Letture al tempo del Covid

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2020-05-14

Durante il lockdown mi sono dedicato alla lettura (o alla rilettura, perché come osservava Calvino, un classico non si legge mai, si rilegge sempre) di quei classici che avrei dovuto leggere prima o poi ma non ne ho mai avuto voglia. Uno di questi era il Faust di Goethe. Più che l’argomento (la rivisitazione in …

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Durante il lockdown mi sono dedicato alla lettura (o alla rilettura, perché come osservava Calvino, un classico non si legge mai, si rilegge sempre) di quei classici che avrei dovuto leggere prima o poi ma non ne ho mai avuto voglia. Uno di questi era il Faust di Goethe. Più che l’argomento (la rivisitazione in chiave moderna delle tentazioni di Giobbe), è il tipo di scrittura molto pomposa che scoraggia la lettura ad un lettore moderno. Nonostante ciò ha meritato la (ri)lettura per alcuni spunti che rivelano la profondità di pensiero di Goethe.

Uno degli aspetti più interessanti è che ci dà contezza come in 200 anni il mondo sia cambiato radicalmente. E questo fin dall’inizio dell’opera. Ad esempio Mefistofele si introduce come «Sono una parte di quella forza che desidera eternamente il male e opera eternamente il bene». In queste frase c’è tutta l’idea delle “sorti magnifiche e progressive”. Goethe era convinto che il destino dell’Umanità dovesse essere necessariamente glorioso. Inoltre Mefistofele accusa l’Umanità di tormentarsi con il «lume celeste» ossia con la ragione. Mentre Dio difende il logos. Anche qui si capisce che Goethe respirava a pieni polmoni il pensiero dell’illuminismo. Nei nostri tempi invece si sta perdendo fiducia nella scienza, si ha sempre più paura del futuro, si fa diventare star l’apocalittica Greta Thunberg, si aspira alla decrescita felice e viene agognata l’ innocenza perduta di una umanità arcadica felice e contenta di avere solo quello che Madre Natura produce spontaneamente.

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Caratterialmente Faust è un romantico. Dalle forti passioni. Sempre vicino al suicidio. La morte è sempre presente in Faust e per questo non gli fa paura. Invece l’uomo moderno cerca di esorcizzarla facendo finta che non esista.
Anche il percorso culturale di Faust è molto diverso da quello di un uomo contemporaneo, infatti, dopo aver studiato filosofia, alchimia, diritto, medicina, teologia, Faust si è dato alla magia. Prima di tutto uno può notare come l’alchimia per Goethe fosse ancora una scienza (Lavoisier era stato da poco ghigliottinato) e che l’uomo di cultura potesse essere padrone di materie fra loro diversissime. Quante persone attualmente hanno tre lauree in Filosofia, Legge e Medicina? Inoltre da notare che la magia era considerata ancora una opzione possibile anche per un uomo di cultura. Questo aspetto magico compare più volte nel testo: quando Faust intrappola Mefistofele con un pentacolo (che per noi invece è diventato simbolo di Lucifero) e quando la strega ringiovanisce Faust recitando la filastrocca dei numeri. Credo sia l’ultima volta, nella cultura occidentale, in cui fa bella mostra la numerologia. Anche ai tempi nostri registriamo stimoli verso l’irrazionale (il movimento Wicca ad esempio), l’esoterismo e la numerologia (tipo la smorfia napoletana), ma sono tutti repressi e messi all’angolo da una mentalità scientista che non ammette deroghe da una rigida razionalità. Infine si può notare come pesasse la cultura classica ai tempi di Goethe: Faust ha una relazione con Elena di Troia e scaccia via Filemone e Bauci provocandone la morte rovesciando il mito cantato da Ovidio. Duecento anni fa la cultura classica era molto più conosciuta che adesso, non c’è che dire.

Altri aspetti dell’opera, invece, descrivono sentimenti universali della natura umana. Ad esempio, a me, come insegnante, è piaciuto tantissimo quando Mefistofele incontra un giovane studente. Prima Mefistofele si fa beffe della cultura accademica, troppo lontana dalla realtà e impelagata in eccessivi formalismi (chissà cosa avrebbe pensato Mefistofele dell’Università Italiana attuale..) e poi consiglia uno studente ad andare oltre, a saper cogliere l’attimo, e ad imparare «a trattar le donne» e gli scrive perfino una dedica: «Eritis sicut Deus, scientes bonum et malum» (Sarete simili a Dio, conoscendo il bene e il male). E’ lo stesso dubbio che provo quando ho a che fare con i miei studenti. Sono così fragili ed ingenui. Quando posso, li spingo ad andare oltre. Ovviamente non dico di andare a donne (almeno così esplicitamente) ma sicuramente li invito a cogliere l’attimo, ad avere il pensiero laterale, a ragionare con la propria testa. Ho sempre paura di non fare il mio dovere, ad essere troppo mefistofelico quando gli dico che il destino dell’uomo è di conoscere il bene e il male, e cerco di spingerli in folli voli per conoscere “vertute e canoscenza” ma sono anche convinto che un bravo insegnante non possa che fare così.

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Infine una cosa molto positiva è data dal lieto fine. Ovviamente va in Paradiso Margherita (nonostante sia stata sedotta da Faust e abbia affogato il frutto della colpa) perché chiede sinceramente perdono a Dio per i peccati fatti. Ma, incredibilmente, si salva anche Faust, nonostante abbia firmato, con il proprio sangue, un patto con il diavolo. La motivazione della salvezza è molto profonda: è riuscito a non abbattersi mai, a non essere mai preda della depressione (nonostante Mefistofele l’abbia perfino privato della vista), ed ad avere sempre un anelito verso l’infinito e la bellezza. Questo può essere pure visto come il tragico conflitto tra necessità storica oggettiva (Faust e Margherita non possono che comportarsi così) e la volontà individuale soggettiva (entrambi sono essere puri) ma io preferisco pensare in modo più semplice che solo l’amore (sia quello puro di Margherita che quello più filosofico verso tutto ciò che è bello di Faust) ci possa salvare. Che bella come conclusione!

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