Di Maio, Di Battista e il complotto del Franco CFA che ci riempie di immigrati

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-01-21

Dopo aver dato la colpa a Soros e alle ONG improvvisamente il MoVimento 5 Stelle scopre che i migranti vengono in Italia per colpa del neocolonialismo francese. Peccato che le cose non stiano così. E a dimostrarlo sono proprio i dati del Ministero dell’Interno. La domanda a questo punto è: fra quanto tempo Di Maio&Co daranno la colpa ai Rettiliani?

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Forse gli elettori del governo Conte-Di Maio-Salvini ancora non si sono accorti che per i migranti la pacchia non è finita come invece va dicendo il ministro dell’Interno dal giorno del suo arrivo al Viminale. Ma non c’è dubbio che dalle parti dell’esecutivo gialloverde, nonostante i tentativi di ostentare sicurezza e tranquillità facendosi selfie con pasta all’uovo fatta in casa, ci sia un certo nervosismo dopo i due naufragi che hanno causato 170 morti. Non potendo più dare colpa alle ONG e non potendo accusare i partner libici di non essere intervenuti per tempo come invece avrebbero dovuto fare ecco che Lega e MoVimento 5 Stelle riscoprono il sovranismo africano.

Il nuovo capro espiatorio del governo: il neocolonialismo francese

«Il posto dei migranti è in Africa, non in fondo al mare», spiegava Luigi Di Maio qualche giorno fa riprendendo un vecchio slogan già utilizzato da Grillo che anni fa sul Blog scriveva che in Europa tutta l’Africa non ci sta. La colpa non è più dei taxi del mare – altra spregevole iniziativa propagandistica del M5S volta a screditare l’operato delle ONG – ma dei poteri forti. Questa volta tocca alla Francia, potenza post-coloniale con molteplici interessi in Africa. In nome del principio di autodeterminazione dei popoli si vorrebbe così negare il diritto degli individui a cercare una condizione di vita migliore altrove, perché l’importante non è certo affrancare i paesi africani dalla schiavitù imposta dai paesi occidentali ma semplicemente mettere un “tappo” per bloccare le partenze. Finché quel tappo è costituito dai centri di detenzione in Libia in pochi nel governo hanno avuto qualche rimostranza da fare. Ma anche la Libia ha detto chiaramente che non vuole essere il campo profughi dell’Europa e quindi il problema viene scaricato più a Sud.

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Di Battista con un fac-simile di Franco CFA a Che Tempo Che Fa

Ma la diga libica non tiene. Il paese con il quale il governo Conte ha stipulato patti e accordi (in diretta continuità con le politiche del governo precedente) non è in grado di trattenere i migranti che tentano la via del mare per entrare in Europa. E in Europa il governo ha coraggiosamente deciso di schierarsi a fianco dei paesi del gruppo di Visegrad, quelli che alzano muri, reticolati e si rifiutano categoricamente di fare la loro parte per l’accoglienza dei migranti che sbarcano nel nostro Paese.

La balla del Franco CFA che ci riempie di migranti

Nella narrativa sovranista la Francia è – assieme alla Germania – uno dei paesi che di fatto controllano l’UE (si veda ad esempio la recente critica contro la doppia sede del Parlamento europeo a Strasburgo). Insomma: è un nemico, e questo governo ha più che mai bisogno di nemici “esterni” per compattare il consenso dei patridioti. Il M5S evidentemente ha letto il libro «L’arma invisibile della Françafrique: storia del franco CFA» pubblicato dalla giornalista francese Fanny Pigeaud e dall’economista senegalese Ndongo Samba Sylla. Il Franco CFA (acronimo di Comunità Finanziaria Africana) è la moneta utilizzata in 14 stati africani, per la maggior parte ex colonie francesi, quali Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal, Togo, Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Gabon, Guinea Equatoriale e Ciad. Ci sono due distinte “regioni” del Franco CFA e in entrambe non è una “moneta francese” ma una valuta agganciata ad un rapporto di cambio fisso con l’Euro (il che non è necessariamente un male). Essendo un sistema a cambio fisso la Francia è garante di quel tasso e per questo le banche centrali africane (ebbene sì, esistono) hanno depositato del denaro presso quella francese che viene utilizzato per compensare eventuali fluttuazioni del cambio. Per Di Battista – che evidentemente di economia ne capisce meno di quanto ne capisca di geopolitica – questa “imposizione” è un furto.

