Europa-Giappone, un nuovo asse della globalizzazione?

di Claudio Landi

Pubblicato il 2018-08-28

Il neo-protezionismo di Trump e il sovranismo nazionalista spostano l’asse del mondo. Ma intanto si consolida anche l’asse fra due grandi attori capitalistici mondiali, l’Unione Europea e l’Impero giapponese. Un nuovo accordo tra le economie sociali di mercato?

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Il neo-protezionismo di Donald Trump scassa equilibri e istituzioni internazionali; il ‘sovranismo’ nazionalistico mette a durissima prova il libero commercio globale. Le onde anomale degli tsunami politici devastano e frantumano realtà fino a poco fa considerate inattaccabili. In tutto questo trambusto, faticosamente, però qualcosa emerge tra le nebbie: un ‘nuovo asse’ per una ‘nuova globalizzazione’. L’’asse’ fra due grandi attori capitalistici mondiali, l’Unione Europea e l’Impero giapponese.

Un nuovo asse tra Europa e Giappone

Pur fra spaccature e contraddizioni, infatti, l’Europa in questi mesi sta dispiegando un approccio globale su libero commercio e integrazione economica mondiale tuttaltro che superficiale; e il Giappone sta procedendo in avanti di fronte alle ‘contraddizioni’ dell’amministrazione Trump. Ma andiamo con ordine.
Nel luglio scorso, Unione Europea e Giappone hanno siglato un importantissimo trattato commerciale che di fatto, pur con una tabella di marcia lunga, liberalizza in modo consistente i rispettivi mercati. Il JEFTA, Japan-Europe Free Trade Agreement, questo è l’acronimo del trattato nippoeuropeo, liberalizza in particolare il mercato dell’auto europeo per le auto made in Japan e il mercato dei prodotti agroalimentari nipponico per le esportazioni dell’Europa. Ma JEFTA punta ad essere ancora più ampio: istituisce ben 10 tavoli di ulteriore dialogo e negoziato su settori delicatissimi che vanno dagli appalti, agli investimenti, dall’e-commerce, ai servizi, insomma attraversano gli ambiti più avanzati dell’economia moderna.

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Infografica da: CNA

Per capire l’importanza di ciò di cui stiamo parlando basta leggere i numeri: il Pil europeo del 2017, a valori nominali arriva a 19, 7 trilioni di dollari; il Pil del Sol levante è di 4,87 trilioni di dollari. Assieme quindi Europa più Giappone superano ampiamente l’immensa economia americana, che si ferma a 20 trilioni e rotti di dollari. Al valore nominale. Insomma JEFTA ha creato la più imponente area di libero commercio del mondo capitalistico moderno. UE e Giappone hanno deciso di firmare l’accordo, anche in assenza dell’ intesa si tutti i punti, per dare un preciso e forte segnale politico a chi, come l’amministrazione Trump ha deciso di picconare il libero commercio globale e le stesse istituzioni di governo dell’economia mondiale, leggi le regole e le commissioni WTO. Giappone ed Unione Europea hanno messo a punto e sono andati avanti in una strategia globale di ricostruzione di un ordine economico aperto a livello mondiale. L’Europa è andata avanti con JEFTA e con il ‘CETA’, il trattato Europa-Canada, che però incontra forti ostacoli a livello nazionale nei singoli paesi dell’Unione; il Giappone con JEFTA e con la conferma dell’’Accordo di Partnership transpacifico’ senza gli Stati Uniti.

