È arrivato il tempo di una donna (capace e credibile) al Quirinale

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L'appello di Dacia Maraini e firmato da decine di donna della cultura e dello spettacolo accende il dibattito sulla prima donna Presidente della Repubblica. Un passo di civiltà. A patto che...

“Vogliamo dirlo con chiarezza: è arrivato il tempo di eleggere una donna”. Comincia così l’accorato appello lanciato da Dacia Maraini alle forze politiche e firmato da decine di donne della cultura e dello spettacolo, da Luciana Littizzetto a Sabina Guzzanti, da Michela Murgia a Fiorella Mannoia, a Serena Dandini, e molte altre. Una iniziativa importante, meritoria, che riporta con forza l’attenzione sul tema della rappresentanza femminile nella politica e, in particolare, nella più alta carica della Repubblica. E sarebbe bene che la politica desse, una volta tanto, una risposta degna dell’enorme responsabilità alla quale è chiamata, attraverso i suoi grandi elettori, a partire dal pomeriggio del 24 gennaio, prima chiamata per l’elezione del Presidente della Repubblica.



foto IPP/zumapress
roma 24-11-2016
presentazione del film L’amore Rubato
nella foto la scrittrice dacia maraini
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Eppure c’è un passaggio, nell’appello di Maraini, che stona un poco con lo spirito stesso della proposta, ed è questo. “Non è questa la sede per fare un elenco di nomi, ma molte donne hanno ottenuto stima, fiducia, ammirazione in tanti incarichi pubblici ricevuti, e ci rifiutiamo di pensare che queste donne non abbiano il carisma, le competenze, le capacità e l’autorevolezza per esprimere la più alta forma di rappresentanza e di riconoscimento. Questo è il punto”. Vero, verissimo. Ma, se è vero come è vero che molte donne si sono conquistate questo credito, non sarebbe più utile ed efficace farli questi nomi e cognomi. Dar loro un’identità chiara, precisa, indiscutibile, per almeno due ragioni altrettanto valide.

La prima: dar piena dignità alla loro figura, riconoscendole per i loro meriti, prima che per qualunque identità di genere. Sarebbe un modo ulteriore per sottolineare l’eccellenza di tante donne che si sono distinte in questi anni in vari campi, dalla politica pura (pensiamo solo a Rosy Bindi, Livia Turco, Emma Bonino, Anna Finocchiaro, la stessa Luciana Castellina) alle battaglie civili (Liliana Segre), fino alla scienza (Fabiola Gianotti) e togliere alibi e fiato a quanti, ancora oggi, nascondono dietro una presunta meritocrazia la propria intima e inconfessabile misoginia.



E c’è poi una ragione di merito. Invocare una donna purché sia, senza filtri né distinzioni, è certamente un modo per ribadire un principio al di sopra di qualunque giudizio o pregiudizio politico. Ma, per la stessa ragione uguale e opposta – l’adesione acritica a un principio – rischia di andare incontro a un cortocircuito ideologico non indifferente. Poiché, una volta accettate le precondizioni, a quel punto, per coerenza, dovremmo accettare docilmente anche nomi irricevibili come l’attuale Presidente del Senato Casellati, la discutibile Letizia Moratti o, in prospettiva (una volta che sarà anagraficamente candidabile) anche Giorgia Meloni: donne che hanno costruito la propria carriera politica attorno al culto di una leadership maschile e maschilista, al punto di arrivare – nel caso di Meloni e Casellati – a votare per Ruby nipote di Mubarak. Non esattamente un esempio adamantino di difesa dei diritti di genere, insomma.

È arrivato il tempo di una donna Presidente della Repubblica, e quest’appello ne ha colto bene lo spirito e l’urgenza. Ma è, prima di tutto, il tempo di una donna capace, credibile, competente, e abbiamo solo l’imbarazzo della scelta. Altrimenti sarà solo una vittoria di Pirro e l’ennesima occasione persa.