Sergio Mattarella: chi è il candidato presidente di Renzi al Quirinale

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-01-29

L’uomo del no alla Legge Mammì farà fatica ad essere accettato da Berlusconi. Renzi punta su di lui per il Quirinale. Sette legislature e l’elezione alla Corte Costituzionale per un solo voto nel suo curriculum. E un fratello, Piersanti, ucciso da Riina e Provenzano. Il mistero del killer

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E ci mancherebbe che gli piacesse. Matteo Renzi dovrà sudare per convincere Silvio Berlusconi a votare Sergio Mattarella presidente della Repubblica. Anche se questo è il nome che il premier ha annunciato come quello su cui punta per ottenere prima di tutto l’unità del Partito Democratico – e sarà difficile per la minoranza trovare un nome alternativo rispetto al giudice della Corte Costituzionale – il curriculum di Mattarella sembra fatto apposta per far innervosire Berlusconi. Ma è anche un nome bipartizan, nel senso che venne eletto alla Consulta nel 2011 dal Parlamento unito, e quindi anche con il voto dell’allora PdL.

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Piersanti Mattarella, fratello di Sergio, ucciso dalla mafia nel 1980

CHI È SERGIO MATTARELLA
Nato a Palermo nel 1941, figlio di Bernardo Mattarella (più volte ministro nella prima Repubblica) e fratello di Piersanti, presidente della Regione Sicilia ucciso dalla mafia nel 1980, Sergio Mattarella in gioventù milita tra le file della Gioventù Studentesca di Azione Cattolica e della FUCI, poi diventa docente di Diritto parlamentare all’Università di Palermo. Deputato dal 1983 al 2008, prima per la Democrazia Cristiana e poi per il Partito Popolare Italiano e la Margherita. Il suo atto politico di maggiore importanza sono state le dimissioni da ministro della Pubblica Istruzione insieme ad altri quattro della sinistra democristiana in occasione dell’approvazione a colpi di fiducia della Legge Mammì, che legalizzava le televisioni di Silvio Berlusconi dopo che i Tribunali Amministrativi le avevano “spente”. Ma la sua storia politica comincia dopo la morte del fratello. Raccontava qualche anno fa Repubblica:

Quel giorno – la Befana del 1980 – gli amici di Piersanti riorganizzano il loro impegno politico in nome del leader assassinato: Leoluca Orlando si presenterà alle Comunali, Rino La Placa diverrà consigliere nazionale della Dc. Sergio in un primo momento è restio a un impegno diretto: troppo forte lo shock per la morte del fratello, c’ è il pudore per l’ ipotesi della raccolta di un testimone. «Dovemmo lavorare molto per persuaderlo», racconta La Placa. Che ricorda anche il primo impegno politico, il meno conosciuto, di Sergio Mattarella: «Ottenemmo per lui un ruolo all’ interno della commissione nazionale della Dc che si occupava della P2. Subito Sergio si distinse per le doti di equilibrio e lucidità».

Lo sbarco in Parlamento arriverà nel 1983:

Di lì a poco, novembre 1984, il segretario della Dc Ciriaco De Mita nomina Mattarella commissario provinciale di un partito squassato da arresti eccellenti (Ciancimino) e altri fatti tragici (il suicidio di Rosario Nicoletti). Mattarella designa a sua volta due vice, proprio Orlando e La Placa, e nell’ 85 battezza una lista del “rinnovamento” che vede in corsa per le Comunali oltre alla “triade” commissariale Enrico La Loggia, Vito Riggio, Elio Chimenti. In quegli anni nasce una nuova generazione di dirigenti democristiani che comprende pure i “cislini” D’ Antoni e Cocilovo. Nomi ancora sulla ribalta. Orlando diventa sindaco e simbolo di una Primavera che Mattarella, mentore di quella stagione,a tutt’ oggi delimita all’ interno di due date: dall’ 87 al ‘ 90, il periodo delle giunte anomale con i socialisti ai margini e l’ apertura a movimenti, verdi e comunisti. Il capocorrente siciliano della sinistra dc, nel frattempo, è ministro dei Rapporti con il Parlamento nei governi De Mita e Goria, va alla Pubblica istruzione nell’ Andreotti VI e si dimette con altri ministri dopo l’ approvazione della legge Mammì. La rottura con Orlando (che nel ’91 fonda la Rete) è traumatica. E va oltre le divergenze politiche. «Non so quante volte, allora, tentammo di ricucire. Fu tutto inutile», ricorda ancora La Placa.

