Il “patto segreto” tra Conte, Grillo e il PD per le Regionali

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-07-20

L’ideona: usare il voto disgiunto alle elezioni regionali e fare così “desistenza” contro la destra facendo confluire i voti del MoVimento 5 Stelle sui candidati DEM

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C’è un patto segreto, talmente segreto che oggi ne parlano i giornali, tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, Beppe Grillo e il Partito Democratico per usare il voto disgiunto alle elezioni regionali e fare così “desistenza” contro la destra facendo confluire i voti del MoVimento 5 Stelle sui candidati DEM. Ne parla oggi Claudio Tito su Repubblica:

Il tutto ha inizio un paio di settimane fa, quando il premier lancia la sua invocazione ad affrontare le urne in modo compatto. Il suo timore è evidente: una sconfitta cocente nelle sei regioni  chiamate a rinnovare le giunte equivale a mettere seriamente in difficoltà il suo esecutivo. Le parole pronunciate in quella occasione, però, non sono estemporanee. Nelle ore precedenti il presidente del consiglio aveva sentito il fondatore del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo. E ne aveva  parlato con il segretario del Pd. Se, però, le intenzioni dei Democraticierano note da tempo, molto meno delineata era – e in una parte del Movimento lo è ancora – la posizione dei Pentastellati.

Il “patto” prevede al momento due step diversi. Il primo riguarda la Liguria e le Marche. Sul via libera a Ferruccio Sansa, il candidato unitario del centrosinistra contro Toti, ha avuto un peso  d determinante proprio Grillo. Ma  un’operazione analoga – nelle intenzioni dei contraenti il patto – potrebbe essere effettuata anche nelle Marche. Si sta infatti svolgendo un tentativo in extremis per coinvolgere un grillino nel ticket con il candidato del Pd Mangialardi.

luigi di maio beppe grillo

Il secondo step è quello decisivo. Grillo, infatti, si è impegnato a rivolgere una sorta di “appello” a tutti gli elettori e i militanti del Movimento 5Stelle. Un appello a «non far vincere la destra». Una promessa che rischia di scardinare il dibattito in corso nei pentastellati. Il confronto tra i vari “colonnelli” grillini, infatti, è già piuttosto burrascoso. È sufficiente ricordare le critiche severe  all’esecutivo e al premier di Alessandro Di Battista. E idubbi di Luigi Di Maio sull’opportunità di sperimentare alleanze per un soggetto politico che aveva concepito le urne come una corsa solitaria e soprattutto come un segno distintivo rispetto ai partiti tradizionali.

L’appello del fondatore, infatti, comporterebbe la necessità di aiutare i candidati di centrosinistra nelle altre quattro regioni in gara. Compresi esponenti, come Emiliano o De Luca, che sono stati sistematicamente attaccati dai pentastellati locali. Eppure la scelta è compiuta e contiene un elemento fondamentale. Si chiama “voto disgiunto”. Ossia la possibilità di votare la lista M5S dando  però la preferenza ad un altro candidato governatore. Le diverse leggi regionali, infatti, hanno un punto in comune: vince il concorrente, e non le liste, che in un turno unico ottiene più suffragi.

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