La nascita della Probabilità

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2020-06-23

Il VI canto del Purgatorio è ricordato per lo più per il grido di dolore (quanto mai attuale) di Dante sulle condizioni miserevoli dell’Italia: Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! Secondo me, da matematico, sono molto significativi, perfino più significativi, i primi 3 …

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Il VI canto del Purgatorio è ricordato per lo più per il grido di dolore (quanto mai attuale) di Dante sulle condizioni miserevoli dell’Italia:

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
Secondo me, da matematico, sono molto significativi, perfino più significativi, i primi 3 versi
Quando si parte il gioco de la zara,
colui che perde si riman dolente,
repetendo le volte, e tristo impara;

divina commedia

La zara era un gioco d’azzardo in uso nel Medioevo. Si giocava con tre dadi: a turno ogni giocatore chiamava un numero da 3 a 18 e gettava i dadi. Vinceva chi per primo otteneva il punteggio pari al numero chiamato. Era chiaro che è un gioco che poteva essere fatto solo se non era stata ancora inventata la Probabilità. Ed è chiaro che Dante, utilizzando il termine “impara”, intuisce che per saper giocare bene a zara, occorreva studiare, imparare qualcosa. E’ incredibile pensare che la probabilità fosse una scienza assolutamente sconosciuta nel Medioevo. L’Umanità non aveva, fino a quel momento, pensato che fosse necessario sviluppare le conoscenze probabilistiche/statistiche che appaiono così basilari e naturali oggigiorno. Ma in effetti, a pensarci bene, la Probabilità è una Scienza che si basa su un concetto metafisico. La Probabilità non è un evento fisico, non è un ente geometrico, è un’idea veramente astratta. Non deve essere stato facile sviluppare questo concetto. Inoltre non è intuitiva come uno è portato a credere. Prendiamo, ad esempio, il paradosso di Monty Hall legato al gioco a premi statunitense Let’s Make a Deal che ha preso il nome da quello del conduttore dello show. Nel gioco venivano mostrate al concorrente tre porte chiuse; dietro ad una si trovava un’automobile, mentre ciascuna delle altre due nascondeva una capra. Il giocatore poteva scegliere una delle tre porte, vincendo il premio corrispondente. Dopo che il giocatore aveva selezionato una porta, ma non l’ha ancora aperta, il conduttore dello show – che conosceva ciò che si trovava dietro ogni porta – apriva una delle altre due, rivelando una delle due capre, e offriva al giocatore la possibilità di cambiare la propria scelta iniziale, passando all’unica porta restante. Un po’ controintuitivamente cambiare la porta migliorava le chance del giocatore di vincere l’automobile, portandole da 1/3 a 2/3. Questa proprietà si chiama probabilità condizionata. Si insegna al Liceo e al Primo anno di Università. Ma non tutti la comprendono. Ad esempio nel famoso modello sbagliato sulla diffusione del Covid (quello che prevedeva addirittura 150 mila pazienti in terapia intensiva a Giugno) era palesemente sbagliata proprio una probabilità condizionata.

la nascita della probabilità

I primi due veri pioneri della Proabilità furono Cardano e Galileo. Cardano scrisse “Liber de ludo aleae” nel 1526 che fu pubblicato solo un secolo e mezzo dopo, nel 1663. Sapere a priori la probabilità significava guadagnare soldi sui sempliciotti che non avevano ancora “imparato” (per usare l’espressione dantesca) e quindi era una informazione da tenere nascosta. Cardano intuisce molto ma sbaglia qualche punto. Gli errori di Cardano sono corretti da Galileo Galilei in “Sopra la scoperta dei dadi” scritto nel 1612 ma pubblicato solo nel 1656. In questo breve scritto viene determinata la probabilità delle possibili somme con tre dadi, numerati ciascuno da 1 a 6. Galileo corregge gli errori fatti da Cardano rispondendo correttamente alla seguente domanda: lanciando 3 dadi, le somme 9 e 10 si ottengono con lo stesso numero di triplicità. Ma allora perché, in pratica, si osserva che è più frequente ottenere 10 piuttosto che 9? Infatti la somma 9 si compone con: 1.2.6; 1.3.5; 1.4.4; 2.2.5; 2.3.4, 3.3.3; cioè con 6 triplicità. La somma 10 si compone con: 1.3.6; 1.4.5; 2.2.6; 2.3.5; 2.4.4, 3.3.4; sempre con 6 triplicità. Galileo, facendo espliciti conti dimostra che gli eventi possibili sono 216 e che gli eventi favorevoli non sono equiprobabili. Ad esempio la combinazione (3,3,3) ha solo un evento favorevole e quindi la “probabilità” è solo di 1/216. La combinazione (1,4,4) ha 3 eventi favorevoli (anche (4,1,4) e (4,4,1) vanno bene) e quindi la probabilità è 3/216. Analogamente (1,2,6) ha probabilità 6/216. Quindi il numero di triplicità non rappresenta la vera probabilità dell’evento. La soluzione è espressa da Galilei con grande chiarezza, senza errori e con una visione, certamente ancora intuitiva, ma notevolmente unitaria dei vari aspetti coinvolti. Così, nello spazio di soltanto quattro pagine si trova in nuce la definizione classica della probabilità, come rapporto fra casi favorevoli e casi possibili , purché questi siano equiprobabili, e l’utilizzazione delle proprietà di indipendenza logica e di indipendenza stocastica. C’è, sorprendentemente, il collegamento fra teoria ed esperienza, con l’intuizione della Legge dei Grandi Numeri e della Legge Empirica del Caso. Ma la Probabilità nasce ufficialmente solo nel 1654 con Pascal e Fermat. Il Cavalier de Méré (un accanito giocatore di zara) aveva calcolato (sbagliando) che ottenere almeno un 6 in 4 lanci di un dado non truccato (la probabilità è pari a 1 – (1/6)^4 pari a  0,517746914) era equivalente ad ottenere almeno un doppio 6 in 24 lanci di due dadi sempre non truccati (qui la probabilità è 1- (35/36)^(24) pari a 0,491403). Tuttavia, giocando secondo tale convinzione, invece di vincere, perdeva e scrisse a Pascal lamentando che la matematica falliva di fronte all’evidenza empirica. Da ciò scaturì una corrispondenza tra Pascal e Fermat in cui si delineò il concetto di probabilità moderna. Certo che è strano che la spinta per questa importante conquista del sapere umano nasca dal vizio del gioco… Ma, pensandoci bene, quasi tutte le scoperte dell’umanità nascono o dal gioco o dalla guerra… e dovendo scegliere, molto meglio il vizio del gioco.

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