Opinioni
Perché gli italiani che ho incontrato in Scozia si vergognano di esserlo
di Vincenzo Vespri
Pubblicato il 2018-08-30
Una vacanza con la famiglia in Scozia costituisce un’ottima occasione per riflettere sull’Italia da distanza di sicurezza, scevro dal peso delle incombenze quotidiane. Mi imbatto in parecchi italiani catalogabili essenzialmente in due tipologie: 1) turisti, prevalentemente caciaroni, occasionalmente maleducati e molesti; 2) una classe media ormai stabilitasi in Scozia (esiste anche una comunità italiana di alta […]
Una vacanza con la famiglia in Scozia costituisce un’ottima occasione per riflettere sull’Italia da distanza di sicurezza, scevro dal peso delle incombenze quotidiane. Mi imbatto in parecchi italiani catalogabili essenzialmente in due tipologie: 1) turisti, prevalentemente caciaroni, occasionalmente maleducati e molesti; 2) una classe media ormai stabilitasi in Scozia (esiste anche una comunità italiana di alta professionalità, ma da turista è difficile venirne a contatto). Lavorano come guide turistiche, gelatai, artigiani, tassisti. Curiosamente solo sotto tortura ammettono di essere italiani nonostante l’accento inconfondibile li tradisca fin dall’inizio. Perché hanno vergogna di mostrare la propria nazionalità?
Gli Scozzesi invece sono mostruosamente ed enfaticamente fieri di essere tali: passeggiano con kilt, suonano cornamuse a pieni polmoni e celebrano i loro eroi, nonostante le sonore batoste prese, nel corso dei secoli, dagli Inglesi. I pochi condottieri vittoriosi quali Wallace, noto come Braveheart, compaiono ovunque nei loro discorsi. Finanche le sconfitte (spacciate per gloriose) sono celebrate. Salta agli occhi la dicotomia fra il Sistema Paese scozzese e quello italiano: è evidente che quello scozzese si basa su verifiche ex-post, quello italiano su norme ex-ante. In pratica, il sistema scozzese è accomodante e ti concede fiducia, ma se uno sgarra ed è scoperto, viene inesorabilmente punito. Il sistema italiano utilizza l’approccio contrario.
Le cervellotiche forche caudine burocratiche concepite improvvidamente per evitare ex-ante eventuali crimini, hanno il solo scopo di scoraggiare gli onesti e premiare i furbi. Se il furbo viene scoperto, in genere non subisce conseguenze, perché tra prescrizioni e farraginosità i Tribunali sono un buco nero. In definitiva il sistema giudiziario italiano è disegnato in modo da proteggere e riabilitare chi delinque, ma rappresenta una matrigna arcigna ed inflessibile (tipo quella di Cenerentola) per chi rispetta le leggi. Nel nostro paese Abele ha, sempre e a prescindere, vita grama mentre Caino prospera. Un Ministro della Repubblica, Rino Formica, propose di “premiare” i contrabbandieri con un bel posto fisso. Per Formica una fedina penale disastrata si trasmutava in titolo preferenziale. Formica come buona parte della classe politica, purtroppo, è lo specchio crudele del nostro Paese.
Evocando la metafora di Eco nel suo Elogio a Franti, l’italiano medio mal sopporta i DeRossi (la cultura è vista con sospetto), deride i Garrone (sono fessi) ed è invidioso degli Stardi (se uno ha fatto carriera non è perché si è impegnato, ma grazie a conoscenze, raggiri e imbrogli). I “furbetti del quartierino”, in Italia, sono una trascurabile maggioranza, nel senso che i più deplorano (a chiacchiere) il comportamento degli furbetti ma in cuor ne invidiano furbizia e spudoratezza. E’ insomma un paese di Franti ignoranti ed invidiosi per i quali l’obbedienza non è mai stata una qualità, ma un sintomo di idiozia. In Italia essa sopravvive solo nelle elucubrazioni di Don Milani, che peraltro la stigmatizzava, mentre nella vita civile si è dissolta da secoli. Non è un caso che il prelato in questione sia l’icona dei radical chic dotati di Rolex d’oro che blaterano di accoglienza indiscriminata dal giardino della villa esclusiva. Chi esecra il cliché “Franti” emigra e trasferisce la propria competenza altrove, dove è apprezzata e remunerata adeguatamente. E quindi chi sfugge al destino gramo che l’Italia riserva agli onesti, si vergogna delle proprie origini e detesta essere associato alla madrepatria. Girovagando e chiacchierando saltano all’occhio tante altre piccole differenze:
• molti anziani scozzesi viaggiano per turismo, mentre i nonni italiani sono impegnati a fare i babysitter dei nipoti. Qui in Scozia il sistema degli asili nido funziona bene e accudisce i bimbi delle coppie dove entrambi lavorano.
