«Coronavirus, no alla corsa: è un rischio anche da soli»

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-20

Maurizio Casasco, 64 anni, presidente della Federazione medico sportivo italiana, consiglia a tutti di restare a casa

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Maurizio Casasco, 64 anni, presidente della Federazione medico sportivo italiana, in un’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera dice no alla corsa anche da soli perché rimane un rischio. Chi esce per jogging tende a sostare presso le panchine, fermarsi per lo stretching e queste sono abitudini pericolose:

«Vado una volta al giorno in studio perché devo farlo. Per il resto seguo alla lettera le misure di prevenzione».

Niente corsa per strada, neppure in quelle meno battute e in orari controcorrente?
«No, correre per la strada è una fuga dai propri doveri civici ed è un rischio ulteriore. Sono d’accordissimo con chi sostiene la linea di estremo rigore. Non ci devono essere zone grigie nei nostri comportamenti. E poi mi chiedo, all’improvviso gli italiani sono diventati tutti così sportivi? Mah…».

E chi vuole tenersi in forma?
«L’attività dentro casa è un buon sostitutivo anche in mancanza di giardino e terrazzo. Ci sono chat e programmi web che propongono schemi di allenamento per ogni livello. Bastano un tappetino e, per chi l’ha, una cyclette. Il virus quando arriva non fa condoni né sanatorie».

Avete annunciato lo stop per il settore giovanile scolastico fino al 30 giugno. La stagione è finita?
«Sì. Inutile tergiversare. La gente ha bisogno di certezze, si riprende a settembre».

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I controlli e le denunce (Corriere della Sera, 20 marzo 2020)

Intanto i sindaci prendono provvedimenti autonomi e più duri di quelli statali: la chiusura della Montagnetta a Milano, il divieto di fare passeggiate a Padova, La Spezia e Tarquinia, le ronde di 500 cittadini a Genova. Le violazioni sono ancora tante, troppe, come le scuse di chi porta a spasso il cane in macchina per decine di chilometri, inventandosi di sana pianta che «quello è il pratone dove lo faccio correre sempre». Eppure i controlli non mancano, sono assidui.

Le denunce frequenti: 8.297 mercoledì scorso, secondo la polizia, a fronte di oltre 200 mila accertamenti, più altri 116 mila ad esercizi commerciali con 195 indagati. Solo ieri a Roma altre 200 denunce circa, a Torino 300. È l’Italia che non rispetta le esortazioni — fin qui bonarie — della pubblica autorità per limitare i rischi di contagio in regioni dove si potrebbe ripetere l’ecatombe in atto in Lombardia. Eppure, a guardare le chat, basterebbe poco per rendersi conto di quello che sta accadendo: fra le foto rimbalzate di più sui social c’è quella della colonna di camion militari carichi di bare, ma il desiderio della sgambata è più forte di tutto, evidentemente anche della possibilità di morire.

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