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Giorgia Meloni, quella che vuole combattere il neocolonialismo con un atto di guerra contro un paese africano: il blocco navale

Secondo Di Maio «Se oggi la gente parte dall’Africa è perché alcuni paesi europei con in testa la Francia non hanno mai smesso di colonizzare decine di Stati africani» mentre per Alessandro Di Battista il Franco CFA è una “manetta” che impedisce ai paesi che lo utilizzano di raggiungere la piena sovranità monetaria. Insomma è un po’ come  i pentastellati descrivevano l’euro all’epoca in cui volevano un referendum per far uscire l’Italia dalla moneta unica europea per poter fare un po’ più di debito pubblico. Pare infatti che alla fine il leader africano Matteoh Samba Sillay Salvainy ha dichiarato che resterà nel franco CFA per cambiarlo da dentro, ma pare che il suo esperto di temi economici e Claudio Borgaugaudau non abbia preso bene questo dietrofront. Senza il Franco CFA quei quattordici stati africani sarebbero paesi ricchissimi, o quanto meno sufficientemente ricchi da tenersi in casa tutti gli africani che non vogliamo in Europa.

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Ecco quindi l’idea geniale del M5S: insegnare agli elettori che ora non devono più prendersela con i buonisti delle ONG e con Soros ma con i neocolonialisti francesi. Le menzogne di Di Battista – quello con un master in diritti umani e un passato da cooperante – vengono presto allo scoperto. Se si guardano infatti i dati delle provenienze dei migranti sbarcati – compresi quindi anche i richiedenti asilo – nel corso del 2018 si scopre che la maggior parte proviene da nazioni dove non viene utilizzato il Franco CFA.

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Lo stesso dato emerge anche se si osservano i dati sulle nazionalità dichiarate dai migranti sbarcati nel corso del 2017. Certo, ci sono anche persone che provengono, ad esempio dalla Costa d’Avorio, ma non sono la componente preponderante dei flussi migratori verso l’Italia. Il che significa che il Franco CFA non è il problema principale, perché chi emigra lo fa anche da altri paesi africani, alcuni, come ad esempio Eritrea e Etiopia (ma anche Libia) sono ex colonie italiane. Inoltre i nostri prodi sostenitori dell’emancipazione dei popoli africani “dimenticano” di menzionare che proprio Macron durante un vertice in Mali disse che «Se non si è felici nella zona franco, la si lascia e si crea la propria moneta come hanno fatto la Mauritania e il Madagascar». Lasciare il Franco CFA è quindi possibile ma bisogna volerlo, e c’è chi, come il presidente del Gabon Casimir Oye Mba (già direttore della Bank of the Central African States) ritiene che i paesi africani abbiano maggiori vantaggi a stare all’interno della zona franco che fuori. Inutile poi ricordare che un’eventuale fine del Franco CFA non comporterebbe l’uscita delle aziende francesi che operano nelle ex colonie, così come aziende italiane (come ENI) non hanno alcuna difficoltà ad operare in Africa in mancanza di una moneta “italiana”. Forse prima o poi anche l’esperto di diritti umani Di Battista si accorgerà che semplificare e banalizzare la questione migratoria è solo un altro modo per dire “aiutiamoli a casa loro”, nell’accezione usata dalla Lega Nord che la usava come scusa per giustificare la xenofobia nei confronti di negri, terroni e immigrati vari.

Leggi sull’argomento: Di Battista e le trame dei Benetton contro pòro Toninelli

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