• Per gli studenti migliori vengono previsti percorsi d’onore e di eccellenza. Non si abbandonano quelli meno dotati, ma si dà una corsia preferenziale alle eccellenze. In Italia una tale politica meritocratica sarebbe impossibile. Non sia mai che la scuola stimoli ad esigere maggiore competenza dai governanti. I radical chic (che mandano i figli a studiare all’estero perché la scuola pubblica italiana non è degna dei propri rampolli), erigono barricate per difendere la scuola pubblica più deteriore e sindacalizzata. Esattamente quella che produce gli analfabeti funzionali e privi di spirito critico che ingurgitano tutte le fake news che gli propinano nella televisione di stato o di bunga bunga.
• Gli Scozzesi provano un amore profondo verso la loro terra e sono capaci di valorizzarne anche gli aspetti più secondari. Mi sono imbattuto in competizioni di bande di cornamusa, festival degli spaventapasseri, gite notturne alla ricerca di fantasmi, highlander games, festival musicali, esibizioni di falconeria, etc etc. Queste iniziative, combinate con un territorio molto bello e con moltissimi castelli ben conservati, attirano in Scozia proporzionalmente, il triplo dei turisti che visitano l’Italia, nonostante un paesaggio eccezionalmente più ameno di quello scozzese e una storia infinitamente più ricca. La sola Edimburgo, con il suo festival internazionale di teatro e arte, attrae in estate 5 milioni di turisti. Pompei in tutto l’anno ne attira 3,4 milioni.
• Gli Scozzesi pretendono che i turisti rispettino le loro leggi. Un albergatore scozzese mi ha raccontato la sua esperienza da turista a Firenze: notte insonne per cori di ubriachi protratti fino alle luci dell’alba e, successivamente, derubato da una banda di zingari. Mi ha chiesto perché tolleriamo a Firenze che i turisti si ubriachino ogni notte, rendendo il centro città insicuro e invivibile? Perché non si fa qualcosa per rendere più sicura ed attraente la vita per un turista “per bene”? Ho potuto solo rispondere che l’attuale Governo è frutto della politica scriteriata dei governi precedenti che non hanno tenuto nel giusto conto il diritto dei cittadini di sentirsi sicuri a casa propria.
Concludendo, riusciremo mai a imitare i lati positivi della Scozia? A non costringere i nostri connazionali migliori ad emigrare? A rendere l’Italia un posto accettabile anche per quello sfigato di Abele e, contemporaneamente, a scoraggiare la triade Caino-Franti-Furbetti del quartierino? Per far questo abbiamo un disperato bisogno che i nostri connazionali emigrati siano incentivati a rientrare in modo che portino in Italia non solo l’esperienza accumulata all’estero ma anche, e soprattutto, l’indignazione verso il comportamento da “furbetto” che tanti danni (e lutti) addusse a noi Italiani. I nostri connazionali qui hanno un rapporto di odio ed amore verso una terra, potenzialmente ricca, che ha tradito la parte migliore, spingendola ad emigrare. Ma se cambiassero le condizioni sarebbero pronti a rientrare. Si sente e si avverte prorompente la loro nostalgia verso la patria. Si sentono italiani nonostante si vergognino di come sia gestito il bene comune..
*** Vincenzo Vespri è professore di matematica all’Università degli Studi di Firenze
Oltre ad essere un professore universitario di Matematica che vede con sgomento l’università italiana andare sempre più alla deriva, sono anche un valutatore di progetti scientifici ed industriali (sia a livello italiano che europeo).
Vedere nuove idee, vedere imprese che nascono, vedere giovani imprenditori che per realizzare le proprie idee combattono fatiche di Sisifo contro il sistema paleo-burocratico e sclerotizzato, è un’ esperienza tipo Blade Runner:
” Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi:
navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser”.