«Il mondo che vogliamo»: il libro di Carola Rackete

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-11-03

«Il mondo che vogliamo» è il titolo del libro di Carola Rackete pubblicato da Garzanti e Repubblica e inedito in Italia, che arriverà in edicola da domani e per due mesi con Repubblica0. In 160 pagine la capitana della Sea Watch 3, diventata simbolo di umanità e coraggio, rivolge un appello ai più giovani, ma …

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«Il mondo che vogliamo» è il titolo del libro di Carola Rackete pubblicato da Garzanti e Repubblica e inedito in Italia, che arriverà in edicola da domani e per due mesi con Repubblica0. In 160 pagine la capitana della Sea Watch 3, diventata simbolo di umanità e coraggio, rivolge un appello ai più giovani, ma non solo, per lottare in difesa dei diritti umani e dell’ambiente. Un’anticipazione del primo capitolo è pubblicata oggi dal quotidiano:

Non possiamo più aspettare, siamo l’ultima generazione che può ancora attenuare le conseguenze della catastrofe ecologica. Nei prossimi anni abbiamo la possibilità di ottenere dei risultati. Ma le nostre chance diminuiranno rapidamente. E più il nostro comportamento rimane conforme all’attuale sistema economico, più a lungo restiamo fermi e non facciamo niente, più ci lasciamo servire sul piatto soluzioni politiche tiepide, più difficile sarà fare qualcosa per evitare il superamento delle soglie critiche del sistema climatico. Finché non sarà troppo tardi. (…)

carola rackete

Molti pensano che la disobbedienza civile sia un problema perché provoca rivolte e disturba l’ordine. Viviamo in un’epoca nella quale l’ordine è sbagliato e distruttivo. Deve essere distrutto, perché altrimenti le persone muoiono. Perché altrimenti permettiamo che il sistema, con la sua fede nella crescita costante, ci rubi qualcosa che è incredibilmente prezioso e irrecuperabile. Perché non si fermeranno volontariamente. E perché non possiamo accettare che a causa del sistema la maggioranza delle persone sia derubata, ingannata e oppressa in nome dell’ordine. Dobbiamo farlo, invece di continuare a sperare che conserveremo i nostri diritti e il nostro futuro compiacendo coloro che sono ancora al potere. Il problema è l’obbedienza civile, non la disobbedienza civile. Agiamo, invece di sperare.

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