Economia
Perché il governo deve ancora fare molto contro la povertà (e farlo in fretta)
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2017-07-14
Giovani, operai e bambini hanno pagato il prezzo della crisi. Alla luce dei dati dell’ISTAT sulle famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta è evidente che il Reddito di Inclusione non è sufficiente per dare una mano a nemmeno la metà delle famiglie povere italiane. E che bisogna fare di più. Presto
In Italia nel 2016 sono 1 milione e 619 mila le famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta. A dirlo è l’Istat nel report “La povertà in Italia” del 2017 pubblicato ieri e relativo allo scorso anno. In questo milione di famiglie vivono, secondo le stime dell’Istituto di Statistica 4 milioni e 742mila persone. Se i dati rimangono in linea con quelli del 2015, con un’incidenza della povertà assoluta pari al al 6,3% le cose vanno diversamente se si considerano le famiglie con figli minori.
Quante sono le famiglie in condizioni di povertà assoluta
L’incidenza della povertà assoluta è calcolata sulla base di una soglia di spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi che nel contesto italiano è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile. La cifra ovviamente varia in base all’area geografica di provenienza, ad esempio, per un adulto (di 18-59 anni) che vive solo, la soglia di povertà è pari a 817,56 euro mensili se risiede in un’area metropolitana del Nord, a 733,09 euro se vive in un piccolo comune settentrionale, a 554,03 euro se risiede in un piccolo comune del Mezzogiorno. Il numero di famiglie sotto che vivono in condizioni di povertà assoluta rimane stabile e ritorna anzi ai livelli del 2013 anno in cui l’Italia ha iniziato a uscire dalla crisi.
Cresce invece quello degli individui, categoria dove si registra invece il valore più alto dal 2005. Se prendiamo in considerazione le famiglie con tre o più figli minori l’incidenza della povertà assoluta sale dal 18,3% del 2015 al 26,8% del 2016.
A pagare sono i giovani e soprattutto i minori
Nel complesso la situazione di povertà assoluta coinvolge nell’ultimo anno 137 mila 771 famiglie e 814 mila 402 individui. Aumenta anche fra i minori, dove passa dal 10,9% al 12,5% (1 milione e 292 mila nel 2016). Un dato che era stato denunciato in tutta la sua drammaticità lo scorso dicembre da Linda Laura Sabbatini sulla Stampa. La crisi ha colpito di più i giovani e i bambini, che sono quelli che fanno più fatica a rialzarsi.
A peggiorare – e preoccupare – è la condizione dei giovani in particolar modo per i minori. Si tratta di individui particolarmente esposti alla crisi occupazionale che ha coinvolto i genitori e che quindi hanno sofferto – e continuano a soffrire – delle incertezze del mercato del lavoro.
Tra le famiglie nelle quali il capo famiglia è un operaio la povertà si attesta a 12,6% (quasi il doppio rispetto al 6,9% di quelle la cui persona di riferimento è un occupato dipendente), e raggiunge il valore massimo tra quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione che negli ultimi dieci anni sono passate dal 7 al 23,2%. Nelle famiglie in cui il capo famiglia è un pensionato la povertà si mantiene molto al di sotto della media (3,7%). Ad essere maggiormente colpiti sono i giovani: l’incidenza della povertà assoluta diminuisce all’aumentare dell’età dell capo famiglia. Un segnale che la crescita dell’occupazione ha tagliato fuori le famiglie con i minori e i più giovani.
È necessario rivedere le misure di sostegno al reddito
I numeri dell’Istat devono servire per intervenire a cambiare la misura del reddito di inclusione. Si tratta di un provvedimento che riguarda, per l’anno in corso, quasi due milioni di persone in circa 400mila nuclei familiari con minori a carico. Basta confrontare i dati dell’Istat per capire che il REI non è in grado di coprire nemmeno la metà delle persone in condizione di povertà assoluta. Per tacere dei 2 milioni 734 mila le famiglie in condizione di povertà relativa (con un’incidenza pari a 10,6% tra tutte le famiglie residenti), per un totale di 8 milioni 465 mila individui (pari al 14,0% dell’intera popolazione).
L’accesso al REI sarà un aiuto condizionato alla prova dei mezzi (serve un Isee non superiore ai 3mila euro associato a un livello di reddito effettivo disponibile che sarà fissato nel decreto legislativo), un aiuto che scatterà solo con l’adesione del capofamiglia a un progetto personalizzato di attivazione e inclusione sociale e lavorativa predisposta dall’ente locale. La persona, dovrà impegnarsi, per esempio, a garantire un comportamento responsabile, ad accompagnare i figli a scuola, a sottoporli alle vaccinazioni e ad accettare eventuali proposte di lavoro. Il problema di fondo già sottolineato in altre occasioni però rimane: lo stanziamento del governo va a toccare soltanto una piccola parte di chi ne avrebbe la necessità. In poche parole il REI non basta per la povertà in Italia. Questo a dire il vero lo si sapeva già lo scorso anno (visto che i numeri sono stabili). Quello che invece si può dedurre dal rapporto 2017 dell’Istat è che se non si mette mano alla situazione di quel milione e 292mila minori che vivono in condizioni di povertà assoluta il rischio è quello di condannare a crescere in povertà una parte importante della società italiana del futuro.