Che cosa sono e a cosa servono i rating

di Massimo Scolari

Pubblicato il 2018-09-02

Cos’è l’effetto cliff? A cosa serve l’investment grade? Perché le agenzie di rating hanno una cattiva reputazione? Tutto quello che volevate sapere su Fitch, Standard & Poor’s e Moody’s ma non avete mai osato chiederlo

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Era il 1909 l’anno in cui John Moody cominciò a pubblicare valutazioni di rating sulle aziende del settore ferroviario degli Stati Uniti, utilizzando un ingegnoso sistema di raccolta di informazioni sugli avanzamenti dei lavori nell’Ovest tramite un servizio di pony express. Negli anni venti del secolo scorso nacquero altre agenzie di valutazione del credito ancora oggi molto note come Standard & Poor’s e Fitch. La storia delle agenzie di rating è quindi centenaria e ha accompagnato l’evoluzione dei mercati finanziari internazionali. Nel tempo la loro attività ha avuto, come molti altri settori, numerosi alti e bassi. La concentrazione del mercato e i conflitti di interesse sono stati oggetto di numerose critiche, in particolare in occasione dell’ultima grande crisi finanziaria.

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Che cosa sono e a cosa servono i rating? Sono giudizi sul merito di credito, cioè sull’affidabilità, di un’emittente di strumenti finanziari, in particolare di obbligazioni. Servono in particolare a ridurre, almeno parzialmente, l’asimmetria informativa tra emittente (prenditore di fondi) e l’investitore. L’emittente ha interesse ad accompagnare la propria richiesta di fondi sul mercato ad un giudizio indipendente sulla propria capacità di onorare i propri debiti. Un migliore giudizio determina un minore tasso di interesse che deve remunerare il prestito o l’obbligazione. Gli investitori, dal canto loro, possono beneficiare di un giudizio indipendente e sintetico che fornisce una valutazione sintetica del rischio dei propri investimenti. In alcuni casi il rating è richiesto (e pagato) dalle società emittenti (rating sollecitato); in altri casi, soprattutto nel caso di titoli di stato a larga diffusione il rating è “unsolicited”, cioè pubblicato di propria iniziativa dalla società di rating a favore dei propri clienti investitori.

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Il confronto tra rating e bond decennali (Il Sole 24 Ore, primo settembre 2018)

Contrariamente a quanto comunemente si pensa, l’attività delle agenzie di rating è sottoposto a stringenti regolamentazioni. Da più tempo negli Stati Uniti e più recentemente in Europa (dal 2010) le società autorizzate ad emettere rating sono vigilate dalle Authority (in Europa operano una trentina di società monitorate dall’Esma) e devono sottostare a precise regole di condotta. I rating sono espressi con sequenze di lettere (da tripla A a D) e rappresentano un indice sintetico di affidabilità a cui l’agenzia perviene mediante modelli proprietari di analisi e valutazione. Come tutti i giudizi sintetici non sono esenti da critiche, soprattutto da parte di chi riceve un voto troppo basso o un abbassamento della valutazione. Tuttavia, per quanto i giudizi siano di carattere assolutamente soggettivo, risultano molto apprezzati dagli investitori.

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Le ultime aste BtP (Il Sole 24 Ore, 31 agosto 2018)

Negli ultimi anni, anche a seguito della crisi di fiducia sorta nel corso della grande crisi finanziaria a causa dei rating emessi sui titoli che incorporavano i mutui subprime, le autorità hanno manifestato l’intenzione di ridurre l’eccessivo affidamento nei confronti dei giudizi delle agenzie di rating. Non si vuole cioè che vi siano automatismi, soprattutto nel settore bancario e istituzionale, tra il rating di un emittente e gli investimenti effettuati. L’eccessivo affidamento ai giudizi di rating determina infatti, a volte, un cosiddetto effetto “cliff”, ossia l’automatico disinvestimento dai titoli di un emittente il cui rating sia passato da giudizio sufficiente (“investment grade”), a giudizio insufficiente (“speculative grade”). Se un emittente infatti si trova ad attraversare una fase difficile e peggiora i propri dati economici e patrimoniali con relativa diminuzione del rating, disinvestimenti automatici possono accentuare la crisi e rendere più difficoltoso l’accesso ai mercati per il proprio finanziamento. I rating sono quindi strumenti utilissimi per gli investitori, purché utilizzino queste informazioni in modo intelligente e continuando a ragionare con la propria testa.

 

*** Massimo Scolari, Presidente di Ascosim, Associazione delle società di consulenza finanziaria. E’ laureato in Economia Politica presso l’università Bocconi. Ha lavorato presso la Banca d’Italia nel nucleo di ricerca economica. Ha ricoperto la carica di amministratore delegato di alcune società di gestione del risparmio e sim. È stato membro del Consultative Working Group Investor Protection Standing Committee dell’Esma

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