «una quota esigua» (la Corte cita l’Anac), tanto da far riflettere sul «mantenimento in efficienza delle infrastrutture nel tempo».

Leggi anche: Autostrade, la revoca ai Benetton e la gestione all’ANAS

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