Politica
L'ombra del trappolone dietro l'esclusione di Fassina
Alessandro D'Amato 10/05/2016
Fabrizio Roncone su Corriere della Sera invece ci parla di un presuntissimo “trappolone” dietro l’esclusione di Stefano Fassina dalla corsa per il sindaco di Roma
Una delle leggi di Murphy dice che chi sorride quando le cose vanno male ha già trovato qualcuno a cui dare la colpa. Fabrizio Roncone su Corriere della Sera invece ci parla di un presuntissimo “trappolone” dietro l’esclusione di Stefano Fassina dalla corsa per il sindaco di Roma, avvenuta a causa di una serie di irregolarità nella certificazione delle firme e dei moduli delle liste. Il racconto parte dalla conferenza stampa di ieri che ha visto Fassina voler presentare lo stesso la sua candidatura anche se in attesa del ricorso al TAR questa non è più sul tavolo:
Nessuno è riuscito a fargli domande troppo ruvide, poco fa. Abbiamo tutti lasciato che ci raccontasse la sua porzione di verità, l’errore stupido di presentare le liste senza una data in grado di certificare che erano state raccolte nei centottanta giorni antecedenti; un errore stupido, grossolano: forse troppo stupido e troppo grossolano. «Ecco, appunto: quindi?». Quindi magari al compagno Fassina qualcuno ha teso un trappolone. Nicola Fratoianni s’appoggia al muro con l’aria seccata. È un pisano belloccio, furbo e veloce, capisce la politica perché c’è cresciuto dentro, una quindicina d’anni fa voleva fare la rivoluzione e adesso fa invece il duro e puro tra i parlamentari che hanno aderito a Sinistra italiana, l’ultimo esperimento per tenere insieme pezzi di sinistra vera o presunta (ci sono quelli di Sel, fuoriusciti dal Pd come Fassina e deputati in fuga da Grillo).
Fratoianni sa benissimo qual è la voce che gira in città: l’errore nelle liste non è casuale. «Perché guarda me?». Perché voi di Sel, fino all’ultimo, pur di non candidare Fassina a sindaco di Roma, avete immaginato altre soluzioni. «Quella di Massimo Bray era solo un’ipotesi…». E quella di Ignazio Marino? Marino, dico. «I nomi li avete messi voi sui giornali, perché vi piace creare casino. Ma noi, da un certo punto in poi, siamo sempre stati compatti su Fassina…» (la voce di Fratoianni s’abbassa di colpo, diventa un filino, perché intorno ci sono altri parlamentari come D’Attorre e De Petris e soprattutto perché Fassina, intanto, si è riavvicinato).
La discussione sul presunto trappolone si interrompe così, senza ulteriori dettagli:
«Di che parlate, eh?». Fassina — 50 anni, moglie maestra elementare e tre figli: il più grande fa l’ingegnere a Varsavia — ha sempre modi molto misurati, mai uno scatto d’ira, sempre un velo che è un miscuglio di rigore e consapevolezza (da responsabile economico del Pd andò a prendersi ceffoni e sputi dagli operai dell’Alcoa. Poi, mezzo ammaccato, disse: «Avevano ragione, purtroppo»). È di quelli tosti, con biografia non banale: via da Nettuno (dov’era un campioncino del baseball), padre falegname e madre casalinga che lo mandano a laurearsi in Discipline economiche e sociali alla Bocconi, poi lo vedono partire per Washington (Fondo monetario) e quindi tornare a Palazzo Chigi: prima consigliere economico di Vincenzo Visco nel Prodi II, poi vice-ministro dell’Economia e delle Finanze (si dimette quando Renzi, un giorno, rispondendo a una sua critica, dice: «Fassina chi?»).