Il caso Ilaria Capua non è un caso

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2018-12-19

Sono stato a Roma per un premio relativo alla divulgazione scientifica. Fra i premiati c’era giustamente Ilaria Capua famosa per due cose: la prima è stata quella di rendere di dominio pubblico la sequenza genica del virus dell’aviara che iniziò la così detta scienza open source, la seconda è che nel 2014 fu indagata per …

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Sono stato a Roma per un premio relativo alla divulgazione scientifica. Fra i premiati c’era giustamente Ilaria Capua famosa per due cose: la prima è stata quella di rendere di dominio pubblico la sequenza genica del virus dell’aviara che iniziò la così detta scienza open source, la seconda è che nel 2014 fu indagata per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, abuso di ufficio e traffico illecito di virus. Nel 2016 è stata prosciolta da tutti i capi di accusa nell’inchiesta della procura di Verona, con la motivazione “il fatto non sussiste” . In seguito a questa vicenda, Ilaria Capua ha lasciato il nostro Paese e ha deciso di trasferirsi negli Stati Uniti, dove ha accettato il ruolo di direttore di un centro di eccellenza in Florida. Su questa vicenda ha scritto un libro: Io, trafficante di virus. Una storia di scienza e di amara giustizia, e, per questo libro, è stata premiata nell’evento in questione.

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La copertina de l’Espresso dedicata ai “Trafficanti di virus”

Purtroppo questa vicenda non è un caso isolato. Le cronache son piene di Professori che finiscono indagati. La trama è sempre la stessa. Un professore fino allora sulla cresta dell’onda per le sue attività scientifiche scopre, spesso dai giornali, di essere indagato. A questo punto appare in scena o sui giornali locali o sulla TV, il GIP che dirige le indagini che fa le dichiarazioni di rito. Queste dichiarazioni vengono riprese ed ingigantite dalla stampa e si trasformano in “spezzeremo le reni ai baroni e alla mafia universitaria”. Il malcapitato prof è quindi esposto al ludibrio degli studenti e dell’opinione pubblica. I colleghi e i superiori, vigliaccamente, non lo difendono. Il suo gruppo di ricerca non più guidato va allo sbando e si scioglie. Il suo laboratorio analogamente viene chiuso e i fondi Europei revocati. Dopo qualche anno, direttamente in primo grado, il tribunale lo assolverà perché il fatto non sussiste. I danni arrecati al sistema sono stati enormi. Infatti la Magistratura non ha indagato i Professori che si sono limitati a fare, più o meno bene, strettamente i loro compiti istituzionali (ossia un po’ di didattica e a qualche lavoro scientifico che nessuno, se non esperti del settore, leggerà mai). No, la Magistratura ha indagato e fermato proprio i Professori che hanno tentato di fare qualcosa. E la cosa ancora più grave, proprio qualcosa di utile per il Paese (considerato l’assoluzione finale). La questione è molto più centrale di quello che uno possa pensare perché riguarda la mission dell’Università. Infatti cosa è ai tempi di oggi l’ Università? Sicuramente è un luogo dove i Professori scrivono papers destinati alle comunità scientifiche di riferimento e trasmettono ai giovani studenti le loro conoscenze. Sicuramente è anche un luogo dove i professionisti (medici, avvocati, commercialisti) insegnano le loro conoscenze pratiche che, spesso, esercitano come Professione fuori dall’Università. Ma è anche un luogo dove vengono prodotti nuovi saperi e nuove competenze che possono essere trasferite al sistema produttivo per renderlo più competitivo. E’ chiaro che la natura stessa dell’Università comprende in sé queste tre esigenze diverse. E chiaro anche che i Professionisti dell’Ordine vedono come concorrenza sleale quella fatta dai loro colleghi universitari.

