Giuseppe Conte e il muro della Germania su Coronavirus, MES e Fondo Salva-Stati

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-03-27

Berlino si mette di traverso sugli European Ricovery Bond. Dando così ragione agli antieuropeisti

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Alla fine non si arriva all’accordo in Europa sulla mutualizzazione del debito per l’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 e la Germania continua nella sua corsa solitaria verso il vaffanculo da parte degli altri stati europei. Tommaso Ciriaco e Alberto D’Argenio su Repubblica spiegano che i soliti “paesi del Nord” – ma con i tedeschi in prima linea – hanno bloccato tutto:

È una riunione infuocata. E il pendolo, almeno per adesso, va nella direzione contraria agli Eurobond. La ragione ruota attorno alla figura di Angela Merkel. La Cancelliera li boccia. E questo, nonostante il fatto che David Sassoli e Cristine Lagarde si schierino a favore dei titoli di debito comunitari. Più freddi invece il presidente del Consiglio Ue Charles Michel e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Eppure, Giuseppe Conte aveva atteso il Consiglio con la speranza di avvicinare almeno di un po’ il compromesso. «Alla fine – prevedeva coi ministri dem, prima di tuffarsi nella notte più dura della trattativa più dura – troveremo un punto di caduta». L’obiettivo era alzare il tiro a tal punto da consentire a Merkel di piegare le resistenze a Berlino – e quello di Paesi “satelliti” come Austria, Finlandia e Olanda – per avvicinare una soluzione.

L’idea del premier e di Sanchez era proporre gli European recovery bond, titoli europei vincolati alla crisi del virus ed emessi una tantum. Insomma dei Coronabond, senza “socializzare” il resto del debito pubblico dei Paesi membri. L’unico strumento davvero in grado di offrire ai Paesi più fragili migliaia di miliardi per rilanciare l’economia ed evitare il fallimento sotto il peso dei debiti accumulati in questi mesi. La differenza rispetto alla tradizionale idea di Eurobond è nel nome e nel loro utilizzo: la formula – escogitata dal partito di Macron su suggerimento dell’eurodeputato italiano Sandro Gozi – permette di legare l’emissione alla ripresa economica. Verrebbero proposti ai mercati una tantum, senza condividere il rischio sul debito limitandolo a una sola emissione.

giuseppe conte germania coronabond

La storia è già di per sé incredibile, visto che se la Germania riesce a dire di no anche nell’occasione dell’emergenza sanitaria non si capisce quando mai sarà il momento della mutualizzazione del debito europeo.

Una traccia l’aveva offerta proprio Conte, parlando al Senato di buon mattino. «Sono favorevole agli European Recovery Bond». Un modo per tranquillizzare chi, come il cancelliere austriaco Kurz, era contrario a una “mutualizzazione generalizzata”. «Non pensiamo alla mutualizzazione del debito – la replica in videoconferenza – ogni Paese continuerà a rispondere del proprio». E invece la trattativa sotterranea fallisce, almeno per adesso, sotto il peso dei veti del Nord, al «niente Coronabod» dell’olandese Rutte, e al «no way» della Merkel.

A poco serve l’appello del premier ai 27. Resterebbe la soluzione di Eurobond emessi solo dai nove Paesi del fronte del Sud. Non è chiaro se è quello a cui pensa Conte quando sostiene: «Se qualcuno pensa a meccanismi di protezione personalizzati elaborati in passato, voglio rispondere chiaramente: non disturbatevi, ve lo potete tenere, perché l’Italia non ne ha bisogno». A meno che, come prevede Macron, l’evoluzione della situazione non convinca Merkel a un cambio di rotta.

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