Ma davvero per ridurre i compensi dei consiglieri regionali "basta un sì"?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-11-16

Con la riforma costituzionale Renzi ha promesso che si risparmierà anche sul costo dei consigli regionali. I consiglieri vedranno infatti i loro emolumenti ridotti in base all’indennità percepita dai sindaci dei comuni capoluogo di Regione. Ma dal momento che non ci sono i decreti attuativi non è ben chiaro cosa si intende per “emolumenti” e neppure su quanto percepiscono i primi cittadini c’è molta chiarezza

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Secondo Matteo Renzi e Maria Elena Boschi la riforma della Costituzione oggetto del referendum del 4 dicembre porterà un grande risparmio nelle casse dello Stato, non solo dovremo pagare meno politici a Roma (vista la riduzione del numero dei senatori e il fatto che il nuovi membri del Senato non avranno diritto all’indennità) ma ci saranno considerevoli risparmi anche per quanto riguarda gli enti locali. Non si parla soltanto della formale abolizione delle Province che cessano di esistere in Costituzione ma anche dei Consigli regionali. O meglio, degli stipendi dei Consiglieri regionali che, stando a quanto prevede la riforma costituzionale, potrebbero essere decurtati. I sostenitori del Sì parlano di 15 milioni di euro risparmiati, che salgono a 25 se si calcolano anche i dieci milioni derivanti dall’abolizione dei contributi ai gruppi consiliari regionali.

art 122 costituzione riforma stipendi consiglieri regionali limite
L’articolo 122 come è stato modificato dalla Riforma

 

L’entità degli emolumenti legata al numero di abitanti della città capoluogo

A stabilirlo è il nuovo articolo 122 della Costituzione, modificato dall’articolo 35 del testo della Riforma Renzi-Boschi che stabilisce che e gli emolumenti dei consiglieri regionali “nel limite dell’importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione”. Questo significa che in Costituzione è ora stato fissato un tetto ai compensi dei consiglieri che non potranno quindi ricevere un emolumento che sia superiore a quanto percepito dai sindaci delle città capoluogo della loro Regione di appartenenza che viene stabilito in base al numero di abitanti della città. Questo vale anche per il Presidente della Regione, gli assessori regionali e il Presidente del Consiglio Regionale. L’importo massimo che un consigliere regionale potrà percepire è fissato attualmente a 7.800 euro lordi (perché questo è lo stipendio massimo dei sindaci che amministrano le città al di sopra dei 500 mila abitanti) ma dal momento che ci sono regioni dove i capoluoghi di Regione sono meno densamente popolati allora i consiglieri di queste regioni non potranno arrivare a percepire un emolumento di questa entità. Ci sono però dei dubbi su quanto questa nuova norma inciderà effettivamente su quanto i consiglieri regionali percepiranno. Ad esempio innanzitutto non è chiaro cosa intende il legislatore per “emolumenti” perché una quota parte di quanto percepito mensilmente dai politici regionali è fatta anche dai rimborsi spesi e non è stato specificato ancora – visto che la riforma non è ancora stata approvata mancano alcuni decreti attuativi – se con emolumenti si intende il totale di indennità e rimborsi spese (più eventuale indennità di funzione per i Presidenti di Regione) oppure solo l’indennità che costituisce il “fisso” mensile?

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Fonte: Il Tempo del 06/11/2016

Manca il decreto attuativo che stabilisce cosa siano gli emolumenti

Se cosi fosse, riportava il Tempo in un articolo qualche giorno fa allora i consiglieri di cinque Regioni (Lazio, Lombardia, Campania, Piemonte ed Emilia Romagna) vedrebbero addirittura aumentare l’assegno che la Regione stacca loro a fine mese. In altre regioni invece il criterio che lega l’emolumento agli abitanti della città capoluogo di Regione potrebbe effettivamente portare ad un taglio (anche drastico) dei compensi percepiti dai consiglieri regionali, è il caso del Molise ad esempio dove gli appena cinquantamila abitanti di Campobasso farebbero precipitare quasi del 70% l’importo degli emolumenti.


Non ci sono molte certezze riguardo cosa verrà davvero tagliato, ma in questo video la Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani parla esplicitamente di “taglio delle indennità” quindi sembrerebbe che i rimborsi spese – esentasse –  che invece continueranno ad essere erogati anche al di fuori (e soprattutto al di sopra) del già citato tetto massimo per gli emolumenti. Di fatto però in questo modo la riduzione sarebbe relativa e soprattutto non applicata a tutti i consigli regionali ma solo a quelli delle regioni meno popolose. Si potrebbe sicuramente risparmiare di più se nei decreti attuativi venisse precisato che con emolumenti si intende il complesso di indennità (comprese quelle di funzione) e diarie fosse parametrato a quanto percepisce il sindaco del comune capoluogo. Ma al di là di quanto detto da Serracchiani (e potrebbe essere una svista) non sembra un’ipotesi realistica perché anche il sindaco gode, oltre allo stipendio, anche del rimborso delle spese, ovvero proprio della diaria. Ed è infatti proprio su alcuni scontrini relativi ai rimborsi spese che Ignazio Marino perse la poltrona. C’è inoltre la questione relativa al fatto che in alcuni capoluoghi di Regione i sindaci si sono tagliati lo stipendio mentre in altri è stato “parificato” a quello dei sindaci di città con più di 500 mila abitanti (il massimo quindi). Infine i sindaci possono anche aumentarsi lo stipendio, ed è per questo che a Roma la Raggi percepisce attualmente 9.762,94 euro al mese (come anche i suoi predecessori) Oltre a dover definire nei decreti attuativi quanto percepiranno i consiglieri probabilmente il legislatore dovrà affrontare anche la questione dello stipendio dei sindaci dei comuni capoluogo. Non pare credibile che i consiglieri regionali accettino la possibilità di percepire uno stipendio pari a quello dei sindaci dei comuni capoluogo di Regione, addirittura senza diarie e rimborsi spese. Se così non fosse il risparmio ci sarebbe sì, ma non sarebbe così clamoroso come annunciato. Nel 2013 Roberto Perotti su La Voce.info indicava come riducendo i costi della politica dimezzando il numero dei consiglieri regionali e tagliando il 30% degli stipendi dei consiglieri regionali, ma le misure erano anche altre e non sembra siano state recepite in toto nella riforma.

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