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Ed essendo corporazioni importanti riescono ad imporre leggi, più o meno giuste, per limitare questa “concorrenza”. Il problema è che le leggi si applicano erga omnes, anche a quelli che, oltre ad adempiere bene i loro compiti istituzionali, svolgono l’importante missione di fare trasferimento tecnologico. Il Gip, vedendo comportamenti potenzialmente contro la legge, giustamente dal suo punto di vista istituzionale, inizia ad indagare. Così inizia l’ incubo appena descritto per il povero Ricercatore. La magra consolazione è che quasi sempre sarà assolto perché alla fine il buon senso prevale ma avrà vissuto momenti infernali e avrà sicuramente pensato di essere stato un “bischero” ad aver voluto fare di più dello stretto necessario. Il ricercatore viene così “incentivato” a svolgere solo i suoi compiti istituzionali. Al sistema produttivo viene così meno l’apporto della conoscenza accumulata nei nostri centri di eccellenza scientifica. Le nostre università, pur essendo competitive per quanto riguarda gli aspetti più teorici e scientifici, finiscono indietro nelle classifiche di eccellenza proprio perché non assolvono, quanto sarebbe auspicabile, al compito di trasferire innovazione al sistema produttivo. Questa situazione non solo è figlia di una mancanza di chiarezza legislativa e di una concezione antiquata di cosa sia la mission di un sistema universitario nell’epoca della società della conoscenza. Il problema viene anche da una mentalità antiscientifica che pervade tutto il sistema Italia. A tal proposito mi vengono in mente le spiegazioni del mio prof di filosofia sulle due navigazioni di Platone. Platone usò un’immagine emblematica , la ” seconda navigazione “, per descrivere il percorso che lo potò alla scoperta della vera causa delle cose.

La seconda navigazione è una metafora desunta dal linguaggio marinaresco e indica quella navigazione che si intraprende quando cadono i venti e la nave rimane ferma : in tale circostanza si deve por mano ai remi , e in tal modo, con la forza delle braccia , si esce dalla situazione prodotta dall’incombere della bonaccia . La prima navigazione fatta con le vele al vento corrisponde al tragitto compiuto da Platone sulla scia dei naturalisti e con il loro metodo , che lo lasciò in posizione di stallo . Ricordo che Sant’Agostino aggiunse alle due navigazioni, la terza navigazione, quella fatta dai teologi grazie alla Rivelazione Cristiana. Il Prof di filosofia concludeva che il significato era chiaro: quando si fa Scienza si devono usare sia il linguaggio che il metodo scientifico. Analogamente quando si fa Politica o Religione si devono usare linguaggi e metodi appropriati a quegli ambiti. Non si possono mischiare linguaggi e metodi. Quando si fa informazione di fatti scientifici si deve seguire il metodo scientifico. Non si viola la “par condicio” se non si dà lo stesso tempo per parlare di vaccini al virologo Burioni e al disk jockey Red Ronnie. In questo precipuo senso, si deve intendere la frase che la “Scienza non è democratica”. Ossia non nel senso che ci siano verità immutabili ed incontestabili. Il senso vero è che nell’affrontare la Scienza e le problematiche ad esse connesse si deve utilizzare solo il metodo scientifico e non quello religioso (se no si condannano di nuovo Giordano Bruno e Galileo Galilei) o quello politico (altrimenti, per la par condicio, si deve dar la parola anche ai terrapiattisti). Analogamente il legislatore deve fare lo sforzo di comprendere che l’Università non è composta solo da avvocati e commercialisti la cui attività esterna, più o meno giustamente, deve essere regolamentata, ma anche di scienziati e tecnologi che, al contrario, devono essere fortemente incentivati a dare il loro contributo per rendere il sistema produttivo italiano sempre più competitivo. Se non cambiano leggi e regolamenti, vedremo tanti altri casi come quello di Ilaria Capua e tanti altri scienziati chiuderanno i loro laboratori in Italia per aprirli in paesi concorrenti.

Leggi sull’argomento: La bufala dell’intossicazione da marijuana in una chiesa di Chieti

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