Pensioni, la revisione dei coefficienti dal 2019

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-06-14

Chi andrà in pensione il prossimo anno riceverà un assegno leggermente più basso rispetto a chi è andato in pensione nel 2018. Vediamo perché

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Chi andrà in pensione il prossimo anno riceverà un assegno leggermente più basso rispetto a chi è andato in pensione nel 2018. Il decreto ministeriale del 15 maggio rivede infatti i coefficienti di trasformazione delle pensioni o quote di pensione calcolate con il sistema contributivo, in base a un adempimento tecnico che la legge prevede ogni tre anni, in analogia con l’adeguamento dei requisiti anagrafici e contributivi (dal 2021 diventerà biennale). Ne parla oggi il Messaggero:

Con il sistema contributivo i versamenti di datore di lavoro e lavoratore vanno a formare un capitale che al momento del pensionamento viene poi trasformato in rendita, in base al numero di anni per cui statisticamente si ritiene che questa rendita sarà percepita. Dunque il principio è che se i pensionandi vivranno di più, percepiranno un importo leggermente più basso ma “spalmato” su un arco temporale un po’ più lungo.

Naturalmente quello che vale statisticamente per tutti non vale necessariamente per il singolo pensionato; la norma (introdotta con la legge Dini del 1996 e poi confermata con la legge Fornero del 2011) cerca di approssimare l’evoluzione demografica con aggiornamenti periodici.

pensioni più basse sei italiani su dieci
Come sono cambiati i coefficienti per la pensione con il calcolo contributivo (Corriere della Sera, 19 marzo 2016)

Ma esattamente di quanto cala la pensione? I diversi coefficienti di trasformazione sono ridotti di circa 1’1,5 per cento (in realtà il taglio è differenziato tra i vari coefficienti legati all’età). L’impatto effettivo dipende da quanto è grande la quota contributiva della pensione. Per la maggior parte dei pensionandi il calcolo contributivo si applica dal 2012 in poi, dunque pesa normalmente per circa un quinto o un sesto della carriera (7 anni su 35-40).

Quindi ipotizzando che la quota contributiva valga il 20 per cento della pensione totale teorica, se questa è di 2 mila euro mensili avremo una riduzione dello 0,3 per cento (=0,20 x0,015) ovvero 6 euro lordi che netti diventano circa 4. L’effetto è maggiore per chi avendo iniziato a lavorare tra il 1978 e il 1995 ricade nel sistema “misto” e dunque ha il contributivo dal 1996 in poi; e ancora più rilevante per i non molti che vanno in pensione con il contributivo puro.

Con l’aggiornamento del 2019 viene aggiunto anche il coefficiente dei 71 anni. Il meccanismo di adeguamento dei coefficienti è stato criticato dalla Uil, perché scoraggerebbe la permanenza al lavoro, vista la prospettiva di una riduzione dell’assegno. La proposta del sindacato è di legare i coefficienti non all’anno di pensionamento ma a quello di nascita degli interessati.

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