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Donald Trump e la cura del plasma per il Coronavirus

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-08-24

Il presidente spinge la FDA a dare un’autorizzazione urgente per la cura del plasma iperimmune contro il Coronavirus: “È la cura più urgente che possiamo usare in questo momento”. Era stata bloccata da Fauci e da altri dottori dopo che i risultati di uno studio sul sangue non erano stati convincenti. Intanto il presidente punta a fare come Putin sul vaccino

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“La Fda ha dato autorizzazione urgente per la cura con l’utilizzo del plasma dei guariti”. Lo ha dichiarato il presidente americano, Donald Trump, in conferenza stampa alla Casa Bianca, che lo ha definito “un annuncio storico”. “È la cura più urgente che possiamo usare in questo momento”. E ancora: “Invitiamo tutti i guariti dal Covid-19 a donare il plasma per aiutarlo a usarlo nelle cure”.

Donald Trump e la cura del plasma per il Coronavirus

Trump ha assicurato che la decisione “non ha nulla a che fare con la politica”. Alla conferenza stampa hanno partecipato anche il ministro delle salute Alex Azar e il capo della Food and Drug Administration Stephen Hahn. Quest’ultimo, rispondendo ad una domanda se la terapia è efficace, ha detto che è “potenzialmente promettente” e ha precisato che non si tratta di una autorizzazione tradizionale, ma di una espansione dell’uso del plasma di soggetti convalescenti nel trattamento contro Covid-19. C’è però un problema: nei giorni scorsi il presidente aveva accusato dirigenti non meglio precisati della stessa Fda di fare giochi politici e di rallentare terapie e test del vaccino “sperando di ritardare la risposta a dopo le elezioni”. La speaker della Camera Nancy Pelosi aveva definito “pericolose” le sue insinuazioni.

cura plasma coronavirus donald trump
Proprio la scorsa settimana, secondo quanto riportato dal New York Times, l’autorizzazione della Fda all’uso di emergenza del plasma per curare il covid-19 era rimasta bloccata dopo l’intervento di alcuni dirigenti sanitari, tra cui Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases e membro della task force della Casa Bianca contro la pandemia, entrato più volte in conflitto con Trump sulla gestione della crisi. Secondo questi dirigenti, i dati raccolti finora sul plasma convalescente erano troppo deboli. Da marzo ad oggi comunque negli Usa sono già stati trattati in via sperimentale con questa terapia circa 70 mila pazienti.

Ma la cura del plasma per il Coronavirus funziona o no?

La partita è aperta anche con il vaccino. Secondo il Financial Times, Trump sta valutando la possibilità di aggirare i normali standard normativi Usa per accelerare l’iter del vaccino sperimentale contro Covid-19 così da poterlo utilizzare prima delle elezioni del 3 novembre. Il piano prevede che la Fda conceda ad ottobre “l’autorizzazione all’uso di emergenza” del vaccino sviluppato dall’Università di Oxford con AstraZeneca, sulla base dei risultati di uno studio britannico relativamente piccolo. Una mossa che potrebbe farlo risalire nei sondaggi ma che rischia di strumentalizzate politicamente la pandemia.

plasmaferesi cura del sangue coronavirus 2

Infografica dell’ANBI

Nella plasmaferesi il sangue convalescente viene raccolto da pazienti che si sono ripresi da COVID-19. L’idea è che il plasma, che contiene anticorpi contro il virus, venga somministrato a pazienti in condizioni critiche. A marzo, la FDA ha creato un percorso con linee guida rigorose per i medici per utilizzare il plasma convalescente su pazienti COVID-19 gravemente malati. Racconta il New York Times che diversi alti funzionari sanitari – guidati da Collins, direttore del National Institutes of Health, Fauci, il massimo esperto di malattie infettive del governo, e Lane – hanno esortato i loro colleghi la scorsa settimana a tenere a bada, citando i dati recenti del più grande studio sul plasma del paese, gestito dalla Mayo Clinic. Pensavano che i dati dello studio fino ad oggi non fossero abbastanza forti da giustificare un’approvazione di emergenza.

La ricerca includeva più di 35.000 pazienti con Covid-19, molti dei quali in terapia intensiva e aiutati a respirare dai ventilatori, e ha spiegato che il plasma somministrato entro tre giorni dalla diagnosi riduceva i tassi di mortalità. Un mese dopo le infusioni il tasso di mortalità dei pazienti che hanno ricevuto plasma entro tre giorni dalla diagnosi era inferiore (21,6%) rispetto a quelli che avevano ricevuto plasma successivamente (26,7%). Ma lo studio non ha avuto un gruppo di controllo di pazienti a cui è stato somministrato un placebo da confrontare con quelli a cui è stato dato plasma, rendendo difficile per gli scienziati valutare se il trattamento ha funzionato davvero. E data la limitata disponibilità di plasma, non è chiaro quanto sarebbe realistico trattare i pazienti entro tre giorni dalla diagnosi.

Nel maggio scorso Giustina De Silvestro dell’Unità immunotrasfusionale di Padova ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera per parlare della plasmaferesi per il Coronavirus SARS-COV-2 e per COVID-19 e delle possibili applicazioni della cura del sangue, chiarendo anche quante persone si possono curare con il plasma di un convalescente e quanto è difficile produrlo:

«I risultati avuti fin qui sono incoraggianti, sì, anche se sono la prima a dire che non potrà essere una terapia risolutiva. È una risposta alla malattia e per ora non ce ne sono altre. Troveremo farmaci che impediranno la replicazione del virus, ma oggi terapie specifiche non ne abbiamo, e avere a disposizione il plasma diventa importante».

Su quanti donatori potete contare?
«Abbiamo in lista —cioè che hanno già donato o sono in programma per farlo—140 ex pazienti, ma il nostro protocollo ne prevede fino a 300 e il numero può crescere. Finora hanno fisicamente donato una cinquantina di persone e di 30 abbiamo già le sacche di plasma. Preleviamo 600 millilitri da ogni donatore e dividiamo in tre dosi da 200».

Con il plasma di ciascuno quanti malati potete curare?
«Dipende dalla quantità di anticorpi che il donatore ha sviluppato. Se ne ha una quantità elevata una singola persona può essere sufficiente per aiutare un malato».

Per quanto tempo si può conservare il plasma?
«Può restare nei congelatori per alcuni anni, sicuramente almeno due. È un prodotto testato, sicuro, prelevato con criteri scientifici rigorosissimi e secondo diverse appartenenze di gruppi sanguigni. È materia preziosa».

Virologi e immunologi temono molto una nuova ondata epidemica in autunno. In quale scenario lei immagina oggi di esaurire le sue scorte di plasma? 
«Su questo non ho risposte. È un grande punto di domanda per tutti e la risposta dipenderà da come si comporterà ciascuno di noi».

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