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La mano tesa di Franceschini al M5S
neXtQuotidiano 11/04/2018
Il ministro della Cultura esce allo scoperto durante l’assemblea dei DEM. Ma non si capisce cosa proponga
Dario Franceschini è uno dei pochi nel Partito Democratico che ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto – non in maniera linearissima – per chiedere nel suo intervento davanti ai gruppi parlamentari del PD di di innescare movimenti che rimettano in gioco il partito nella complicata vicenda della formazione del nuovo esecutivo. Ovvero, di provare a trovare un accordo con il MoVimento 5 Stelle “salvando” così il paese dall’intesa dei grillini con la Lega. «Basta assistere. Siamo entrati in una seconda fase in cui il Pd può e deve condizionare il quadro politico – dice Franceschini -. Non sto proponendo un governo con i 5 stelle ma sto dicendo che, nelle condizioni date, dobbiamo fare di tutto per evitare che nasca un governo Lega e M5S e non di certo augurarlo»
La posizione di Franceschini dipinge uno scenario ancora per lo più incomprensibile: come può evitare un governo Lega-M5S senza promettere un governo M5S-PD? Eppure, dopo i tatticismi e le dichiarazioni contraddittorie nel Partito Democratico, almeno il ministro della Cultura ha il coraggio di metterci nome e faccia. Ed è l’unico. Carlo Bertini sulla Stampa racconta la reazione del partito:
Ed ecco l’affondo: «Il M5S è debole e non sa dove andare, vogliamo spingerlo a destra o provare a tirarli dall’altra parte? Non c’è bisogno di fare un governo insieme ma possiamo provare a condizionarlo affinché diventi una forza riformista». Insomma, «c’è un grande spazio per il Pd in questa fase e si potrebbe sviluppare un’iniziativa dialogando con chi condivide i 4 punti programmatici».
Orfini chiude a due mandate: «Non concordo perché per me non c’è differenza tra M5S e Lega. Nessuno pensa che vogliate fare i ministri di un governo Di Maio, ma mi pare difficile dopo che il 50% degli italiani ha votato M5S e Lega dire che c’è il Pd che impedisce la nascita del loro governo…».
Ora almeno le posizioni all’interno del partito sono chiare. E al netto del rischio – scomparsa per il PD in caso di accordo con il M5S, almeno l’assemblea del 21 aprile avrà qualcosa su cui discutere.