La caduta del Muro del Grillino

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-11-14

Due retroscena pubblicati oggi sul Corriere della Sera e sul Messaggero raccontano che la guerra interna tra i parlamentari e il leader è ormai arrivata a un punto di non ritorno

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La balcanizzazione del MoVimento 5 Stelle prosegue e nel mirino c’è il cinghialone Luigi Di Maio. Due retroscena pubblicati oggi sul Corriere della Sera e sul Messaggero raccontano che la guerra interna tra i parlamentari e il leader è ormai arrivata a un punto di non ritorno. Emanuele Buzzi  racconta che la scelta di Patuanelli «plenipotenziario» ha scatenato una ridda di voci all’interno del Movimento.

C’è chi sostiene che in questo modo il capo politico sia stato «messo all’angolo», «commissariato», dimostrando che «non ha più il controllo dei gruppi». «Sta alimentando perplessità trasversali», puntellano l’affondo alcuni pentastellati, prefigurando «ulteriori sviluppi». I lealisti, invece, danno una lettura diversa. «Luigi cerca la collegialità e sta solo dando seguito a quanto ha dichiarato finora. Con Patuanelli non ci sono tensioni».

Lo stesso Di Maio, parlando con i suoi e ricordando che il governo cercherà di far rispettare gli impegni per difendere i lavoratori e i cittadini di Taranto, cerca di stemperare la polemica: «È giusto che decida il Parlamento, perché è il Parlamento a essere sovrano ed è importante ampliare il dibattito alle altre forze di maggioranza». Ma i contrasti interni non sembrano fermarsi solo all’Ilva. C’è tensione anche sulla nuova struttura di comando. I facilitatori, «un team di circa 18 persone più il capo politico», non convincono una fetta dei parlamentari, che temono che gli eletti della nuova struttura «possano fungere da capri espiatori senza avere nessun potere». All’interno del gruppo però non c’è compattezza: lo dimostra il fatto che ieri alla Camera ci sia stata ancora una volta una fumata nera sull’elezione del capogruppo.

m5s guerra

Simone Canettieri sul Messaggero invece racconta che i senatori chiamano Grillo per farlo intervenire:

L’ultima telefonata lunedì. La briga se l’è presa un senatore M5S a nome di un gruppo abbastanza nutrito di malpancisti: «Ti prego, Beppe, ritorna. Prendi in mano la situazione, altrimenti così implodiamo. Non sappiamo dove andare». Beppe Grillo però sembra voler prendere tempo. Non si espone. Anzi, manda a dire a chi lo invoca, chi gli scrive, chi gli telefona «avete un capo p litico, se la sbrigherà lui». In queste ultime settimane, racconta chi lo conosce bene, il fondatore e garante del M5S ha la testa altrove.

Ma al di là di questo, riferisce chi ha raccolto i suoi sfoghi più recenti, non ha intenzione di scendere in campo. I rapporti con Luigi Di Maio sono «inesistenti, ma civili». Grillo è diventato una sorta di ufficio lamentele: chi conta lo contatta direttamente, chi ha meno confidenza e peso parla con i suoi collaboratori. La musica però è sempre la stessa: una lunga serie di appunti sull’andazzo del M5S. La mancanza di una bussola, il ruolo di Di Maio, i rapporti con il Pd, le alleanze alle regionali. Il timore che il ministro degli Esteri voglia far saltare il tavolo. «Ma per fare cosa?».

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