Marco Crudo: il capotreno aggredito perché chiede di mettere la mascherina

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-11-15

Marco Crudo, 37 anni, capotreno nel trasporto regionale ferroviario in Lombardia, in un lungo post su Facebook ha raccontato come è stato aggredito per aver chiesto a un passeggero di indossare la mascherina. La storia è successa a Milano. L’uomo è stato denunciato dalla Polfer: – “Deve mettere la mascherina.” Ha i piedi sul sedile, …

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Marco Crudo, 37 anni, capotreno nel trasporto regionale ferroviario in Lombardia, in un lungo post su Facebook ha raccontato come è stato aggredito per aver chiesto a un passeggero di indossare la mascherina. La storia è successa a Milano. L’uomo è stato denunciato dalla Polfer:

– “Deve mettere la mascherina.”
Ha i piedi sul sedile, è seduto nell’ultimo vagone di coda.
– “Dammela tu”.
Sputa per terra a un centimetro dalle mie scarpe.
– “Dove deve scendere?”
Deve fare ancora tre fermate. 
– “Guardi che se non indossa la mascherina devo farla scendere alla prossima fermata oppure mi costringerà a chiamare la polizia.”
– “Ma quale c*zzo di polizia?”
Si alza e mi viene addosso.
Cerco di allontanarmi e col telefono in mano inizio a comporre il numero di emergenza.
Lui però si mette a urlare e mi spinge a braccia spalancate e avvicinandosi sempre di più col petto in aria di sfida contro la parete del treno.
Tengo d’occhio le sue mani per paura possa tirar fuori un’arma di qualsiasi genere, perché, vista la reazione, ha tutta l’aria di uno che può possederne.
Nella vettura c’è una sola persona, ma non interviene.
Cerco di divincolarmi, lui mi sta sempre più attaccato, mi copro il viso con le mani, anche per evitare che mi respiri addosso, e lui urla: “chi cazzo chiami, froc*tto?”.
Gli dico di calmarsi e riesco a scappare a tre vetture di distanza. Lui non mi segue, probabilmente perché ha con sé una bicicletta dalla quale non vuole separarsi.
Richiedo immediatamente l’intervento della Polfer ma si aprono le porte perché siamo arrivati alla stazione successiva.
Lo vedo scendere con la sua bici, andare dietro il locomotore e attraversare i binari di corsa, probabilmente per paura che davvero possa arrivare la polizia.
La polizia infatti arriva, ma quando lui non c’è già più. Prende i miei dati e mi chiede una descrizione.
Dico loro soprattutto della bici, dato che aveva dei colori molto riconoscibili.
L’unico testimone presente dice di non aver capito nulla (pur avendo visto tutto).
Sono ancora sotto sopra.
Riprendo a respirare lentamente.
Ma riparto.
Dieci minuti dopo la polizia mi richiama.
L’hanno preso.
L’hanno denunciato.
Domani io farò lo stesso.
Sul treno ci sono le telecamere, non ci vorranno nemmeno i testimoni.
In sedici anni di onorato servizio sui treni non ho mai avuto un’esperienza più frustrante e spaventosa (neanche dopo aver elevato multe da centinaia di euro).
Doveva arrivare una pandemia a portare con sé questa follia generalizzata.
Una follia che mi costringe tutti i giorni a fare le vasche su e giù per i corridoi del treno per ricordare a decine e decine di persone di indossare correttamente la mascherina.
DECINE E DECINE.
Chi mangia, chi parla al telefono e se l’abbassa, chi se la tiene sotto il naso, e poi ci sono i delinquenti veri e propri, come quello che ho avuto la sfortuna di incontrare sulla mia strada oggi.
E siamo in Lombardia. A Milano.
Migliaia di casi al giorno.
Roba che non dovrebbe girare praticamente NESSUNO.
Ma io sono un privilegiato.
Il capotreno che ha lo stipendio fisso.
Il capotreno che ha un’area riservata per poter avere un minimo di protezione in più (dovendo stare sui treni per otto ore) e che quando chiede alla gente cortesemente di spostarsi altrove, con il treno mezzo vuoto, come risposta riceve lo sbuffo, se non la contestazione, perché non è giusto che noi abbiamo il posto riservato e loro no.
Dimenticati nel primo lockdown, e ancora di più durante il secondo, è vero che abbiamo ancora un lavoro, a differenza di altri, ma è un lavoro che non è più lo stesso.
Se uno prova a farlo con coscienza, controllando almeno che non vi sia sovraffollamento o gente senza mascherine, è molto probabile che possa incontrare elementi come quello che ho beccato io, oltre che rischiare quotidianamente di ammalarsi.
E prendermi il Covid, gli insulti, le spinte, le minacce o una coltellata, non rientra tra le mansioni per le quali sono pagato.

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