Perché gli italiani non si accorgono della ripresa (nelle loro tasche)

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-09-22

Il paese torna a crescere ma è ancora al di sotto dei livelli pre-crisi. Il PIL pro capite di molto inferiore rispetto agli altri paesi, la perdita rispetto al resto dell’UE è impressionante

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La crescita italiana arriverà intorno all’1,5% quest’anno, forse un po’ meno nel 2018. Inferiore a quella dell’area euro (+2,1%) secondo le previsioni dell’OCSE o a quella del 2,2% della Germania. In più la crescita di oggi va a inserirsi all’interno di un tessuto economico che ha subito gli strappi della recessione in maniera più dura. Tanto che il nostro prodotto interno lordo è ancora di sei punti inferiore a quello del 2007. Il Corriere della Sera oggi in un’infografica riepiloga invece i numeri del PIL pro capite in Euorpa e in Italia: era di 28700 euro dieci anni fa, nel 2016 è stato di 25900. L’Italia, insieme a Spagna, Grecia e Portogallo, è tra i paesi in Europa che vede ancora il PIL pro capite inferiore a quello del 2007, l’anno prima della Grande Crisi. E la variazione 2007-2016 ci vede invece agli ultimi posti della graduatoria: sopra di noi la Finlandia, sotto di noi solo Cipro e la Grecia.

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Il PIL pro capite in Europa (Corriere della Sera, 22 settembre 2017)

Il quotidiano spiega anche che il livello dei consumi delle famiglie, sebbene in ripresa (+ 1,3% nel primo trimestre dell’anno), è ancora di oltre 3 punti inferiore a quello del 2007. Nel frattempo le persone in condizioni di povertà assoluta sono raddoppiate, da 2,4 milioni nel 2007 a 4,7 milioni nel 2016. E così il tasso di disoccupazione, passato dal 5,7% dell’aprile 2007 all’11,3% del luglio scorso, in pratica da circa 1,5 milioni a 3milioni di persone in cerca di un lavoro. È vero, gli occupati sono tornati ai livelli precrisi, con circa 23 milioni di persone che lavorano. Ma in termini di Ula, cioè Unità di lavoro a tempo pieno, mancano 1 milione di unità. Questo significa, tra l’altro, che è aumentata l’incidenza del lavoro a tempo parziale (dal 14 al 19% degli occupati), mentre, come confermano i dati di ieri dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, meno di un’assunzione su quattro (il 24,2%) di quelle effettuate nei primi sette mesi di quest’anno è stata a tempo indeterminato, contro il 38,8% dello stesso periodo del 2015, l’anno della decontribuzione. Esaurita la quale, i contratti precari sono tornati a farla da padrone. E le retribuzioni lorde di fatto restano al palo: perdono nel secondo trimestre del 2017 lo 0,3% rispetto a un anno prima.

Leggi sull’argomento: Perché la disoccupazione in Italia resta un dramma

 

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