Di Maio e il grande ritorno della manina

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-10-26

Decreto fiscale, una norma apre alle imprese della Difesa i progetti allo sviluppo. Un aiuto al settore, che sta per perdere 700 milioni dello Stato. Fondi della cooperazione a chi fa armi: scontro 5S-PD

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Luca De Carolis e Carlo Di Foggia raccontano oggi sul Fatto Quotidiano che MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico stanno litigando su  un comma – fortemente voluto dal Tesoro pare su indicazione della Difesa –che autorizza anche le imprese militari italiane a partecipare alle iniziative di cooperazione allo sviluppo con progetti di tipo civile.

LA NORMA è il comma 2 dell’articolo 54 del decreto (“Misure a favore della competitività delle imprese ital ia ne ”). Nella relazione tecnica si spiega che serve “per eliminare uno svantaggio competitivo per il sistema produttivo nazionale”. Oggi le imprese che operano nel l’ambito delle tecnologie avanzate e quindi producono sistemi civili, duali e militari, devono iscriversi all’apposito registro del ministero della Difesa previsto dalla legge 185 del 1990 per il controllo dei trasferimenti di armamenti. In sostanza, è la condizione necessaria per poter esportare armi all’estero.

E infatti sono iscritte tutte le imprese dell’industria militare da Leonardo (ex Finmeccnica) a Beretta, Avio, Elettronica e così via discorrendo. Per il solo fatto di essere nel registro, queste imprese non possono accedere a finanziamenti che riguardano progetti di cooperazione allo sviluppo, cioè quelli che, per usare una sintesi estrema, di regola sostengono Paesi emergenti e Ong. La norma del decreto fiscale elimina questo automatismo e specifica che, se il progetto è civile, l’aziendapuò partecipare ai bandi.

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Il tesoro non ha avvisato della norma l’ufficio legislativo del ministero degli Esteri. Che ha chiesto spiegazioni al Tesoro. In viale XX Settembre non l’hanno presa bene e hanno minacciato di bloccare tutto se il comma – spinto, dicono fonti 5Stelle, dal ministero della Difesa guidato dal dem Lorenzo Guerini –non fosse passato. Ma lo staff di Di Maio si è impuntato: non può passare. E così da due giorni il decreto è fermo. Probabile che alla fine sarà il Tesoro a cedere, anche perché Palazzo Chigi ha deciso di mediare.

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