Il JEFTA e il CETA

La ‘convergenza’ euro-nipponica non si ferma al pur importante trattato JEFTA. Giappone ed Europa stanno attivamente cooperando per definire nuove regole del WTO, in particolare a nuove regole per i sussidi governativi e per le imprese statali. Stavolta il problema è costituito, ovviamente, dalla Cina che presenta un assetto capitalistico fortemente caratterizzato da grandi gruppi statali che operano spessissimo un pochino al di là delle regole di ‘libero mercato’. Questo progetto di definizione di nuove regole WTO coinvolge non solo l’Unione Europa e il Giappone, ma anche gli Stati Uniti, anche se da questo fronte arrivano non poche ‘contraddizioni’, per così dire. Bruxelles infatti spera che con un nuovo trattato WTO che preveda nuove regole severe per sussidi e imprese statali, si possa fare un fronte comune per ‘spingere’ la Cina ad aderire ad una costruzione di mercato più aperta e trasparente. Il Giappone ha obbiettivi molto simili, sia con il Trattato transpacifco senza gli Usa sia con questi colloqui a tre Europa-Giappone-Usa.. Il rappresentante del commercio dell’amministrazione Usa, Robert Lighthizer, condividerebbe questo approccio. Ma Donald Trump lo condivide?

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I banner delle manifestazioni contro il Jefta

Qui la faccenda si fa delicatissima, per usare un eufemismo. Trump come primo atto della sua presidenza, come si ricorderà, ha letteralmente stracciato l’adesione americana al TPP negoziato e fortemente voluto dall’amministrazione Obama. Questo approccio euro-giapponese assomiglia ad una versione nuova proprio dell’approccio di Obama sintetizzabile nella coppia TPP-TTIP (il primo era appunto il ‘Trattato della Partnership transpacifica’, il secondo era il ‘Trattato per gli investimenti e il commercio’ transatlantico). Non sfugge però una differenza sostanziale fra l’approccio obamiano e quello ‘euro-nipponico’: nel disegno della vecchia amministrazione democratica Usa, TPP e TTIP dovevano essere i due pilastri della strategia globale di nuove alleanze economiche degli Stati Uniti, con gli stessi Usa ovviamente al centro dell’intera costruzione.

Il problema Trump nella strategia Bruxelles-Tokyo

Nella ‘visione’ euro-nipponica, invece sono Europa e Giappone, in convergenza fra di loro (con JEFTA, TPP senza gli Stati Uniti, Trattati commerciali che Bruxelles sta negoziando con il Sudamerica e il Messico o che ha già negoziato con il Canada), ad essere al ‘centro’ del processo economico. E strategico. Donald Trump, che ha gettato letteralmente alle ortiche l’approccio di Obama, può ora aderire alla strategia Bruxelles-Tokyo? Se si guarda alle recentissime dichiarazioni del presidente americano, su prossime tariffe Usa contro le auto europee al 25 per cento, poche ore dopo il vertice Juncker-Trump, non c’è da essere molto ottimisti al riguardo. A ben guardare c’è un aspetto geopolitico evidente: l’approccio nippo-europeo è di carattere ‘neo-multilateralista’; la visione di Trump e dell’ala ‘radicale’ della sua amministrazione è strettamente ‘bilateralista’. Per dirla sommariamente, Trump disprezza il multilateralismo (obamiano o nippo-europeo) per la semplicissima ragione che in quegli equilibri neo-multilaterali, gli Stati Uniti dovrebbero negoziare in condizioni quasi paritarie con Unione Europea, Giappone ed altre economie asiatiche. Ce lo vedete Donald in un approccio del genere, che rinuncia alle minacce protezionistiche contro le auto tedesche e l’acciaio nipponico?

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Teniamo oltretutto conto che, come dicevamo, l’approccio che condividono Europa e Giappone non punta al ‘contenimento’ della Cina, ipotesi un pochino opinabile nel mondo globalizzato, ma ad una sorta di ‘incanalamento’ del ruolo e dell’ascesa cinese in regole ed istituzioni globali aperte, ipotesi questa molto più interessante. Insomma Unione Europea e Giappone stanno giocando una partita decisiva, forse ‘La Partita’ decisiva per la nuova globalizzazione. E stanno diventando forse il ‘nuovo asse’ della ‘nuova globalizzazione’, l’asse Bruxelles-Tokyo, che poi, tenendo conto come l’Europa abbia una forte leadership tedesca, potrebbe essere definito come l’asse Berlino-Tokyo delle ’economie sociali di mercato’.

Leggi sull’argomento: Il doppio standard di Di Maio su CETA e JEFTA

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