Come Di Maio vuole tentare di mettere una pezza al caso Whirlpool

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-06-07

Il ministro dello Sviluppo Economico non ci sta a passare per quello distratto e soprattutto a farsi prendere in giro dall’azienda e minaccia di chiedere indietro gli incentivi statali. Il problema è che con la normativa vigente non lo può fare

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Anche nel suo piccolo Luigi Di Maio si incazza. «Non si prende per il culo lo Stato italiano. Non con me, non con questo governo» aveva detto il bisministro e vicepremier parlando dell’annuncio di Whirlpool di vendere lo stabilimento di Napoli e lasciare a casa 430 lavoratori. Il ministro dello Sviluppo Economico la prende sul personale perché l’azienda americana gli ha fatto fare una figuraccia di quelle epocali. Era stato infatti lui a firmare l’accordo con Whirpool ad ottobre 2018 ed era il suo Ministero che avrebbe dovuto vigilare sul rispetto degli impegni da parte della proprietà.

Di Maio minaccia di ritirare gli incentivi ma manca la legge per poterlo fare

Il MISE si è trovato davanti ad un fatto compiuto, e Di Maio deve cercare in qualche modo di non perdere la faccia e salvare i lavoratori napoletani. Lo Stato – in questo caso il ministro – vuole farsi rispettare perché non può permettersi che un’azienda cambi le carte in tavola dopo sette mesi. Ieri a Radio Anch’io il ministro ha detto di essere «un po’ stufo di aziende che firmano gli accordi e poi non tengono fede a questi accordi». Certo, forse Di Maio ritiene che una volta firmato il contratto e fatto le foto di rito il suo lavoro sia finito, ma non è così. «Ho detto chiaramente alla Whirlpool che se non rispettano l’accordo di tenere aperti gli stabilimenti io gli revoco 15 milioni di incentivi che gli abbiamo dato».

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Una minaccia di quelle toste, che fanno capire che il governo i soldi che ha dato li rivorrà indietro. Ma Di Maio come sempre vende la proverbiale pelle dell’orso prima di averla presa. Perché allo stato attuale della normativa quello che si propone di fare non lo può fare. Perché – come spiegano Valerio Iuliano e Francesco Pacifico sul Mattino di oggi – l’erogazione degli incentivi è vincolata all’utilizzo di quel denaro all’interno di un preciso stabilimento. Insomma il ministro potrebbe chiedere indietro i soldi usati nella fabbrica di Napoli e non quelli destinati ad essere utilizzati altrove.

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Di Maio vorrebbe togliere dei soldi che Whirlpool potrebbe utilizzare in uno degli altri stabilimenti in Italia in base al fatto che nel Piano Industriale siglato dall’azienda sono compresi anche altri siti produttivi. Il problema è che così non solo si mette in difficoltà una delle altre fabbriche di Whirlpool in Italia ma che non c’è al momento una legge che lega i fondi e gli incentivi governativi ad un piano industriale aziendale articolato su più stabilimenti. Certo, Di Maio quella legge può presentarla e farla approvare, ma da qui ad annunciare che ha intenzione di revocare 14 o 15 milioni di euro come “ritorsione” e lasciare intendere che lo può fare già oggi ce ne passa. Bisognerà valutare bene la portata di quel provvedimento perché il rischio è quello di innescare un effetto domino che spinga l’azienda ad abbandonare tutti i siti produttivi, allargando le dimensioni della crisi aziendale con il “contagio” verso altri stabilimenti.

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