No, non si può morire di lavoro a 18 anni durante la scuola

di Iacopo Melio

Pubblicato il 2022-01-22

Iacopo Melio ripercorre la vicenda di Lorenzo Parelli, il 18enne di Udine investito da una barra metallica nelle ultime ore dello stage in fabbrica.

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Ricordo ancora l’alternanza scuola-lavoro che ho svolto ben undici anni fa, in una redazione della più nota TV locale, oggi purtroppo chiusa, a scrivere testi per il TG della sera o a vedere montare i servizi in regia.

Quel posto, fatto di gente appassionata pronta ad accogliere me e una mia compagna di classe, mi è servito a confermare l’importanza che già davo alla comunicazione e all’informare i cittadini. Ne ho un ricordo tenero e pulito, quasi ingenuo, di ragazzo che dalla sua bolla di protezione si stava affacciando sul mondo dei grandi: e tante cose vorrei dire allo Iacopo del 2011, ma non è questo il momento.

Oggi, la mia compagna vive a Londra, dove sta svolgendo tutt’altro lavoro ma comunque importante. Io, giornalista lo sono diventato, non iscritto all’albo ma nel modo che ho ritenuto più efficace per me, per la mia voglia di raccontare le storie degli altri e per agitare le acque. Per il bisogno di seminare idee tipo fiori controvento.

No, non si può morire di lavoro a 18 anni durante la scuola

Quello che è successo a Lorenzo Parelli, invece, non ha niente a che fare con tutto questo. Qualcuno ha definito la sua una “morte durante l’ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro”, ma la verità è che Lorenzo, in quella fabbrica, a 18 anni, quando avrebbe dovuto essere tra i banchi di scuola anziché a svolgere del vero e proprio lavoro non retribuito, non è morto per un semplice stage.

Non era un tirocinio e nemmeno quella finestra dalla quale, io, mi sono sentito più adulto e più carico di speranza. Non era lì per scelta, per uno stipendio, per un contratto indeterminato, o determinato, o part-time, o…

Lorenzo Parelli, semmai, era lì per lavorare, e nemmeno per la prima volta. Era lì per farsi sfruttare da chi, nella migliore delle ipotesi, ottiene manovalanza non salariata attraverso le scuole, nascondendosi dietro il termine “tirocinio formativo”. Era lì per ricordare, per qualche giorno al massimo, l’esistenza di un sistema sbagliato, dove i numerosi infortuni continuano per i pochissimi controlli; dove il precariato è l’unica regola che manda a braccetto la parola “risparmio” con quella di “profitto”.

Lorenzo Parelli sarebbe dovuto tornare a scuola, lunedì, per continuare a studiare e costruirsi il futuro che qualcuno gli ha strappato. Per questo non dovete chiamarlo “tirocinio”, “alternanza scuola-lavoro” o “stage”. Per questo serve riscrivere tutto da capo. Sulla vita anche di Lorenzo.

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