Quando Mattarella perculava Buttiglione

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-01-29

Sergio Mattarella, ufficialmente candidato dal Partito Democratico alla presidenza della Repubblica, ha combattuto una battaglia politica senza esclusione di colpi ai tempi in cui il partito si sbranava tra chi voleva andare al governo con Berlusconi e chi no. Racconta il Corriere che nella rissa si distinse anche lui, che all’epoca non era considerato esattamente …

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Sergio Mattarella, ufficialmente candidato dal Partito Democratico alla presidenza della Repubblica, ha combattuto una battaglia politica senza esclusione di colpi ai tempi in cui il partito si sbranava tra chi voleva andare al governo con Berlusconi e chi no. Racconta il Corriere che nella rissa si distinse anche lui, che all’epoca non era considerato esattamente un estremista:

Ricordate? Fiotti di odio. Serrature cambiate per non far più entrare gli avversari. Conti correnti chiusi nottetempo. Fax di insulti reciproci. Schermaglie. Sergio Mattarella, denunciando Rocco Buttiglione come un golpista sudamericano che si era impossessato illegittimamente del partito, lo chiamava «El general Roquito Butillone». Quello ribatteva ordinando di tagliare il telefono agli ex amici che avevano occupato un piano del palazzo di piazza del Gesù: «L’ ospite è come il pesce: dopo tre giorni puzza». Gerardo Bianco, che si considerava l’ unico segretario legittimo, bollava il Professore ciellino così: «Peggio di Mussolini, che almeno accettò il verdetto del Gran Consiglio». Di più: «è un visitor, ha sembianze umane ma è un verme». Di più ancora: «Un invasato pazzo, un mediocre in delirio d’ onnipotenza». Al che Buttiglione rispondeva: «Bianco? Boh, è solo il singolare di Bianchi». Per non dire di Rosy Bindi, che a chi chiedeva cosa avesse in comune con Bobo Formigoni oltre alla verginità, rispondeva: «Rispondo solo della mia».

La storia finì con la nascita della Margherita.

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