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Il Corriere della Sera "scioccato" dall'accordo per le case ai Rom

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-12-21

Un articolo comparso oggi sull’edizione di Roma del Corriere della Sera racconta dell’accordo “choc” tra un comandante della Municipale e i rom del campo di via Salviati che apre finalmente il tavolo delle trattative per un vero sgombero: chi potrà accedere alle graduatorie per l’edilizia pubblica lo farà. Altrimenti sarà un altro di quegli sgomberi che nascondono il problema sotto il tappeto invece che risolverlo

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Oggi l’edizione romana del Corriere della Sera apre con un titolo allarmante di quelli che ti aspetteresti da Matteo Salvini o da Il Populista. Nel campo rom di via Salviati, a Tor Sapienza) è stato raggiunto un “accordo choc” tra rom e “il vigile”. Nel sommario la questione si fa ancora più drammatica: i rom hanno posto un ultimatum alle forze dell’ordine “o la casa o non ce ne andiamo” e il comandante è stato costretto a firmare “la carta”. Nell’attacco del pezzo infine viene ricordato come in quel campo rom abitino anche i responsabili dello scippo a Zhang Yao, la studentessa cinese poi morta travolta da un convoglio ferroviario.
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Cosa è successo davvero al campo di via Salviati

In poche semplici mosse il malcapitato lettore che si trovasse a passare a leggere l’articolo avrebbe l’impressione che Roma ora è una città in balia “degli zingari” che non solo delinquono ma si permettono anche di dettare le condizioni della resa ai poliziotti. L’episodio, che vede protagonista il comandante del gruppo gruppo Sicurezza pubblica emergenziale della Municipale Lorenzo Botta da una parte e Gianni Carbotti dell’associazione Amnistia, Giustizia e Libertà, e Naho Adzovic, rappresentante dei rom di via Salviati dall’altra però non è assolutamente shoccante, come invece vorrebbero far credere ai lettori quelli del Corriere della Sera di Roma. Il legale rappresentante di Nazione Rom Marcello Zuinisi, soddisfatto per la firma spiega il significato di quello che è accaduto all’interno di un campo che esiste da 25 anni ospita oltre 600 persone che vivono in condizioni igienico sanitarie assai precarie:

In pratica il comandante ha verbalizzato la nascita del tavolo di inclusione, previsto dalla direttiva europea, che fino a oggi è stato sempre rinviato. Il primo passo ufficiale per il riconoscimento del popolo rom come
soggetto politico istituzionale, con il diritto all’autodeterminazione.

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Ma cosa significa quel verbale? I rom avranno le case popolari? Per capire quello che è successo bisogna parlare dell’esistenza della Comunicazione n.173 del 4 aprile 201 della Commissione Europea recante il quadro dell’UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020. Nella Comunicazione si fa riferimento ad una serie di problematiche e di divari da colmare in modo da favorire l’inclusione dei rom e limitare anche le situazioni di disagio sociale tra cui l’accesso all’istruzione pubblica per i minori, l’accesso all’assistenza sanitaria, all’occupazione e infine l’accesso all’alloggio e ai servizi essenziali. La Commissione Europea scriveva a tal proposito:

Per tale motivo gli Stati membri dovrebbero promuovere un accesso non discriminatorio all’alloggio, incluse le abitazioni sociali. Gli interventi nel settore abitativo devono far parte di un approccio integrato comprendente, in particolare, l’istruzione, la sanità, l’assistenza sociale, l’occupazione e la sicurezza, nonché provvedimenti contro la segregazione. Gli Stati membri dovrebbero inoltre affrontare le esigenze specifiche dei Rom non sedentari (ad esempio permettere loro di accedere ad aree di sosta adeguate). Gli interventi dovrebbero essere realizzati attivamente con programmi mirati che coinvolgano autorità regionali e locali.

Si tratta di un documento con il quale, come è spiegato sul sito dell’UNAR (Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali), la Commissione ha sollecitato gli Stati membri all’elaborazione di strategie nazionali di inclusione dei Rom o all’adozione di misure di intervento nell’ambito delle politiche più generali di inclusione sociale per il miglioramento delle condizioni di vita di questa popolazione. Nel 2012 il Governo italiano ha deciso di attuare quanto stabilito dalla Comunicazione 173 e ha stilato un piano con la strategia nazionale d’inclusione dei rom, dei sinti e dei caminanti. Come è facile immaginare una delle situazioni più delicate nell’ambito della discriminazione delle persone rom, sinti e caminanti è l’accesso all’’edilizia residenziale pubblica. Questo non significa che tutti quelli che vivono nei campi avranno diritto ad un alloggio popolare ma che la Stragegia si propone di

svolgere le opportune azioni di indirizzo politico e programmatico affinché sia pienamente assicurato il principio di parità di trattamento nell’accesso all’edilizia residenziale pubblica ed efficacemente contrastata ogni potenziale clausola discriminatoria eventualmente prevista nei bandi pubblici di assegnazione degli alloggi di edilizia popolare.

Ovvero, chi avrà diritto potrà partecipare al bando ed eventualmente ottenere l’assegnazione, chi invece non ne avrà diritto non potrà parteciparvi. Va da sé che se davvero si vuole arrivare allo sgombero dei campi rom (nei fatti, non come fece qualche anno fa l’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni) per i nuclei familiari che risulteranno non essere in grado di provvedere ad una diversa soluzione abitativa i comuni dovranno farsi carico di trovare un alloggio. Ma l’edilizia popolare non è l’unica soluzione prevista dal piano che prevede anche le seguenti ipotesi: sostegno all’acquisto di abitazioni ordinarie private; sostegno all’affitto di abitazioni ordinarie private; autocostruzioni accompagnate da progetti di inserimento sociale fino all’affitto di casolari/cascine di proprietà pubblica in disuso.
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Non è quindi come scrive il Corriere e nemmeno come sostiene il consigliere capitolino della Lista Marchini Alessandro Onorato. La sindaca Raggi non sta dando un alloggio popolare i rom del campo di via Salviati: è il Governo che si è impegnato, entro i prossimi quattro anni, ad eliminare gli ostacoli che impediscono alle famiglie rom di entrare in graduatoria per l’assegnazione di un alloggio pubblico. Quello che è successo ieri è il primo passo di un lungo processo di mediazione che porterà ad individuare quelle famiglie che ne hanno diritto.
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Se il Corriere della Sera ritiene che si tratti di un avvenimento shockante o inaudito dovrebbe leggere il contenuto della legge regionale 82/1985 della Regione Lazio dove si parla di erogazione finanziaria atta al “reinserimento o l’acquisto della casa per le suddette popolazioni che preferiscano adottare la vita sedentaria“. Forse è più shockante vivere in condizioni precarie che prendere atto che anche i rom hanno dei diritti e non devono essere discriminati.
 

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