Nel decreto legge recante” Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” il governo sembra aver dimenticato i lavoratori autonomi e parasubordinati. Alle Partite IVA il governo Conte Bis non ha riservato che poche briciole: un’indennità mensile pari ad 500 euro per un massimo di tre mesi destinata però unicamente ai lavoratori che vivono all’interno delle cosiddette “zone rosse” dell’epidemia di coronavirus.
Una misura considerata insufficiente dalla CGIL di Forlì che ribadisce che «anche lavoratori con Partita Iva ed i collaboratori coordinati e continuativi necessitano di misure urgenti per contrastare la crisi dovuta alla diffusione del Coronavirus nel nostro Paese» ricordando in particolare «i lavoratori autonomi o parasubordinati impiegati nel settore dello spettacolo, della cultura, dello sport e del turismo» che in questi giorni hanno visto drasticamente ridursi l’attività lavorativa, anche al di fuori dei comuni messi in quarantena dove è concentrata l’epidemia di coronavirus. Secondo il sindacato l’indennità dovrebbe essere estesa anche al di fuori delle “zone rosse” e soprattutto «tener conto delle differenze, anche in termini di reddito, delle professionalità» anche perché non tiene conto del reddito percepito nei mesi precedenti all’emergenza.
La CGIL non è la sola a sottolineare come il decreto sul coronavirus abbia dimenticato le categorie di lavoratori meno tutelate. Il Centro Studi DOC della Cooperativa DOC Servizi (attiva nella fornitura di servizi nel mondo dello spettacolo) fa notare come solo una minima parte del provvedimento governativo sia applicabile al mondo dello spettacolo, ad esempio «la Cassa integrazione in deroga può essere applicata ai locali di musica dal vivo, ma pur sempre con il limite delle zone rosse». Eppure lo stato di emergenza sanitaria sta portando alla cancellazione di numerosi eventi su tutto il territorio nazionale con conseguenze che riguardano l’intero comparto. Pensiamo ad esempio al professionista (musicista, tecnico, attore, DJ, fotografo o videomaker) che magari abita al Sud e quindi al di fuori della zona “a rischio” che si vede annullare date e collaborazioni in altre regioni a causa dei divieti imposti ai locali pubblici.
Non ci sono naturalmente solo coloro – autonomi, Co.Co.Co. o parasubordinati – che lavorano nel mondo dello spettacolo. Anche le Partite IVA che lavorano con l’estero si trovano in difficoltà (esattamente come le PMI o altre aziende) a causa del “blocco” e della quarantena imposta a chiunque viva in Italia. Anche precari e autonomi che lavorano nel settore del turismo, della ristorazione, del fitness e della formazione (giusto per citarne alcuni) rischiano di rimanere senza reddito, una bomba sociale dopo quella sanitaria. La questione del resto è semplice in tutta la sua drammaticità: come fa a pagare bollette e affitto o a fare la spesa chi ha un contratto di collaborazione oppure è un lavoratore autonomo titolare di partita Iva se a causa del coronavirus – quindi per ragioni indipendenti dalla sua volontà – non può più lavorare?
In seguito al presidio, fa sapere Adl Cobas, c’è stato «un primo tavolo politico in Regione, dove abbiamo presentato alcune richieste per noi imprescindibili, a partire dal pieno sostegno ai lavoratori e lavoratrici del Ssn». Tra le richieste, anche il ripristino della cassa integrazione in deroga per i dipendenti subordinati e il riconoscimento di forme di protezione sociale e continuità di reddito per gli addetti del settore dello spettacolo e della cultura.
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