IsiameD: storia di una marchetta da tre milioni

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-12-27

Una società guidata da un ex ministro si prende un finanziamento triennale con un emendamento proposto dai senatori di Verdini. Il PD e il governo ammettono candidamente che si tratta di una marchetta. Alla vigilia della campagna elettorale

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«Una marchetta necessaria ad avere i voti per approvare la manovra. Quando non hai i numeri subisci il ricatto dei piccoli gruppi. Per questo sono sempre stato un sostenitore del maggioritario. Vedrai col proporzionale che spettacolo»: il senatore Stefano Esposito ha il dono della sincerità e da sempre ne fa un uso che dovrebbe preoccupare i suoi compagni di partito, per lo meno con la campagna elettorale che incombe; ma che quella di IsiameD sia un favore a qualcuno è indubbio. Così come il fatto che la vicenda costituisca un modo per rendere ancora più ingloriosa la fine di questa legislatura.

IsiameD: una marchetta da tre milioni di euro

La IsiameD è una società che si occupa della costruzione di un modello digitale come strumento di tutela e valorizzazione del Made in Italy. È guidata dall’ex esponente DC Gian Guido Folloni, già ministro per i Rapporti con il Parlamento del governo D’Alema e democristiano e l’emendamento, scovato dall’agenzia AGI, che gli assegna un milione di euro l’anno per tre anni “per la promozione di un modello digitale italiano nei settori del turismo, dello sport, dell’agroalimentare e delle smart cities” è stato scritto da due senatori di ALA, Pietro Langella e Antonio Milo, e poi riformulato dai relatori Magda Zanoni del PD e Marcello Gualdani di AP.

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Foto da: Facebook

Ha ragione Esposito quando segnala che l’abitudine di “trattare” emendamenti di questo genere è una prerogativa del Parlamento e serve a ottenere i voti per far passare le leggi; ha torto quando invece addossa la colpa del tutto al sistema elettorale, visto che cose del genere si sono viste ampiamente anche quando in Italia vigeva il sistema maggioritario. È vero però che un governo senza numeri, come quello Gentiloni al Senato, si trova a dover subire ricatti come questo.

Verdini e IsiameD

Per i quali c’è anche chi, come il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, sostiene di non averne saputo nulla anche se il governo ha dato parere favorevole per l’approvazione, e chi parla di un “Regalo di Natale a Verdini” come il deputato Stefano Quintarelli, che non ha problemi ad essere sincero visto che alle prossime elezioni non correrà (anzi, forse è il contrario: alle prossime elezioni non correrà perché è troppo sincero). Raffaele Cantone, scrive oggi Repubblica, ha intanto fatto sapere che prenderà in mano la pratica da domani, quando rientrerà dalle ferie. Gli uffici dell’Anticorruzione esamineranno il finanziamento e valuteranno se è compatibile con le direttive sui bandi comunitari.
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IsiameD, racconta sempre l’AGI, ha abbracciato la causa dell’innovazione sei mesi fa. Ha cambiato ragione sociale, spostando il focus dell’azienda dalla diplomazia internazionale al digitale, e il suo presidente Folloni ha dichiarato che lo aveva fatto spinto “dal ritardo accumulato dall’Italia nella infrastruttura digitale” e che la sua società di management aveva capito che “non bastavano le relazioni tradizionali” e che “occorreva entrare in una nuova economia”. Il caso IsiameD però colpisce anche per la serenità e la sincerità con cui chi viene interrogato sulla vicenda, alla fine della legislatura e all’esordio della campagna elettorale, non si fa problemi a parlare: è una marchetta, un regalo a Verdini, un favore fatto ai piccoli gruppi, dice chi sta tornando al voto per chiedere agli elettori di tornare a governare il paese. Il tutto mentre i fondi per l’innovazione digitale e la ricerca languono da secoli perché le mance più grandi sono quelle mascherate da sussidi. E così chi l’ha votata si aliena sempre più le simpatie e i voti di un elettorato che un governo (e un parlamento) non se l’era mai sognato così. Il PD cammina a piccoli passi verso il disastro, ma con l’orgoglio della sincerità.

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