Mai sfiorato dalle inchieste su Tangentopoli, Mattarella è uno dei protagonisti del rinnovamento della DC che avrebbe condotto nel gennaio 1994 alla fondazione del Partito Popolare Italiano. Poi c’è la legge elettorale, che dopo i referendum del 1992 serviva a votare il nuovo Parlamento e porta il nome di Mattarellum, affibbiatogli da Giovanni Sartori. E la lotta all’interno della DC prima e del Partito Popolare poi, dopo la scelta di Buttiglione di allearsi con Berlusconi. Nel 1995, al culmine dello scontro interno al PPI, apostrofa l’allora segretario Rocco Buttiglione, che cercava l’alleanza con la destra, “el general golpista Roquito Butillone…” e definisce “un incubo irrazionale” l’ipotesi che Forza Italia potesse essere accolta nel Partito Popolare Europeo. Nel 1996, con l’affermazione elettorale de L’Ulivo, e’ di nuovo deputato e viene eletto capogruppo dei popolari alla Camera. Nel 1996 sostiene la candidatura di Romano Prodi e diventa vicepremier e ministro della Difesa con Massimo D’Alema, un ruolo che gli verrà confermato da Giuliano Amato dopo le dimissioni del Lìder Maximo. Poi, piano piano, il distacco dalla politica fino all’elezione alla Corte Costituzionale, dopo sette legislature in Parlamento:

A Mattarella, confluito con il Ppi nella Margherita e ormai padre nobile della sinistra moderata siciliana, si rivolgono nell’ autunno del 2005 i dirigenti regionali dei Ds. L’ allora segretario Angelo Capodicasa, insieme all’ attuale capogruppo all’ Ars Antonello Cracolici, volano a Roma per chiedere all’ ex ministro la disponibilità a candidarsi, contro Totò Cuffaro, per la presidenza della Regione. Capodicasa e Cracolici ricevono un no: «Ci disse che il suo partito, la Margherita, non avrebbe mai dato via libera», dice quest’ ultimo. Pochi giorni dopo quella missione nella Capitale, la Quercia darà il proprio sostegno alla candidatura della Borsellino, in contrapposizione – per le primarie – a un uomo della Margherita, l’ ex rettore di Catania Ferdinando Latteri. A Mattarella pensano di nuovo, nel 2007,i diessini transitati nel Pd che propongono di lanciarlo per la segreteria del partito. Un tentativo appena abbozzato. Dal 2008, anno che chiude la sua esperienza parlamentare, Sergio Mattarella vive da “osservatore” le vicende della politica, mentre il nipote Bernardo, che porta il nome del capostipite, è impegnato in prima fila nel Pd siciliano. Fino all’ ultimo omaggio, per il riformista gentile, dal Parlamento che ha frequentato per sette legislature: l’ elezione nella Consulta.

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Sergio Mattarella

L’OMICIDIO DI PIERSANTI MATTARELLA
L’omicidio del fratello avvenne il 6 gennaio del 1980: Pun killer sparò sulla sua auto dove era entrato con la moglie, i due figli e la suocera per andare a messa. All’epoca era presidente della Regione Siciliana. La svolta sulle indagini, dopo diversi buchi nell’acqua, arrivò grazie al collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta, che indicò in Salvatore Riina il mandante contro la volontà di Stefano Bontate. Mattarella si pose in contrasto con Vito Ciancimino, di cui non volle il rientro nel partito, e chiese il commissariamento del partito a Palermo, ancora influenzato da Salvo Lima. Per il suo omicidio furono condannati Riina, Greco, Brusca, Provenzano, Pippo Calò, Francesco Madonia e Nené Geraci. Il killer non venne mai individuato, anche se la vedova di Mattarella in tribunale lo identificò in Valerio “Giusva” Fioravanti, l’infame terrorista nero che sparava alle spalle ai ragazzi e che oggi è fuori dal carcere e lavora a “Nessuno tocchi Caino”, l’associazione radicale con sede a Largo Argentina.

Il Procuratore Giancarlo Caselli, in un’intervista a Repubblica del 12 agosto 1997, ha affermato: “Piersanti Mattarella un democristiano onesto e coraggioso ucciso proprio perché onesto e coraggioso”. Il Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, nel libro “Per non morire di mafia”, ha scritto che Piersanti Mattarella “stava provando a realizzare un nuovo progetto politico-amministrativo, un’autentica rivoluzione. La sua politica di radicale moralizzazione della vita pubblica, secondo lo slogan che la Sicilia doveva mostrarsi ‘con le carte in regola’, aveva turbato il sistema degli appalti pubblici con gesti clamorosi, mai attuati nell’isola” (Wikipedia).

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