La mediazione di Di Maio convincerà Mattarella?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-05-27

Salvini non cede, il Colle nemmeno e allora il M5S tenta una soluzione diplomatica: un viceministro europeista e meno deleghe a Savona. Ma…

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Il MoVimento 5 Stelle è il partito che ha più da perdere dallo scontro istituzionale innestato sul nome di Paolo Savona, che la Lega vuole come ministro dell’Economia nonostante il veto di Mattarella. E allora Luigi Di Maio si incarica di provare l’ultima mediazione.

La mediazione di Di Maio convincerà Mattarella?

L’ipotesi parte dall’ultimatum di Salvini che anche ieri ha confermato indirettamente di non avere intenzione di cedere sul nome di Savona. Secondo il M5S, spiega il Fatto Quotidiano, non ci sono accordi definiti sul nome del viceministro e lì, se il Quirinale volesse, “si potrebbe piazzare la pedina gradita a Mattarella: sempre un keynesiano, sempre uno spirito critico nei confronti dell’Unione, certo, ma che non abbia alcuna fantasia anti-euro e che abbia la formazione e l’autorevolezza necessarie a “parlare con Merkel e Macron”.

Per di più, suggeriscono ancora Di Maio e i suoi, gli ottant’anni passati di Savona non gli permetterebbero certo di fare avanti e indietro in aereo da Bruxelles: il viceministro, quindi, sarebbe un facente funzioni in più di una occasione. L’identikit dei papabili ricalca alcuni curriculum prestigiosi, seppur (come prevedibile) non tutti giovanissimi: da Bankitalia, per dire, vengono Pierluigi Ciocca e Stefano Micossi; così come potrebbero avere lo standing giusto Marcello Messori (già presidente di Ferrovie) e l’ex capo dell’Istat Enrico Giovannini.

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La soluzione non dispiace a Salvini, che porterebbe a casa un punto decisivo. Anche se proprio Giovannini nei giorni scorsi aveva fatto sapere di non aver intenzione di stare in un governo con la Lega perché di sinistra. Sul piatto dell’offerta, i grillini hanno rimesso anche un nome già circolato nei giorni scorsi, Enzo Moavero Milanesi, che come ministro per gli Affari Europei sarebbe ulteriore garanzia per arginare Savona.

Paolo Savona e le deleghe

Un’altra ipotesi che circola è quella di separare il Tesoro dalle Finanze, come nella Prima Repubblica e prima della creazione del dicastero unico dell’Economia. Secondo Repubblica si creerebbero  due distinte poltrone e su quella del Tesoro si potrebbe dirottare Savona, con la prima da assegnare invece ad un altro esponente della maggioranza. Sarebbe un modo per depotenziare una carica no euro potenzialmente esplosiva, sarebbe infatti il ministro del Tesoro a rappresentare il Paese in sede UE. Insomma, un modo per circoscrivere e limitare i danni che il presidente teme.

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I mercati e la finanza pubblica (Corriere della Sera, 26 maggio 2018)

Marzio Breda, la “voce” del Quirinale sul Corriere della Sera, spiega però che Mattarella non ha intenzione di cedere e ritiene di essere nel giusto:

Il presidente non può cedere non solo perché l’economista antitedesco e antieuro verrebbe «imposto» al premier e a lui stesso, alla faccia della loro autonomia, ma perché è in gioco la dignità e l’autorevolezza della sua carica. Mattarella quelle prerogative vuole e deve preservarle intatte per i suoi successori: lo ha ricordato un paio di settimane fa a Dogliani, citando Einaudi.

Per il Colle, insomma, non è questione di impuntature ideologiche, quanto di realismo e di cura dell’interesse nazionale che, con le ricette anti euro,sarebbe pericolosamente in gioco.

Altre soluzioni “diplomatiche”

Altre soluzioni diplomatiche spuntano dal cilindro: la prima era quella, considerata ormai tramontata, di spostare Savona agli Affari Europei, dove potrebbe portare avanti le sue idee di riforma dell’Unione Europea, oppure da qualche “dichiarazione correttiva” dell’economista eretico prima che Conte salga al Quirinale. D’altro canto i ministri bocciati dal Colle sono una tradizione: successe negli ultimi anni due volte a Silvio Berlusconi, con Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi, e una volta a Matteo Renzi con Nicola Gratteri bocciato da Giorgio Napolitano.

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I ministri bocciati dai presidenti della Repubblica negli anni (La Stampa, 27 maggio 2018)

Certo, l’abiura dovrebbe essere totale visto che proprio Savona, nel 2015, avrebbe introdotto la presentazione di un documento dal titolo «Guida pratica all’uscita dall’Euro» di Roger Bootle, pubblicata su Scenarieconomici.it. In quel documento l’uscita dall’euro viene presentata come punto di partenza di una nuova «era economica sovrana». Perché per uscire dalla morsa europea – si legge nelle slide della presentazione curata anche da Savona– è necessario tornare a stampare moneta in grandi quantità, riportando l’inflazione a due cifre. E poi andrebbe nazionalizzata Bankitalia e riportata sotto l’egida del ministero dell’Economia, si dovrebbe reintrodurre l’IRI e abolire l’articolo 81 della Costituzione («l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio»). Tutto questo nel segno di una «politica economica alternativa».

Il piano A, il piano B

Intanto Mattarella al Quirinale pensa al piano B. Se dovesse davvero saltare il governo Lega-M5S, il presidente della Repubblica varerà il suo governo “neutrale” che dovrà accompagnare il paese verso le elezioni più difficili della storia repubblicana, e che arriverebbero il più presto possibile, forse già a settembre in un paese che sarà lacerato dallo strappo istituzionale tra parlamento e Colle. Quelle elezioni, che costituiranno un “giudizio di Dio” e sul risultato delle quali a questo punto anche Mattarella si gioca il posto, e sul cui risultato ieri Massimo D’Alema parlando con Pietro Grasso ha già sentenziato che “Lega e M5S prenderanno l’80%” per il veto su Savona.

Forse per il Quirinale, vista la dimestichezza con i pronostici dell’ex Lìder Maximo (che dice “se noi dovessimo andare”, come se fosse lui a decidere: che romanticone!), l’ultima speranza è proprio questa.

In copertina: vignetta di El GiVa per neXt

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